Amato: “La mia distopia grottesca inevitabilmente siciliana”

Stefano Amato ha immaginato una certa Sicilia del futuro, trash e senza regole, in “Stupidistan”: “Siamo il popolo che legge meno, con il maggior numero di ragazzi che abbandonano la scuola prima del tempo e poi non lavorano né imparano un mestiere, abbiamo un numero impressionante di analfabeti funzionali, e potrei andare avanti. Ma mi fa essere ottimista la consapevolezza che comunque il genere umano vuol migliorare se stesso e il mondo in cui viviamo”

Come altri anche Patty Carnemolla è finita in un manicomio della Sicilia, ribattezzata Stupidistan nel 2050: dog-sitter romana, non fumatrice e vegetariana, è colpevole di aver custodito gelosamente alcuni libri, peccato capitale in una terra in cui abitanti giovanissimi e adulti sono dediti ad altro: carne, bevande gasate e dolci, fumo, nessuna formula di regola, tasse, obblighi scolastici, tanta spazzatura ovunque. Scherza, ma non troppo il siracusano Stefano Amato, autore per Marcos y Marcos, di Stupidistan (256 pagine, 17 euro). E spiega come e perché ha scritto questo romanzo.

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Stefano, iniziamo dal titolo e dalla copertina: svelaci qualcosa della cover e soprattutto come nasce il titolo Stupidistan e cosa significa?

«La splendida copertina è frutto del talento di Vendi Vernić, un’illustratrice croata che da qualche tempo collabora con la casa editrice del romanzo, la Marcos y Marcos. Mi piace molto perché trasmette benissimo lo spirito della storia. Per quanto riguarda il titolo, nasce da una riflessione risalente ai tempi in cui incubavo il romanzo, prima ancora di scrivere la prima parola. Cercavo un nome che significasse “terra degli stupidi”, qualcosa che finisse in “-landia”, “-onia” o qualcosa del genere. Poi, pensando alle ex repubbliche sovietiche che finiscono per “-istan”, così come anche il Pakistan e l’Afghanistan ecc., ho scelto questa soluzione».

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Il romanzo è ambientato nel 2050, la protagonista è una giovane dog-sitter di nome Patty, romana di origini siciliane, che con l’inganno viene riportata in Sicilia, una Sicilia senza regole, dove l’ignoranza è la norma e chi legge viene rinchiuso in manicomio. Raccontaci un po’ la genesi di quest’idea, che da un lato fa sorridere, dall’altro però sa di profezia e quindi incute un certo timore…

«Nell’immaginare Stupidistan non ho fatto altro che pensare a come sarebbe la Sicilia se un tipo particolare di siciliano potesse crearla a sua immagine e somiglianza. Mi riferisco al tipo di siciliano che odia le regole e non sopporta doverle seguire, e quindi in Stupidistan non esistono regole; il tipo di siciliano che butta la spazzatura — rigorosamente senza differenziarla — come, dove e quando gli pare; il tipo di siciliano che sa a malapena leggere, anche perché magari non ha finito nemmeno la scuola dell’obbligo (ma crede di sapere tutto); il tipo di siciliano, pigrissimo, che prende la macchina o la moto anche per fare pochi metri. Tutte caratteristiche, queste, su cui mi sono basato per dipingere la Sicilia del futuro del romanzo: in Stupidistan infatti tutti possono buttare la spazzatura dove vogliono, nessuno va a scuola perché è stata abolita, le macchine e le moto sono ovunque, eccetera.

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Stupidistan è stato definito acuto, dissacrante, grottesco, divertente, avventuroso, immaginifico: quale di questi aggettivi trovi più adeguato e perché? (Se vuoi aggiungerne altri…)

«Gli aggettivi che mi ha fatto più piacere leggere sono avventuroso e divertente; perché secondo me la narrativa dovrebbe essere prima di tutto intrattenimento, e non c’è niente di più intrattenente di un libro che faccia ridere e allo stesso tempo spinga il lettore a chiedersi come finirà la storia (ha una componente, cioè, avventurosa)».

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L’ambientazione siciliana è stata una scelta naturale – dato che sei siciliano e vivi in Sicilia – oppure è ragionata, nel senso che hai ritenuto che la Sicilia sia il luogo più adatto, potenzialmente, a questo sviluppo tragicomico della società occidentale?

«Purtroppo in nessun altro posto in Italia (forse in Europa) potevo ambientare Stupidistan. Le statistiche parlano chiaro: siamo il popolo che legge meno, che rispetta meno le regole, con il maggior numero di ragazzi che abbandonano la scuola prima del tempo e poi non lavorano né imparano un mestiere, abbiamo un numero impressionante di analfabeti funzionali, e potrei andare avanti».

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Il trionfo del trash a cui assistiamo giornalmente è in linea con molti dei personaggi di Stupidistan, viene quasi da pensare che siamo sulla buona strada… eppure alla fine Patty ha la meglio sugli “stupìdi”. Spiegaci cosa ti fa essere ottimista.

«Mi fa essere ottimista la consapevolezza che comunque il genere umano va verso una direzione ben precisa, che è quella di migliorare se stesso e il mondo in cui viviamo. E per quanto noi siciliani proviamo l’istinto irrefrenabile di opporci a questa tendenza, saremo comunque costretti a seguirla. Magari con un po’ di ritardo rispetto a quelli che guidano la spedizione, ma, come è accaduto puntualmente negli ultimi anni, piano piano ci arriveremo anche noi».

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In tanti hanno intravisto dei punti di contatto con il film Idiocrazy di Mike Judge: realmente se ti ha ispirato, in che termini lo ha fatto?

«Di quel film mi aveva attirato l’idea di un personaggio medio che finisce in un mondo di stupidi. Poi però il mio libro prende un’altra direzione, sia per la diversa ambientazione geografica che per il diverso periodo storico (lì il futuro remoto, qui quello prossimo)».

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Chiudiamo con qualche consiglio, un percorso di lettura a chi ama il genere o vuole scoprire quelli che sono stati i tuoi riferimenti nella stesura di Stupidistan

«In realtà non ricordo di avere mai letto un libro simile, cioè una distopia comica, se così vogliamo chiamarla. Sicuramente esistono molti romanzi del genere, ma io non li conosco. Per quanto riguarda le distopie, o ucronie che dir si voglia, ricordo di avere letto con molto piacere Il sindacato dei poliziotti Yiddish di Michael Chabon, un hard boiled ambientato in un presente alternativo in cui gli ebrei hanno formato un loro Stato in Alaska anziché in Israele. Anche Fatherland di Robert Harris (romanzo ambientato in un’Europa alternativa in cui i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale) mi è molto piaciuto. Chissà, forse questi due romanzi mi hanno fatto venire voglia di scrivere una distopia, a cui io poi ho preferito dare un’impronta comico/grottesca».

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