La Francia di Diwo? Una faccenda (rutilante) di legno e donne

Un romanzone d’altri tempi, d’ispirazione ottocentesca, che abbraccia tre secoli, fino alla vigilia della presa della Bastiglia. È “Le dame del Fauborg” di Jean Diwo, primo di un ciclo di tre libri, magnifico affresco della storia francese visto da un sobborgo parigino e, in particolare, da una grande famiglia di ebanisti. Una narrazione fluviale e vivace in cui sono le donne a indicare la rotta…

Una narrazione d’altri tempi, avvolgente e carezzevole, di quelle che tengono compagnia, che lasciano col fiato sospeso, che fanno palpitare e parteggiare. Una narrazione che, dopo quasi ottocento pagine, non ha fine, che rimanda al secondo capitolo di un ciclo di tre grossi tomi. Il primo è una meraviglia per chi ama la tradizione del romanzo francese ottocentesco, ma è stato pubblicato alla fine del Novecento e in Italia è approdato adesso, dando ulteriore spessore al progetto editoriale di 21lettere: pochi titoli l’anno, ma curatissimi (si noti anche la splendida illustrazione, firmata Jacopo Starace, che “veste” il libro), per la casa editrice di Modena, controcorrente rispetto all’abbuffata di uscite che caratterizza major e anche tante sugli indipendenti. L’autore di questo testo fluviale, scomparso novantaseienne, dieci anni fa, è il francese Jean Diwo (giornalista di lunghissimo corso), la cui vocazione tardiva esplose negli anni Ottanta, dopo la morte della moglie, e portò tanti frutti in forma di libri, su tutti i tre de Le dame del Fauborg, editi in patria da Gallimard. Se i prossimi due saranno anche solo avvincenti, rutilanti e ben orchestrati come il primo (789 pagine, 20 euro) saremmo di fronte a un’opera imprescindibile dell’ultimo Novecento francese, un po’ romanzo sociale, un po’ storico, un po’ d’appendice. Ed è comprensibile il successo di critica e di pubblico che da decenni avvolge Diwo.

Due artisti del legno

Evocare Dumas e Hugo non è blasfemia, perché si tratta di due evidenti punti di riferimento per Diwo, che in questa prima parte della sua trilogia abbraccia oltre tre secoli della storia transalpina, tra carestie, conflitti, persecuzioni religiose, avvicendamenti sul trono, fino alla vigilia della Rivoluzione francese. Il lettore che avrà la fortuna di immergersi nei densi capitoli de Le dame del Fauborg (tradotto in italiano da Luisa Rigamonti, che si era occupato dell’unica altra opera di Diwo arrivata nel nostro Paese, Ai tempi in cui la Gioconda parlava) si imbatterà in comparse d’eccezione (sovrani, filosofi, aristocratici, alti prelati e grandi artisti, come Pinturicchio e Vasari) e in una miriade di personaggi, a cominciare dai due che danno il via al plot, ovvero Jean Cottion e Pierre Thirion: il primo va a bottega del secondo («Da me non guadagnerai una fortuna, però non spenderai nulla per mangiare e per dormire, così potrai risparmiare per vestirti un po’ meglio…»), lavorerà come compagnon, occupandosi degli apprendisti e così diventerà un maestro come lui.

Il timone alle donne

Non solo artigiani ebanisti alle prese con «la magia del legno» e con la creazione di mobili unici animano le pagine del romanzone di Diwo, che è soprattutto un’opera di celebrazione delle donne, a cui affida le principali scelte e responsabilità. A cominciare dalla badessa Jeanne IV («si diceva che, nonostante l’estrema discrezione della sua gestione, avesse una grande influenza sul re»), madre superiore dell’abbazia reale, e da quelle che le succederanno, fino a tante lavoratrici del legno, fino ad Antoinette, amica di Madame Germaine de Staël, che nelle ultime pagine annuncerà al barone de Valfroy («le parve fin da subito diverso dai virtuosi della conversazione che era abituata a incontrare…»), «con parole di felicità e di speranza», l’arrivo di un loro figlio.

L’epopea dei luoghi del cuore

Tra città e campagna, il Fauborg Saint-Antoine è un sobborgo parigino, dove è nato Diwo, che cuce un’epopea lunga secoli addosso a questi luoghi cari al cuore. il risultato è fluviale, senza cali di tensione o punti deboli. La storia della famiglia Cottion-Thirion si dispiega in un magnifico affresco, che tiene conto dei principali avvenimenti storici, delle gerarchie che vengono meno, del ribaltamento di certi valori o di realtà consolidate, dell’affermazione del mobile francese nel mondo, temi a cui intrecciare una fiction intessuta di gioie e dolori, nascite e morti. Una “ricetta” magari non ultramoderna, ma validissima, accompagnata da un linguaggio vivace, da pochi fronzoli e dalla sensazione costante di essere in una stanza in cui è fortissimo l’odore di legno («un elemento vitale, un materiale carico di magia che la mano dell’artigiano rianimava», per Jean Cottion), totale la presenza di polvere e segatura.

È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti

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