Davide Mauro, attraversando l’impressionismo francese

È un romanzo sorprendente “Il senso della bellezza” di Davide Mauro, dallo stile raffinato e dall’andamento avvincente, quasi un classico. Il protagonista, Cesare Baldi, attraversa decenni della storia francese fra diciannovesimo e ventesimo secolo. E fanno capolino tanti protagonisti dell’arte e della letteratura…

Il senso della bellezza (306 pagine, 15 euro) di Davide Mauro, edito da VGS Libri, è un libro di grandissimo valore artistico, storico e letterario. Quello che più in assoluto colpisce durante la lettura è il fatto che sembra di leggere un classico! È un libro scritto in modo superbo, con una prosa raffinata e dotta, che non è sempre facile riscontrare in un libro contemporaneo. E nel suo stile sapiente il testo riesce ad essere rapido, scorrevole e avvincente: un mix meravigliosamente perfetto.

Anche nei contenuti il libro presenta una sostanza robusta e solida: la vita del protagonista, Cesare Baldi, attraversa gli anni che vanno dal 1860 fino al 1930, una storia personale costellata dagli eventi artistici e storici dei periodi in cui la sua vita si snoda. Questo romanzo è particolarmente indicato per chi ama le atmosfere della Parigi di fine Ottocento, e infatti ciò che ho adorato tantissimo è stato veder muoversi e respirare personalità del calibro di Émile Zola, Guy de Maupassant, Édouard Manet, Paul Cezanne, Auguste Renoir, Edgar Degas, Giuseppe De Nittis, fino ad arrivare a Picasso. Ci sono proprio tutti, e il lettore insieme a Cesare Baldi ripercorre il susseguirsi delle correnti artistiche a partire dall’Impressionismo fino alle Avanguardie novecentesche. I dialoghi che avvengono tra il protagonista e tutti questi artisti, il modo in cui scambiano tra loro idee e concetti, è tutto molto vivido e reale.

L’idea della pittura

Il focus è incentrato in particolare sulla nascita della corrente impressionista, la quale opera un netto scarto rispetto al modo di disegnare o dipingere a cui tutti erano abituati. Infatti, la tendenza originaria era quella di seguire schemi e regole più rigide, sia in relazione al tema e all’oggetto da rappresentare, sia per la tecnica utilizzata per rappresentarlo. Basti pensare in effetti già a quelli che erano stati i movimenti artistici precedenti, ovvero a come ogni movimento si discosta da quello precedente adeguandosi ai nuovi tempi e al nuovo sentire dell’artista. Questo aspetto è esplicitato nel libro in vari passaggi, si ritrova ad esempio in questo pensiero di Claude Monet: «Ciò che dapprima appariva bizzarro e inusuale, nel tempo è diventato uno stile consolidato. Quindi non bisogna scandalizzarsi se dipingiamo all’aperto piuttosto che in uno studio, se un soggetto ben definito diviene poi una semplice macchia sulla tela. È l’idea che noi abbiamo della pittura a essere cambiata». È emblematico il riferimento a Courbet e a Delacroix, e potremmo dedurne una sequenza del genere: il Realismo di Courbet della metà dell’Ottocento iniziava a distaccarsi dal Romanticismo passionale di Delacroix, il quale a sua volta si contrapponeva al Neoclassicismo razionale di fine Settecento.

Anche per la corrente impressionista sarebbe valsa la stessa cosa, ovvero il tempo avrebbe fornito una testimonianza e un giudizio mediamente equo. E nel libro è emozionante essere catapultati in quella realtà e in quel momento epocale in cui gli impressionisti muovevano i primi passi, iniziando ad attirare su di sé i pareri dei numerosi detrattori, il cui giudizio era limitato a tutto ciò che essi avevano conosciuto fino a quel momento.

Innovazione e ricerca esistenziale

Quindi il cambiamento e l’innovazione, in pittura così come in qualsiasi altra forma d’arte, è una questione legata al sorgere di nuovi gusti e di nuove esigenze. Questo il punto su cui Cesare Baldi si arrovella e insiste nella sua ricerca che potremmo definire “esistenziale”, proprio perché appunto l’arte è universale e abbraccia tanti campi: egli cerca di stabilire che cos’è il bello, se sia di natura soggettiva o oggettiva, chi o cosa stabilisce cosa sia, e anche se possa essere il risultato di un’emozione piuttosto che di uno studio accademico.

Un evento storico che il libro fa vivere in modo nitido e coinvolgente è quello della Comune di Parigi del 1871, evento che diventa snodo e pretesto per riflessioni sociali e politiche da parte di Cesare Baldi. Egli appartiene alla classe benestante e privilegiata della borghesia, suo padre gli ha permesso di studiare e formarsi a Parigi per poter essere poi introdotto nel mondo degli affari. Ma Cesare inizia a rendersi conto di come i borghesi e il governo ammassino ricchezze proprio traendo vantaggio dal lavoro operaio, e dunque stando così le cose, i proletari, detti anche comunardi, avanzerebbero diritti leciti nella loro lotta rivoluzionaria.

La Comune di Parigi nasce in contrapposizione al governo provvisorio di Thiers, un governo repubblicano instauratosi dopo che il re, Napoleone III, era stato sconfitto dalla Prussia. «In quei giorni la situazione politica stava prendendo una strana piega, voci di un’insurrezione del proletariato si facevano sempre più vive. Tra le classi più umili c’era fermento e una grande rabbia contro il governo di Thiers, reo d’essere sceso a patti con i prussiani e di aver permesso l’umiliazione con un armistizio. Si era ormai certi che i debiti di guerra sarebbero ricaduti sulle classi meno abbienti, non certo sull’aristocrazia e sui borghesi, da sempre protetti dal potere».

In questa sua simpatia verso il partito della Comune con le sue riforme a favore dei più disagiati, Cesare a un certo punto resta amareggiato apprendendo che anche tra i comunardi c’è uno spirito ostile e facinoroso. E infatti dice: «Presentarmi come un Baldi è utile nell’ambiente dell’alta società, ma agli occhi dei comunardi è un rischio».

Inquieti sentimenti

Allo stesso tempo però, rimane profondamente inorridito quando assiste coi suoi occhi al massacro di 20.000 parigini da parte del governo di Thiers, affiancato dalle forze prussiane, durante la fatidica «settimana di sangue», dove a perdere la vita sono uomini e donne di ogni età, proletari e gente che non aveva nulla a che fare con la Comune e con la lotta rivoluzionaria. «Se la mia estrazione sociale è questa, se devo professarmi cristiano andando contro gli oppressi, allora rinnego il mio status e i miei privilegi».

Ora, gli inquieti sentimenti di Cesare in relazione a questi fatti storici mi sembrano della stessa natura di quelli da lui manifestati verso i fatti che stavano interessando l’ambiente artistico. Mi è parso di avvertire lo stesso dissidio, lo stesso turbamento che lo spinge a interrogarsi e a chiedersi: “Dove sta la verità?”

E in effetti uno degli esiti di questo stupendo romanzo è proprio quello di indurre anche il lettore a porsi dei quesiti, a guardare con occhio critico quelli che sono accreditati come fatti, a cogliere stimoli nuovi, e da qui partire per interpretare o reinterpretare la realtà. Proprio come dice un giovane Picasso a un Cesare Baldi ormai più che adulto: «In questi casi, quando discuto con qualcuno della mia arte o dell’arte in generale, mi viene da dire che tutto è relativo. Mi sembra che se ne faccia un gran parlare, di Relatività. Il mio punto di vista è diverso dal vostro e questo genera le mille sfaccettature con cui valutiamo la medesima cosa».

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