Addio Montalbano, creatura metatestuale e tridimensionale

“Riccardino” è il congedo della più famosa creatura di Andrea Camilleri, Salvo Montalbano. Una gustosa commedia della scrittura che dà una fine equa, tagliata su misura per il personaggio e il suo inventore (che irrompe più volte nella scena) senza in realtà uccidere nessuno. Un personaggio che continua a viaggiare fra i testi…

E così è arrivato Riccardino, l’ultimo romanzo di Andrea Camilleri con il commissario Montalbano. L’evento è storico, avvisa la nota dell’editore che apre l’atteso volume “blu” di Sellerio, un omaggio carico di affetto a un autore diventato amico di tanti lettori e protagonista di un’avventura editoriale bellissima, forte di quella «amica del cuore», Elvira Sellerio, cui un pensiero è rivolto in chiusura, nella nota redatta dallo stesso Camilleri.

A un anno esatto dalla sua scomparsa – un lutto che ha colpito profondamente il mondo culturale, i lettori, ma anche tanto pubblico mediatico nell’Italia amante delle vicende del poliziotto di Vigata – la voce di Camilleri torna viva tra le pagine dell’ultimo episodio della saga. Sembra quasi di sentirla, roca di sigarette e con il marcato accento siciliano. Anzi, la si sente davvero, perché Riccardino è quel che un semiologo chiamerebbe una creatura metatestuale popolata di rimandi e riferimenti all’autore e alla vita del personaggio, ormai fenomeno di culto ben oltre la letteratura, e tra le sue righe c’è moltissimo Montalbano, ma anche moltissimo dell’autore. Come per ogni romanzo di Camilleri, si svolta la prima pagina e si entra in un mondo magico, con la sorpresa che in Riccardino la bidimensionalità del foglio di carta si trasforma in tridimensionalità e accoglie nella sua architettura espliciti riferimenti alla scrittura, alle scelte di Camilleri, alla tv e alla sua creatura, la fiction “montalbanesca”. Insomma, una costruzione pensata per tutti gli appassionati, eppure – plauso all’autore – anche e sempre un romanzo poliziesco con il suo omicidio, la sua indagine, la sua risoluzione.

Una questione di lingua

Un libro così speciale non poteva che avere anche un’edizione speciale. In una sorta di “revisione manzoniana” che ha a che fare con la pulizia della lingua non verso l’italiano ma verso il vigatese più lavorato, Sellerio propone infatti un volume speciale (590 pagine, 20 euro) che contiene la versione originale, del 2004-2005, e quella rivisita del 2016 (292 pagine, 15 euro; disponibile), secondo una precisa volontà dell’autore. Camilleri infatti non cambiò nulla della trama ma, già novantunenne, si dedicò a un’accurata revisione linguistica. «Mi pare che possa giovare far vedere materialmente al lettore l’evoluzione della mia scrittura», commentava infatti. A corredare la duplice versione è Salvatore Silvano Nigro che ricorda come, da una città inventata come Vigata, non possa che arrivare una lingua inventata, eppure così simile, come ogni lingua, a una forma di vita. Una vita che si prende i suoi spazi con sonorità, cadenze, soluzioni ritmiche e scelte che disegnano precise gestualità e rituali nell’immaginazione del lettore. «È la magia di Camilleri – avvisa l’editore – che trasforma non solo le trame ma anche ogni moto del sentimento e della ragione in un racconto capace di coinvolgere totalmente il lettore».

Livelli di lettura

Si è detto che i livelli di lettura sono tanti in Riccardino, si intrecciano a riprendere fili intessuti nel tempo, un vero e proprio testo – il textum, tessuto – cresciuto libro dopo libro, indagine dopo indagine. È l’universo camilleriano del commissario Montalbano, quello che inizia sulla carta, felice invenzione romanzesca, approda sugli schermi televisivi trovando terreno fertile e finisce per ritornare nei libri, carico dell’esperienza intermediatica acquisita e dunque ancora diverso e nuovo.

È una dinamica che si è andata creando negli anni e che ha analizzato con cura Gianfranco Marrone, semiologo che tanto ha lavorato sul commissario di Camilleri, e che nel suo Storia di Montalbano, edizioni Museo Pasqualino, 2018, (ne abbiamo scritto qui) segnalava la difficoltà nel tracciare confini tra l’invenzione creativa dei romanzi, la traduzione – per certi versi reinterpretazione – della fiction, e ancora l’ulteriore deriva nel mondo dell’esperienza, per esempio con i percorsi turistici dedicati ai luoghi di Montalbano. Il commissario di Camilleri non smette di viaggiare tra i testi, e forse anche per questo è entrato con così tanta efficacia nel pantheon della letteratura italiana, ma anche nell’immaginario comune. Proprio grazie a questa sua abilità, in quanto personaggio di un universo vasto e cangiante prende congedo in Riccardino con un una scelta coerente, ironica e raffinata di Camilleri, ben conscio dei meccanismi ormai attivi intorno alla sua creatura nata sulla pagina bianca.

Solo un personaggio?

Tra gli interrogativi di Gianfranco Marrone c’era anche se Montalbano si possa o meno considerare un personaggio, dal momento che non è più circoscritto da tempo alla saga letteraria, ma attraversa mondi altri vivendo, di fatto, in universi immaginari ampi e in una pluralità di discorsi. In questa faglia testuale si gioca tutta la particolarità giocosa e pirandelliana di Riccardino. Camilleri entra in quella sorta di nastro di moebius nel quale non si distinguono più finzione, realtà, finzione al secondo grado, deriva televisiva, e tutto si mescola polverizzando i confini tra romanzo e tv e rimbalzando indietro, dallo schermo alla carta, con numerosi interrogativi e riflessioni.

In Riccardino troviamo infatti il Montalbano di carta sulla scena, impegnato come suo solito in svariate scene di tiatru tra un interrogatorio e l’altro, ma poi il gioco delle parti si complica, perché irrompe nella narrazione l’Autore, il quale chiacchiera con il suo personaggio, non perdendo occasione per citare il Montalbano televisivo, per dare dritte sulla conduzione della trama, e per commentare con gustosa ironia l’’atteggiamento di uno o dell’altro Montalbano, senza naturalmente celare la sua reazione in quanto Autore. Un gioco surreale di personaggi che si sdoppiano, si moltiplicano, si perdono: un omaggio all’amato Pirandello, l’eco dello spettacolo su Tiresia, che arriverà anni dopo la realizzazione di questo romanzo, ma anche e soprattutto una gustosa commedia della scrittura che dà una fine equa, tagliata su misura per il personaggio e il suo inventore, senza in realtà uccidere nessuno, come accaduto per altri celebri eroi delle saghe poliziesche. (No, non è uno spoiler: lo si legge tranquillamente nella nota introduttiva di casa Sellerio!)

Al telefono con l’autore

Che Camilleri fosse solito sentirsi via telefono con il suo personaggio è cosa nota per i lettori attenti, che già in Montalbano si rifiuta, racconto contenuto in Gli arancini di Montalbano, avevano assistito a una surreale scena in cui era il commissario e chiamare al telefono l’Autore per avvisarlo che la storia nella quale si era imbattuto era troppo truculenta, e il finale sarebbe stato da cambiare. Ci sono dialoghi, chiacchiere e incursioni metaletterarie condite di ironia del genere in Riccardino, dove l’Autore telefona, manda fax, entra di diritto nella storia – o meglio nella scrittura della storia – parlando della stessa scrittura, e di fiction, di sceneggiatura.

Tout se tient nell’universo di Montalbano, in una consapevolezza che è al contempo divertente, in fede allo spirito di Camilleri, letteraria, ricca di dotte citazioni, ma anche amara. Trapelano infatti le accuse di essere uno scrittore di genere, di aver raggiunto la fama solo con la fiction perché, seppure tanti, i lettori in Italia sono sempre pochi. E poi c’è la stanchezza, quella emersa con gli ottant’anni compiuti proprio scrivendo Riccardino che, secondo la leggenda – ma, conferma Sellerio, è solo una leggenda – è stato conservato per anni nella cassaforte (inesistente) della casa editrice.

In un 2020 inaspettato, che tanto ci sarebbe piaciuto interpretare con i commenti certo acuti, originali e profondi del Maestro di Porto Empedocle, Montalbano esce così di scena per consacrarsi di lettura in lettura all’eterna vita dei personaggi, dove potremo ritrovarlo sempre, in tutta la sua umana complessità di carta, insieme all’inconfondibile talento narrativo del suo inventore.

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