L’escluso di Macioci, da bimbo ad adulto in una notte

Intrappolato nell’auto del padre, il piccolo Tommaso fa i conti con la sopravvivenza, la paura, la solitudine. È il protagonista del nuovo romanzo di Enrico Macioci, “Tommaso e l’algebra del destino”, metafora di tutti gli esseri umani intrappolati da un’enigmatica sorte tutta da decifrare

Tommaso ha cinque anni e mezzo, arriva per lui il giorno in cui una serie di sfortune si abbattono su di lui, «che sommate tutte insieme comportarono una sfortuna molto grande». Tutto inizia da una rinuncia: il nonno si ammala, la nonna lo deve accudire e Tommaso, che non può andare come al solito a casa loro, dovrà trascorrere la giornata con suo padre, che si offre di prendersi cura del piccolo, lasciando alla moglie la giusta tranquillità per portare a termine un progetto al quale sta lavorando. In realtà, Giorgio Rovere, avvocato quarantenne, che ha sempre dedicato a Tommaso meno attenzioni della madre e dei nonni e che negli ultimi tempi appare sempre più distante e scorbutico, ha ben altri piani in mente. Parcheggiata l’auto all’angolo fra via Giacinto Carucci e via Zara, nella città di Lépeso e preso da un’accesa discussione telefonica, Giorgio Rovere, finisce per allontanarsi dall’auto, lasciando suo figlio incustodito. Il piccolo Tommaso ascolta e registra ogni dettaglio, compreso quel «lo lascio in macchina», pronunciato da suo padre e riferito a lui e quando vede sparire suo padre dietro l’angolo della via, su Tommaso cala il sipario. Intrappolato nell’auto del padre per un tempo che inizialmente appare indefinito, pochi minuti che si trasformano in ore, Tommaso inizia a destreggiarsi fra sentimenti sconosciuti che come onde lo travolgono. In prima battuta c’è il senso di abbandono: «la semplice formulazione del concetto fece gemere il bimbo», scrive Enrico Macioci in Tommaso e l’algebra del destino (200 pagine, 16 euro), suo nuovo romanzo, pubblicato dalla casa editrice Sem.

La solitudine

La disperazione si impossessa di Tommaso che alterna il pianto allo sconcerto, all’incredulità. Con i pochi strumenti che un bambino di cinque anni e mezzo possiede per comprendere la realtà che lo circonda, cerca di capire dove sta la verità nelle parole del padre che continuano a ronzargli in testa. Perchè non torna? Ora il senso di abbandono muta forma. La sopravvivenza sempre più difficile, inizia a fare caldo, il cibo e l’acqua sono irraggiungibili, si àncora ad una solitudine condita di insegnamenti che Enrico Macioci stesso trasmette al suo protagonista

la solitudine fa crescere i bambini più in fretta, sottrae loro il sogno dell’eterna felicità, scolpisce meglio i confini indefiniti del mondo. La solitudine non rispetta le regole del tempo. La solitudine è un’onda di tempo senza frammenti, è puro tempo nudo e crudo.

Tutti gli ingredienti di una vita

A riflettori spenti Tommaso vede sfilare davanti ai suoi occhi minuziosi dettagli della malasorte che «non si fa scrupoli a giocare con la vita, foss’anche la vita di un cinquenne», scrive Macioci; senza saperlo, lui e suo padre «sembravano accomunati, oltre che dallo stesso sangue, da un destino simile: spegnersi nell’immobilità, nell’impotenza e nella stupidità». Quel destino, menzionato nel titolo del romanzo, determinato da un ordine casuale di elementi, sarà per Tommaso la rappresaglia del tempo inteso a trasformare un bambino, senza scampo, in un adulto, in un notte. Mette Enrico Macioci, nel suo romanzo, tutti gli ingredienti di un’esistenza. Allora quella solitudine, alimentata dalla paura, diventa per il bimbo il tempo della rabbia rappresentata dal suo compagno di classe Valerio Frasca, la cui voce sente dar forma alle verità temute, ad una realtà evidente di cui Tommaso ha paura e che Valerio gli sbatte in faccia

L’insondabile che è in noi

La rabbia rende liquido il tempo dell’attesa e quello della colpa e il bambino finisce per credere alle seguenti parole: «se suo padre lo ha abbandonato nella Citroën senza un avvertimento, nè una minaccia, lui doveva davvero averla combinata grossa, doveva essersi reso colpevole di un peccato così enorme da meritare solo mutismo e castigo». Intorno ad un possibile dramma si sviluppano le storie degli altri personaggi del romanzo, che intrecciano il proprio destino a quello di un bambino ancora intrappolato in un’automobile. L’insondabile che è in noi è al centro della scrittura di Macioci performante, essenziale, addolcita dal ritmo del sollievo; è al centro della ricerca dell’autore: la voce impercettibile di un bambino, il disagio inesprimibile che si fa sentimento collettivo e che Tommaso sente attraverso un corpo che diventa parlante. Le paure non confessate elencate una ad una, un bambino che reclama il suo posto, i suoi desideri, tutta quell’attenzione accantonata e che pare ricevere ora, solo dall’autore che dialoga con lui. Ci racconta coraggio e salvezza che unisce Tommaso agli altri esclusi, indifferenti esseri umani intrappolati a loro volta da un enigmatico destino tutto da decifrare.

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