Un serial killer in una Basilicata del presente ma al tempo stessa arcaica. Una protagonista analitica e irrazionale, la patologa forense Viola Guarino. “Nero lucano” è il secondo romanzo di una serie per Piera Carlomagno, che scantona rispetto ai cliché del genere, ha ambizioni letterarie e apre finestre sul mondo, denunciando affari sporchi, problemi occupazionali e la condizione della donna alle prese col patriarcato…
Una Lucania contemporanea, tra speculazioni e oscuri giochi di potere, in cui spirano però echi e venti di un passato che si nutre di magie, superstizioni, riti. Un serial killer che non va troppo per il sottile (il primo morto ha il cranio spaccato) e semina indizi (il corpo senza vita ha tra le mani una cartina geografica della Basilicata; più avanti salteranno fuori brani della Commedia dantesca). Una protagonista, nipote di una lamentatrice funebre di grido, «ombrosa e bella d’inquietudine», che si muove in sella a una Ducati e nei panni di patologa e antropologa forense esamina non solo i cadaveri dei morti ma anche le anime dei vivi. Non è la prima volta che Viola Guarino va in libreria, Piera Carlomagno che l’ha creata e lanciata in un volume Rizzoli di qualche anno fa (Una favolosa estate di morte), ci riprova e gli ingredienti della ricetta sono omicidi orribili, selvaggia bellezza dei luoghi (che certi lettori conoscono anche da altri scrittori), uno spaccato di certo provincialismo e una buona dose di sesso, fin dal primo capitolo, che coinvolge (non in compagnia del marito…) inaspettatamente l’antipatica e altera moglie della prima vittima, un ingegnere tornato dal nord a Matera, anzi nei dintorni, a Grottole (già proscenio di un bel romanzo di Mariolina Venezia, Mille anni che sto qui). Carlomagno, giornalista e giallista, nei suoi ultimi libri, dopo tanta gavetta con sigle minori, oltre a pubblicare con editori nazionali, ha consolidato e oliato i meccanismi del genere, senza rinunciare alle ambizioni letterarie (tra riferimenti, fra gli altri, a Dante e a Camus) e alla denuncia sociale del malaffare, dei problemi occupazionali, della condizione femminile nel cono d’ombra del patriarcato. Il suo romanzo può soddisfare lettori più esigenti della media, merita attenzione perché scantona rispetto a molti cliché del giallo italiano e a buon mercato del ventunesimo secolo.
Due anime, un flirt e un romanzo corale
La nuova avventura che ha come protagonista Viola Guarino è Nero Lucano (352 pagine, 18 euro) ed è pubblicata da Solferino. Il ritmo è sostenuto sin dalle prime pagine, che girano velocemente. Professionista e irrazionale, analitica e istintiva, le due anime di Viola sono tratteggiate con maestria da Carlomagno. C’è di mezzo anche un magistrato, il napoletano Loris Ferrara, tra i due c’è qualche corrispondenza d’amorosi sensi, sprazzi di flirt, ma non c’è nulla di semplice, anche perché lui è sposato. Ma lo sguardo non deve restare fisso solo su di loro, Carlomagno sciorina infine un romanzo corale, svelando sì i misteri dei delitti, ma aprendo tante finestre sul mondo, scrutando psicologie, respirando atmosfere.
Riferimenti colti e alibi di ferro
La scrittura apparentemente lineare tradisce una certa affinità e frequentazione con ottime letture. E non solo per i riferimenti colti che trapelano qua e là, a cominciare dall’assassinio (non il solo) di Brando Carbone, ingegnere di ritorno nella terra natale da Varese. Moglie e segretaria perdono le sue tracce, sembrano avere alibi inattaccabili, ma finiscono naturalmente nell’ombra del ciclone. E poi ci scappa un altro morto, a Montalbano Jonico il cadavere è di Carlo Rosano e non è un particolare di poco conto, perché sembra collegato all’omicidio dell’ingegnere Carbone. Vicende che emanano un fascino inquietante e in cui il denaro e il potere, si scoprirà facilmente, hanno un ruolo preponderante.
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