Area 22. Friedlander e Israele, luogo di assenze

Morti a cui è difficile rassegnarsi, tradimenti, amori, vuoti e tragedie, anche beffarde. Decenni di storia israeliana, anche nel conflitto con i palestinesi, fanno capolino negli undici racconti, scritti in lingua inglese, di un giovanissimo talento, Omer Friedlander. “L’uomo che vendeva l’aria in Terrasanta”, questo il titolo della raccolta, è un superlativo esempio, fra tradizione e innovazione, della grande narrativa ebraica. Un nuovo appuntamento della nostra rubrica Area 22 (qui tutte le altre puntate)

Mollate instant-book e forse anche reportage e approfondimento sui vari media, metteteli da parte, sbarazzatevi dei punti di vista più faziosi, dunque inaffidabili, da una parte e dall’altra. È ancora una volta la letteratura la lente migliore per provare ad avvicinarsi e a scrutare quel che divide il mondo israeliano da quello palestinese, la distanza fra due popoli sfociata nell’ennesima guerra, nell’ennesimo mattatoio della storia del mondo. Omer Friedlander è un israeliano che vive negli Stati Uniti e che ha deciso di scrivere in inglese. Ha appena trent’anni, ma è capace di guardare alla sua terra natale, e forse dalla giusta distanza, da lontano. È superlativa la raccolta di racconti con cui si è fatto conoscere in Italia, grazie a NN editore: L’uomo che vendeva l’aria in Terrasanta (238 pagine, 18 euro) è il volume, tradotto dall’inglese da Irene Abigail Piccinini. E l’audace casa editrice milanese ha già annunciato la prossima pubblicazione del primo romanzo di Omer Freidlander. Speriamo l’attesa non sia lunga.

Hanno tutti perso qualcosa

Hanno tutti perso qualcosa, i protagonisti degli undici racconti, spesso struggenti, di Friedlander. Le prime ottanta pagine, le prime quattro storie, tolgono il fiato, con soggetti schiacciati dal peso dei ricordi e dei rimpianti, dei vuoti che non riescono a riempire, delle assenze che non è possibile recuperare. È così, tra gli aranceti di Giaffa, per un israeliano ottuagenario, che ricorda un amico d’infanzia palestinese, Khalil Haddad, che ha tradito, ma che non riesce a confessarlo alla nipote Lilah. È così per due fratelli robivecchi, che da un anno hanno perso il padre, Abba, morto da un anno, a Purim, «che per quasi tutti è il giorno più felice dell’anno». È così per Simcha e la figlia, orfani di una famiglia che era finita a pezzi, protagonisti del racconto che dà il titolo alla raccolta: lui truffatore a caccia di turisti, separato, che aveva ottenuto l’affidamento di Lali per un solo giorno su sette, il venerdì. È così per una volontaria in un checkpoint («assicurarmi che i palestinesi non subiscano crudeltà gratuite e che i soldati e la polizia di frontiera svolgano il proprio lavoro in modo corretto»), che non smette di pensare al litigio con cui s’è congedata dal figlio Adam, soldato andato a morire, ucciso dal fuoco amico…

Fantasia e speranza

Rintracciare rivalità e amicizie al confine fra due mondi è il pane quotidiano di Friedlander, che non esita a indicare David Grossman come fonte d’ispirazione, che setaccia sentimenti, rintraccia segreti, fa luce sui conflitti, spalanca gli occhi su precipizi beffardi e surreali (madre e figlia scansano pericoli in serie, per andare a scoprire quale dei due fratelli della più giovane ha perso la vita; due fratelli sefarditi che, per il Giorno della Memoria, non riescono a trovare un sopravvissuto alla Shoah, parente o non, come i loro compagni ashkenaziti), sciorina immaginazione e realtà, cerca di dare un senso alle assenze, che il più delle volte significano morti, lungo decenni di storia israeliana. Eppure la vita deve provare a continuare il suo cammino, bisogna sempre tentare di salvarsi, questo possiamo leggere fra le righe, magari da inguaribili ottimisti.

Tra passato e futuro

Speaker radiofonici, ambulanti, studenti, contrabbandieri, soldati. La varia umanità che anima il libro di Friedlander non è troppo distante da certi tipi dell’Europa orientale e del Medioriente raccontati perennemente dai grandi narratori ebraici. C’è una continuità nella tradizione, dunque, ma ci sono anche una grande modernità e un’empatia che non può sfuggire dalle primissime pagine. Non dite che non vi avevamo avvertito!

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