De Silva, quando superficie e profondità non divorziano

“Divorziare con stile”, edito da Einaudi, è il quarto romanzo dell’autore campano dedicato al suo antieroe Vincenzo Malinconico: la conferma del potere di una battuta al momento giusto e della forza di un personaggio che ormai è un piccolo classico

L’avvocato Malinconico è di nuovo in libreria, con la sua ironia un po’ amara ma frizzante, il suo studio condiviso diventato diciamo-loft e arredato rigorosamente Ikea, nuove cause pronte ad animare la sua poco affollata agenda lavorativa e una truppa di ex compagni di classe coinvolti nel classico rituale della rimpatriata. In Divorziare con stile ci sono insomma tutti gli ingredienti per chi sia ansioso di tornare ad apprezzare la scrittura e il personaggio di Diego De Silva (e, diciamolo, a ridere di gusto scoprendo pagina dopo pagina la piacevolezza della lettura) e un invitante assaggio di una voce ormai inconfondibile della narrativa italiana per chi ancora non ne abbia fatto conoscenza.

Una nuova causa ed eventi famigliari

Malinconico, questa volta, è alle prese con una nuova causa che irrompe nel suo quotidiano, tra udienze e giudici di pace non propriamente simpatici a cui dare battaglia con soluzioni poco in linea con la toga. Come suggerisce il titolo, il caso in questione è un divorzio, ed è un divorzio un po’ particolare, primo, perché il nostro viene ingaggiato dalla moglie di Ugo Starace Tarallo, avvocato facoltoso, di fama e prestigio, esattamente il modello contrapposto a Malinconico, secondo, perché la causa della separazione sarebbe un presunto rapporto extraconiugale avuto dalla moglie, ma esclusivamente telematico, avvenuto attraverso messaggi e mail. Di contorno alle vicende dell’affascinante cliente, Malinconico si confronta con eventi famigliari che si intrecciano alle vite dei figli – Alfredo a Roma, in procinto di iniziare l’università, e Alagia con una notizia che scuoterà il suo animo di papà – e alla ex moglie Nives.

Un Malinconico più riflessivo e la sua… classe

In quanto alle relazioni, in questo romanzo è un Malinconico più riflessivo quello che vediamo in azione, che a flirt e nuovi amori preferisce un epico ritorno all’adolescenza insieme ai ritrovati compagni di classe. Esilaranti sono le scene e i dialoghi con l’amico detto Gutalax (un soprannome che parla da sé), fresco di divorzio e aspirante scrittore, tra abbordaggi in strada e improbabili trame per romanzi. Mentre varrebbe da sé l’intero romanzo la serata degli ex compagni intorno al tavolo del ristorante, densissima di intrighi, vecchi rancori, ricordi e novità in sordina, in mezzo a un polifonia di caratteri, personalità e soprannomi che riesce a dare vita a un quadro malinconico intriso, tuttavia, di sana ironia.

Le digressioni con verve dolce-amara

Di lineare, come sempre, c’è molto poco nell’esistenza di Malinconico e in quelle dei personaggi che gli ruotano intorno. Nel mondo dei nati negli anni Sessanta sembrano esistere solo relazioni complesse, complicazioni che toccano l’ambito sentimentale, quello lavorativo e quello esistenziale, sfera sulla quale l’avvocato non smette di riflettere tra proverbiali parentetiche e digressioni che danno prova della conoscenza musicale della canzone italiana d’epoca, e hanno il potere di renderla irresistibilmente comica. Cifra stilistica di De Silva, la digressione si avvia fin dalla seconda riga del romanzo, con una deviazione sui tassisti che è un piccolo capolavoro, a cui segue, tra le tante, la doppia pagina sul risveglio mattutino in casa di un single, un quadretto che dipinge con sapiente verve dolce-amara la condizione dei tanti avvocati Malinconico del contemporaneo. Digressioni, parentesi aperte e fiumi che interrompono la storia dilagando in una profusione di inceppamenti: le riflessioni di Malinconico, immancabilmente fuori tema, si perdono e si ritrovano, si citano oppure si smentiscono, seguono la deviazione e ritornano, come se niente fosse successo, al filone narrativo principale. Pare di vederlo, l’avvocato, mentre attraversa la città con quell’aria che un po’ gli arriva dal cognome, perso nei suoi pensieri, oppure attento agli atteggiamenti della gente, in balia di un cellulare che gli fornisce al contempo la soluzione alle tante gaffes (come non pensare al siparietto in un famoso ristorante dal quale, per nessun motivo logico, Malinconico esce a stomaco vuoto in preda a una smodata fame?) sotto forma di ricerca su Google, e la scusa per nuovi improbabili momenti adolescenziali in compagnia del collega Lacalamita e del fidato Gutalax.

La doppia agilità della scrittura

L’ironia si accompagna infatti, caratteristica della scrittura di De Silva, all’amore per la digressione, e a loro volta il comico e lo sviare si sposano al carattere dell’avvocato Malinconico, per antonomasia, con quel cognome che è già un programma, avvocato delle cause perse. Non è però una risata gratuita: alle battute irresistibili, che in questo nuovo capitolo raggiungono livelli notevoli in diverse gag, si abbina sempre una scanzonata analisi di fatti e persone, che conferma la doppia agilità della scrittura, capace di immergersi in profondità, per andare a vedere cosa si agita sotto le persone, gli eventi, le relazioni, ma al tempo stesso agile anche in superficie, dove sa galleggiare godendo del sole e di tutto ciò che ci è dato per alleggerire le esistenze fin troppo complicate. Una leggerezza con cui affrontare ogni tema, inclusa la questione giudiziaria contesa, che tra le righe pone legittimi dubbi sull’opportunità di considerare o meno tradimento una scelta individuale, difficile da incasellare nelle maglie della legge, forse impossibile da sottoporre all’esame di un giudice incaricato di decidere a riguardo.

È un romanzo avvincente e irresistibile, il nuovo di De Silva, con una storia tagliata e cucita alla perfezione su un personaggio che ormai è un piccolo classico, calato com’è in una realtà antiromanzesca che parrebbe insipida se non fosse invece abitata da uno sguardo sempre attento anche se mai guardingo, da un avvocato affatto ambizioso anche se non del tutto rassegnato, da una voce che, nonostante sia percorsa da una vena di solitudine, non ha ancora smesso di credere nel potere di una battuta al momento giusto.

 

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