Ah l’amore l’amore, per Pron finisce per non finire

Una storia d’amore che finisce, una coppia che si disintegra quasi senza un perché, la solitudine e la vulnerabilità di una Lei e di un Lui, ancor più paradossale (o forse no) ai tempi dei più invasivi social network. È quello che racconta Patricio Pron in “Domani avremo altri nomi”, un bisturi tra digressioni e speculazioni sui rapporti umani e sui concetti di relazione, identità e maternità

Non spargere lacrime per chiunque viva in queste strade, precedente romanzo edito in Italia da Gran Via, mi era sembrato un frutto maturo (qui l’articolo), praticamente il libro della vita dell’autore, sebbene nato solo nel 1975. E, invece, Patricio Pron, argentino che vive in Spagna, ha tirato fuori dal cilindro Domani avremo altri nomi (282 pagine, 17,50 euro), romanzo che ha tutto per diventare un classico, vittorioso al premio Alfaguara (utilizzando uno pseudonimo), nella bacheca di alcuni dei maggiori scrittori viventi in lingua spagnola (Andrés Neuman, Juan Gabriel Vásquez, Jorge Volpi, Guillermo Arriaga). La traduttrice, come nel caso precedente, è Francesca Lazzarato, nuova è invece la casa editrice italiana che lo pubblica, ovvero Sur. Di cosa si legge in questo libro del sudamericano Pron? Di amore, ovvero di qualcosa di molto difficile da affrontare per qualunque scrittore. Negli ultimi anni forse solo Alan Pauls, curiosamente altro autore argentino pubblicato in Italia da Sur, aveva sviscerato in modo convincente e profondo l’amore, pubblicando il romanzo Il passato (qui l’articolo). Domani avremo altri nomi è meno cruento de Il passato di Alan Pauls, a suo modo ha degli spaccati perfino spiritosi, ma è una lettura altrettanto intensa e trascinante.

La rottura e le forme di sopravvivenza

L’amore oggi, che cambia per non cambiare, che finisce per non finire. È quello che osserva e rende limpidamente Pron. Un amore ultracontemporaneo, con una rottura dopo cinque anni fra un Lui e una Lei, con le successive forme di sopravvivenza e i successivi approcci alla realtà, specie sentimentale, che non possono non tener conto del virtuale, forse inevitabilmente ai tempi della diffusione su larghissima scala dei social network (tra Tinder e gruppi Whatsapp), del diffuso dissolversi del concetto di monogamia e di varie alternative all’amore romantico. Domani avremo altri nomi è anche, vivaddio, un romanzo d’invenzione, l’autore fa una precisa scelta di campo e la incastona anche nei pensieri di Lui, che di mestiere fa l’autore di saggi:

… Mentre guidava, gli parlava di un libro che stava editando, come quasi tutti – cioè come quasi tutti quelli che si pubblicavano da un paio d’anni -, il libro offriva le attrattive congiunte di «essere basato su una storia vera» e di leggersi «come un romanzo». La rinuncia della letteratura di finzione al compito di inventare – quel che fosse: un’identità, un senso di comunanza tra l’autore e i lettori, una possibilità che le cose non fossero com’erano – a Lui sembrava pericolosa e insieme rivelatrice dei tempi che stavano vivendo…

La coppia, campo di battaglia nel caos

Poiché ogni storia d’amore finisce per diventare «un’indagine, o meglio un’autopsia», Pron, illuminando zone inesplorate più che rimestando luoghi comuni, racconta un vuoto, lungo anche anni, un vuoto non soltanto amoroso, non semplicemente un desiderio sessuale, «quanto di vicinanza e compagnia, una specie di pungente malinconia pronta a ricordargli che la loro traiettoria in quanto coppia era rimasta interrotta». La coppia non è un rifugio, ma l’ennesimo campo di battaglia nel caos del mondo. È Lei, architetto d’esterni, a rompere, a decidere di cambiar stato, come se passasse da solido a liquido, a liberarsi di un peso che le curva le spalle e le infossa il petto.

A volte i membri di una coppia continuavano a essere amici dopo la rottura, ma a Lui sembrò che proporglielo significasse offrirle una versione degradata di quello che avevano avuto, e che comprendeva anche il sesso e l’intimità: Lei meritava di più, pensò, e forse anche Lui lo meritava.

Sentimenti alla stregua di beni di consumi

Sullo sfondo di una nevrotica desolata metropoli odierna (tranne una parentesi a Brasilia), una Madrid senza particolari riferimenti topografici, Pron costruisce una vicenda di relazioni, digressioni, speculazioni. Il suo bisturi affonda nella relazione di coppia (e di una coppia dell’ultima generazione nata libera, in salvo dalle paure post 11 settembre), nell’amore in mezzo alle leggi di mercato, come bene di consumo in una società consumistica, nei rapporti umani in generale, ma anche nella maternità e nel concetto di identità («punto di arrivo, mai di partenza»). Lo sguardo può sembrare algido e razionale, ma è certamente profondo, il narratore è in terza persona, onnisciente e alterna le prospettive dei due ex innamorati, circondati da amici (che non hanno nomi, ma solo iniziali), ma che sono paradossalmente soli e vertiginosamente vulnerabili, a dispetto delle più invasive tecnologie a disposizione.

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