Quell’incomunicabilità da brividi, bonjour Sagan

Inedito e incompiuto, “I quattro angoli del cuore” è l’ultimo romanzo di Francoise Sagan, ritrovato dal figlio. L’ipocrisia di certe famiglie e il perbenismo borghese sono nel mirino dell’autrice francese, un po’ come in tutta la sua produzione. Al centro del romanzo il rapporto ambiguo fra un genero e una suocera…

Si tralascino le perplessità, i pettegolezzi, le puntigliosità filologiche attorno a certe pubblicazioni postume di grandi scrittori curate dai familiari. Un fenomeno ormai eterno con cui fare i conti, anche se essere schizzinosi ha il suo perché. Si eviti di notare quanto poco e male sia stata tradotta in Italia la prolifica Francoise Sagan (e quanto troppo e bene altri scrittori, a cominciare da certi suoi connazionali di moda e molto sopravvalutati). Si badi al sodo e cioé a un nuovo, ultimo, inedito, incompiuto di Francoise Sagan, nome indissolubilmente legato all’iconico gioiello Bonjour tristesse, scritto poco più che maggiorenne: pagine disinibite che diventarono un caso letterario nel 1954, facendo storcere il naso perfino al Vaticano, e squassarono un po’ l’aura di impegno o di sperimentalismo delle lettere francesi di quegli anni.

Amarezza e disincanto

Oltre quindici anni dopo la morte di Sagan (scrittrice di talento e mistero, tormenti e passione) c’è da fare i conti con I quattro angoli del cuore (200 pagine, 17 euro), pubblicato in Italia dalla casa editrice Solferino nella traduzione a quattro mani firmata da Federica Di Lella e Maria Laura Vanorio. Il dattiloscritto è stato ritrovato dall’unico figlio di Francoise Sagan, Denis (promotore di un premio intitolato alla madre, destinato ogni anno a un debuttante), intervenuto sul testo e uscito vittorioso da beghe legali per i diritti; il risultato è una testimonianza viva della letteratura secondo l’autrice francese, il romanzo appartiene alla schiera di altri suoi titoli amari e disincantati, si respira l’atmosfera e la grazia delle pagine migliori, quelle dell’icona maledetta di una generazione.

Lui, lei e la suocera

Ne I quattro angoli del cuore si registra l’anatomia di una famiglia e delle ipocrisie della società, di un’umanità sciocca e meschina. Certo perbenismo borghese è sempre stato nel mirino di Sagan, fin dagli esordi. E non sfugge nemmeno in questo testo postumo. Come nel suo libro più noto, fa capolino un incidente (la stessa scrittrice già popolare scampò a una tragedia automobilistica poco più che ventenne, a bordo di una Aston Martin), che coinvolge Ludovic, figlio di un industriale di provincia, Henri Cresson, vedovo e poi sposato in seconde nozze. A differenza della moglie di Ludovic, Marie-Laure, piuttosto stufa del marito (di malferma salute mentale) e perfino della sua convalescenza, la suocera Fanny Crawley («che aveva già superato il terribile traguardo della sessantina») comincia a guardare il genero con altri occhi. Sebbene avverta il gelo sotto il tetto di quella casa.

Qui a regnare non erano i soldi, e neppure l’ambizione o il gusto del potere, niente di quello che aveva conosciuto fino ad allora, ma una sorta di deliberata incomunicabilità esercitata da una famiglia intera, che le dava i brividi. Non c’era mai, lo intuiva, un reale dialogo tra Marie-Laure e la suocera, tra moglie e marito, tra padre e figlio.

I preparativi per la festa

Prendono corpo i preparativi per un ricevimento in onore di Ludovic («Per dimostrare ai nostri conoscenti – spiega il padre – che, anche se sei stato tanto tempo in clinica, non sei completamente fuori di testa. Cosa di cui, fra l’altro, non sono poi tanto sicuro») e Fanny viene coinvolta in prima persona. Alle sue mature grazie pensa anche Henri, alle prese con una seconda moglie, Sandra, che ritiene un’arpia e vorrebbe sostituire con una donna «adorabile» e «molto, molto, molto seducente». La passione fra suocera e genero si incendia anche, ma il lettore resterà deluso, sospeso, a pochi giorni dalla festa. Il culmine e la resa dei conti non ci sono, il finale è monco e indefinito e il figlio di Francoise Sagan ha deciso di non improvvisare conclusioni che erano nella testa della madre e in nessun appunto o bozza.

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