Ginzburg, attenersi alle regole ma smarrire l’autenticità

Se scegliamo di liberarci da ruoli imposti, quanto e come veniamo (ri)accettati dal contesto che abbiamo tradito? E quanto abbiamo sciupato per adeguarci a certe etichette? Queste sembrano essere alcune delle domande di fondo de “Le voci della sera” di Natalia Ginzburg

Ma perché abbiamo sciupato tutto, tutto?

È questa la domanda che si ripetono i personaggi de Le voci della sera di Natalia Ginzburg.
Se la pongono le donne, nello specifico, che si ritrovano davanti alla fine di relazioni costruite con fatica.

Quel patrimonio affettivo e materiale

Perché con fatica? Perché le relazioni nascono magari in maniera spontanea, spinti dal desiderio carnale, o dalla passione o dall’attrazione mentale.

Ma poi, si giunge alla deriva. E la deriva si ha quando una relazione inizia a ristrutturarsi seguendo i tasselli del “dover fare” imposti dalla società.

Regole che impongono e che soffocano. Che ci portano a sciupare tutto.

Le voci della sera (154 pagine, 10 euro) è un romanzo breve, edito da Einaudi, in cui chi ha già letto i primi romanzi di Ginzburg ritrova le sue narrazioni inconfondibili dei nuclei familiari, delle loro dinamiche, delle loro peculiarità, detti, modi di dire, bizzarrie.

È così che scorre la prima parte del libro: è stato, per me, un tuffo nei miei quindici anni, quando avevo letto Lessico Famigliare. È quindi un ritrovare quei ritratti, fatti a parole, di padri e figli, mogli e nonne, e del patrimonio affettivo e materiale che lasciano.

Un pugno allo stomaco

La seconda parte del libro, invece, è uno schiaffo. È un pugno allo stomaco.  È uno spintone che non ci aspettiamo di ricevere alle spalle, all’improvviso. Uno spintone che ci sveglia e ci fa vedere che siamo lì, in bilico, in un equilibrio precario.

Abbiamo costruito tanto, ma era veramente questo ciò che volevamo? O abbiamo costruito ciò che ci è stato richiesto dalle aspettative, da percorsi già segnati e bollati come “normali, giusti, corretti”? E cosa e quanto abbiamo sacrificato, “sciupato”, per adeguarci a certe etichette?

È questo che ci chiediamo, appena abbiamo terminato Le voci della sera.
Con la metafora di una storia d’amore che nasce spontaneamente, senza regole e fuori dai canoni della rispettabilità, e che si evolve seguendo i canoni imposti, Natalie Ginzburg ci trascina a porci questa domanda.

Quando siamo liberi? E abbiamo la forza di liberarci?
Se si, come?
E se scegliamo di liberarci da ruoli imposti, quanto e come veniamo (ri)accettati dal contesto che abbiamo tradito?

Natalie Ginzburg risponde a tutto questo. Senza veli. Senza inganno, senza addolcire nulla.
Ci mostra come tutto ciò che c’è di autentico rischia di perdersi e sciuparsi cercando di inseguire il giusto, più che la vita autentica.

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