Fran Ross e quel labirinto che è un viaggio nel futuro

“Oreo” di Fran Ross, ovvero il riscatto delle donne e la scoperta di New York da parte di Christine, figlia della nera Helen e dell’ebreo Samuel. Pubblicato negli anni Settanta, il romanzo mette di fronte a un senso tragicomico delle relazioni interpersonali, che lasciano continuamente addosso una domanda: da dove veniamo?

Quando Christine lascia Philadelphia alla volta di New York non sa ancora che il suo sarà un viaggio nel futuro. Cresciuta all’ombra di un matrimonio finito, quello fra Helen, nera e Samuel, ebreo, i suoi genitori, Christine riassume in sè le caratteristiche di entrambi: «dal lato ebreo della famiglia Christine aveva ereditato i capelli crespi, la pelle scura e il carattere sensibile (era circa un 7 sulla scala del colore, e permalosa). Dal lato nero aveva ereditato i lineamenti spigolosi, il senso del ritmo e il carattere sensibile (era molto permalosa)». Cresce in una famiglia forse un po’ sopra le righe, che divide il mondo in una scala di neri, in cui «nerissimo» non è mai contemplato se non per definire lo schieramento politico e mai il colore della pelle di una persona; in cui i giorni del ciclo sono «i giorni della bandiera» e in cui i viaggi sono definiti «strani» ed è qui, in questi anni, che Christine prende da sua madre «l’amore per le parole, per le loro sfumature e le loro inflessioni, il loro succo e il loro nocciolo, la loro varietà e la loro precisione, la loro durezza e la loro forza».

Una famiglia piena di donne

È attraverso questa storia, tradotta da Silvia Manzio ed edita da Sur, Oreo (252 pagine, 17,50 euro), di una famiglia piena di donne, che Fran Ross con grande ironia e una sfumatura sottile, mette in mano alle donne la possibilità di riscattarsi. In questa famiglia, dicevamo, Christine cresce con la nonna Louise, abile nel preparare golosi manicaretti, la madre Helen, che le scrive disinvolte e puntuali lettere “heleniche” per metterla al corrente di ciò che le passa per la testa, e il nonno James, che da anni assume la postura di una mezza svastica, impietrito contro lo schianale della sedia: «Quando James Clark seppe dalle dolci labbra di Helen (Lattemiele) Clark che avrebbe sposato un ebreo e sarebbe presto diventata Helen (Lattemiele) Schwartz, riuscì a malapena a gracchiare un “Goldberg!” antisemita prima di impietrisi». Christine viene al mondo «incamiciata da un segreto […] Era nata con la camicia, e l’aveva strappata in otto col vigore del suo primo vagito», il suo destino sarà svelare cosa si nasconde dietro alla propria nascita, dopo aver letto la mezuzah (“oggetto rituale, in genere posto sullo stipite della porta, contenente una pergamena con le preghiere ebraiche”) che suo padre le lascia in eredità: “Quando Christine sarà grande abbastanza da decifrare gli indizi scritti qui sopra, dille di venirmi a cercare e le rivelerò il segreto della sua nascita”. I suoi genitori divorziano, Helen torna a Philadelphia mentre Sam resta nella sua città natale, New York, il suo sogno è fare l’attore; e Christine prende il soprannome di Oreo, come il biscotto americano nero fuori e bianco dentro, frutto di un sogno che fa sua madre e che le fa intascare 500 dollari, giocando il numero 48 su tutte le ruote.

Come Teseo e il Minotauro

Fran Ross gioca con Oreo e gioca con il lettore, ci mette di fronte ad un senso tragicomico delle relazioni interpersonali che si disintegrano nel breve tempo dell’infanzia, che possono essere recuperate, ma non sappiamo come, che lasciano continuamente addosso una domanda: da dove veniamo? Per darsi una risposta, Christine sbarca a New York alla ricerca di suo padre, Samuel Schwartz, scoprendo che la città è piena di decine di persone con lo stesso nome ed è proprio percorrendo i suoi quartieri e le sue strade guidata dalla mezuzah di suo padre che capirà come quell’elenco di parole, che sembrano solo parole trascritte di fretta, siano in relazione fra loro e scoprendo come ci sia sempre stata una relazione fra genitori e figli, anche quando sono semplici estranei. Sarà in quell’ordine che Oreo si troverà a indagare la Grande Mela, una mappa della città fatta di ricordi che non le appartengono, ma che scorrono nel suo sangue, e che attraverserà superando le stesse prove che hanno dato a Teseo la forza di sconfiggere il Minotauro.

Elogiata da scrittori

Pubblicato per la prima volta nel 1974, Oreo esce nel clou del movimento Black Power, ma passa inosservato, sarà di recente la casa editrice newyorkese New Directions a rilanciarlo e a riscuotere gli elogi dalla critica e da scrittori come Paul Auster, Marlon James, Paul Beatty. Nelle mani di Fran Ross, il mito di Teseo, interpretato in chiave contemporanea, diventa per il lettore quello stesso labirinto in cui il giovane aveva tentato la sorte e ritrovato la via d’uscita grazie al filo di Arianna, lo induce, in prima battuta, all’imbarazzo per l’uso audace che fa del linguaggio, sfidandolo ancora una volta perchè lasci i suoi retaggi, perchè si convinca che il futuro non può essere letto sulla propria mano, senza dare un occhio al passato. I numerosi incontri predestinati che Oreo farà in città saranno la cartina di tornasole che Fran Ross le metterà di fronte: in cui potrà intravedere la dimensione vulnerabile in cui è crescuta chiudersi del tutto e sentir riaprisi dentro di sé quel mare immenso della coscienza, in cui le radici riescono a penetrare e a renderla definitivamente adulta.

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