Vizi umani e difetti della storia, gli imperatori di Tonietto

L’inestricabile intreccio di ridicolo e drammatico, fulcro delle vicende umane, in “Altri dodici cesari” di Stefano Tonietto, che maneggia con maestria le regole della storiografia, del discorso encomiastico, della retorica, facendo pensare ad alcuni grandissimi classici: esistenze immaginarie che fanno ridere e sorridere, tra invenzioni lessicali, trovate surreali e anacronismi in chiave parodistica

Dodici vite di imperatori, da Ovvio Lapalissiano a Dextaliniano, da Dissidio ad Alieno, ognuna raccontata per la caratteristica unica del Cesare, dall’unico imperatore non umano al primo imperatore inesistente, dal primo imperatore sportivo a quello veramente degno, in una scoppettiante sequenza di invenzioni lessicali, trovate surreali, anacronismi in chiave parodistica.

Altri dodici cesari (144 pagine, 16 euro), di Stefano Tonietto, Exorma edizioni, è un libro che fa divertire e pensare, suscita il sorriso, a volte anche il riso, ad ogni pagina, e nel frattempo stimola il lettore a leggere tra le righe, decifrare nomi e situazioni, per cogliere livelli di ironia e messaggi meno immediati. 

La tradizione del manoscritto inesistente

Nella più gloriosa e blasonata tradizione del manoscritto inesistente, l’opera si finge essere una traduzione di un testo storico antico, ad oggi sconosciuto, l’Historiola Augustula, cioè piccola storia imperiale, opera di un tale C. Vanesius Svetoniectus, incrocio abbastanza plausibile tra il Tonietto autore contemporaneo e lo Svetonio cui si devono le Vite dei Cesari (di 12 Cesari, per l’appunto).

Il nostro Svetoniectus segue il metodo di Svetonio, appunto, e scrive le vite di ogni Cesare seguendo uno schema abbastanza fisso, articolato in Ascesa al potere, Attività di governo, Caduta e morte, cui può aggiungersi di volta in volta qualche altro paragrafo. 

Invenzioni geniali e spassose

I nomi degli imperatori e dei vari personaggi del libro di Stefano Tonietto sono una fantastica serie di invenzioni geniali e spassosissime, e una continua sfida al lettore per individuare riferimenti e allusioni. L’imperatore Dextaliniano, primo imperatore repubblicano, introduce il culto della dea Persona o Personalitas, perchè essendo repubblicano non vuole praticare il culto dell’imperatore, e poi fa uccidere da un sicario il suo oppositore Trocmio, ritiratosi in una sua villa a Ctesifonte. Incitato, primo imperatore non umano, è il cavallo di Caligola, sulla sua vita si esprimono studiosi ottocenteschi come il “Bayern di Monaco”, e alla seduta nella quale si decide la sua nomina prende la parola Equinio Onagro (dal greco, asino selvatico). Ma gli esempi potrebbero essere centinaia, e il lettore non finisce di ridere alla citazione di ogni nuovo personaggio.

Occasioni per riflettere

Il primo imperatore filosofo, Aperitivo, figlio di Apericena, elimina i dazi ai prodotti alimentari e mette in vendita a prezzo basso le licenze di spaccio di bevande, ed è tutto un fiorire di locali per la ristorazione, triclini all’aperto, convivialità. Il gioco linguistico si inserisce in una raffinata parodia testuale, dove le regole della storiografia, del discorso encomiastico, della retorica, sono maneggiate con maestria dall’autore, con una leggerezza degna di Luciano di Samosata, o del più recente Jonathan Swift, giusto per chiamare all’appello alcuni grandi.

Le storie di questi altri dodici cesari, però, non sono solo pretesti per sorridere, ma occasioni per riflettere su piccoli e grandi vizi dell’uomo, e piccoli e grandi difetti della storia, sulla loro replicabilità, sull’intreccio inestricabile di ridicolo e drammatico di cui spesso sono fatte le vicende umane. Lo sguardo, allora, e la voce del narratore, fanno la differenza, e l’occhio che piange e quello che ride sono ancora la definizione ideale dell’umorismo.

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