L’inetto di Ravera Rafele, il valore della testimonianza

La felicità di Giovanni ed Elisa, una coppia che va in pezzi in “Tutto questo tempo” di Nicola Ravera Rafele. Tradimenti da entrambe le parti, rivalse, separazioni e poi la malattia di lui, quasi una somatizzazione della condizione psichica caratterizzata dall’incapacità di dare consistenza alla propria vita

Il romanzo Tutto questo tempo (298 pagine, 19 euro) di Nicola Ravera Rafele, edito da Fandango, propone la narrazione del modus vivendi di una giovane coppia romana: Giovanni, impiegato e soprattutto scrittore di successo ed Elisa, traduttrice; due figli accuditi prevalentemente da lei ed una cerchia di amici che agisce ed interagisce con loro. Una famiglia semplice, normale che vive nel contesto socio-politico di un’Italia che si lascia alle spalle la Prima Repubblica. La vita è mutata, i valori non sono più quelli di una volta e, se a tali mutamenti che rendono in genere diversi i comportamenti rispetto al passato, si aggiunge la specificità dell’indole personale che li rivive e rielabora in conformità alla sua essenza interiore, si comprendono meglio le vicende vissute dai protagonisti.

La vita e gli istinti

Il matrimonio, i figli non sono più un vincolo di fedeltà e di costante convivenza e, di conseguenza, ognuno di loro conduce la propria vita non in conformità ad una morale condivisa ed accettata, ma in relazione ai propri istinti, al proprio sentire, pur se passeggeri e fluttuanti nella marea del tempo e dello spazio. Insomma, per adoperare il linguaggio freudiano, il principio del piacere prende il sopravvento su quello della realtà. A dire il vero, nella prima fase della loro vita coniugale i due principi s’identificavano: si amavano profondamente, tutto sembrava funzionare, insomma erano felici. La divergenza tra i due suddetti principi emerge tempo dopo, quando in viaggio per lavoro,Giovanni decide a Madrid di non prendere l’aereo per Roma e tornare a casa. «Sprecare la vita,» pensa  «è una tale forma  d’incanto, chi vorrebbe smettere?» (parte prima, 1987, pag.45) e, sebbene dopo cinque giorni torni, nulla tornerà come prima: tradimenti da entrambe le parti, rivalse, separazioni e poi la malattia di lui, quasi una somatizzazione della condizione psichica caratterizzata da un prosieguo d’incapacità, se si prescinde da quel successo letterario, di dare consistenza alla propria vita. Consapevole di ciò, dice alla moglie: «Credo che tutto si risolva in una specie di valore della testimonianza. Essere testimone della vita dell’altro. Tu sei la mia unica testimone, lo eri anche quando eravamo lontani. Forse non era più tempo dell’amore, però non ho mai smesso di parlarti… Ti ho sempre offerto i miei difetti, volevo che fossero in piena luce, anche più delle cose belle, la testimonianza altrimenti non avrebbe avuto senso» (parte seconda,2006, pag.227). Insomma Giovanni anche in questo affidarsi, rivela una profonda inettitudine che lo avvicina molto a tanti altri personaggi della narrativa del Novecento, infatti inetti sono i personaggi di Svevo, Pirandello, Tozzi, Musil, Kafka.

Tradire, alternativa alla frustazione

Giovanni, massificato e ridotto alla mansione ripetitiva d’impiegato e di padre di famiglia non accetta questa condizione e lui, come la moglie trovano nei rispettivi tradimenti un’alternativa alla loro frustrazione che per Giovanni sarà aggravata dalla malattia. Se vogliamo adoperare la classificazione di Schopenhauer tra uomini lottatori e contemplatori, il nostro protagonista è sicuramente inseribile in quest’ultimo gruppo, infatti in fondo non trova neanche nella letteratura, un’alternativa di vita alla propria frustrazione e la sua esistenza resta un abbozzo, come Italo Svevo sostiene nel suo saggio Uomo e teoria dawiniana, cioè vive una condizione di disponibilità al mutamento, in quel modo che è l’unico attraverso il quale si può esplicare  il variare delle occasioni e l’estrosità della vita, pur nella sua assenza di significati particolari. L’opera divisa in tre parti, presenta nella prima una narrazione che procede in  una successione cronologica degli anni, mentre la seconda e la terza, dopo lunghi intervalli temporali, a cui sembra alludere anche il titolo del romanzo, ne focalizzano solo uno, tuttavia fabula ed intreccio non coincidono per la frequenza, soprattutto nella parte iniziale, di flashback che conducono al passato. La semplicità della trama, il sapiente dosaggio di sequenze di vario tipo, la chiarezza del linguaggio rendono particolarmente fruibile la lettura del romanzo.

È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *