Stassi, il padre di quel burattino chiede solo amore

Malgrado il tema sia l’amore filiale e le persecuzioni sadiche e gratuite che possono essere inflitte a un uomo che le sopporta passivamente, “Mastro Geppetto” di Fabio Stassi non pecca di retorica, né di sentimentalismo spicciolo. Una storia di fragilità e tenerezza, resa in uno stile dolce ed elegante, con metafore preziose e originali

È una storia da un soldo, e la conoscono tutti, ma sulle montagne degli Appennini c’è ancora qualche vecchio che sa com’è andata per davvero. E te lo racconta, tra l’odore di grasso dell’inverno, e le coperte sulle spalle, in cambio di un bicchiere o di un toscano”, avverte Fabio Stassi nell’incipit di Mastro Geppetto (220 pagine, 16 euro), il suo ultimo libro edito da Sellerio.

Più ci si imbatte in scrittori eccellenti e più è chiaro come il retrotesto, mi si conceda il termine, ovvero tutto quello che nella pagina non c’è e tutto quello che arriva al lettore evocato, contribuisce a segnare il calibro, la caratura dell’autore.

Parliamo di quelle cose che secondo Carver “vengono lasciate fuori, che sono implicite”, e che in fin dei conti sono proprio quelle che regalano, in gran parte, la varietà delle chiavi di lettura di un testo. 

Leggo Fabio Stassi, in questa profonda, delicata, misurata esibizione di fantasia e scrittura e mi è chiaro sia di trovarmi davvero davanti al talentuoso scrittore che ha già dimostrato sia di non essere da meno della migliore tradizione letteraria italiana e siciliana, sia di aver padroneggiato una storia sfaccettata, che nasconde significati antropologici profondi che spaziano tra i più disparati sentimenti umani. Dalla tenerezza alla paura, dalla crudeltà alla compassione, dal desiderio di evolversi, alle opposizioni pervicaci del destino, dalla più assoluta e cupa cattiveria umana alla perdita di ogni capacità di orientamento e comunicazione. 

Mastro Geppetto è la personificazione del grande attaccamento alla vita che resiste oltre ogni ragionevole sforzo; Stassi ci insegna come le storie e l’esistenza hanno sempre un altro punto di osservazione e come questo possa cambiare radicalmente tutto.

Il male gratuito e lo sguardo puro

Ci fa riflettere sul concetto di male gratuito, e sulla (vincente) meraviglia di conservare uno sguardo puro sulla vita e sugli altri; sulla solidarietà che esiste e nasce spontanea solo nel terreno fertile e comune delle diversità. Un libro con cui si impara che si vede non solo con gli occhi, ma anche con il cuore e con l’anima. 

Il mondo descritto da Stassi in Mastro Geppetto è crudele, di una cattiveria inqualificabile, ostile, al limite del disumano, verso un uomo fragile in balia di un sogno d’amore che lo significhi, riscattandolo definitivamente da una vita mediocre e solitaria.

Un uomo che, pur di amare, crede che un cippo di legno possa diventare un bambino e se ne prende cura senza riserve, cieco alla realtà. Geppetto cerca amore, ma il mondo gli restituisce odio, desolazione, isolamento, scherno, sofferenza e derisione.

Stassi dipinge la parabola di un derelitto qualunque, di un Giuseppe che è sempre rimasto a latere della storia Cristiana: “Lo chiamano Mastro per scherno e Geppetto per bestemmiargli anche il nome: Giuseppe, Giuseppetto, Geppetto, un santo in burla (…) la verità è che la sua Nazareth è un borgo cattivo sul dorso di un Appennino che ha per gioco preferito quello di lapidare gli scemi, i senzafamiglia e i morti di fame”. È colui che accetta un figlio, che sia divino o di legno, che non gli appartiene, gli sfugge, ma in nome suo, come ogni genitore, patirà dolori e peripezie. È evidente il parallelismo tra i due uomini, manifestato dallo stesso autore anche nella scelta di titolare alcuni paragrafi. Natività, o il meraviglioso Di una pietà senza madre, pieno di riferimenti biblici anche negli elementi che usa per la scena, e dove il lirismo giunge vette di ragguardevole bellezza e luce narrativa:

Seduto lì per terra, imbrattato di fango, con quel simulacro di figlio tra le mani, pareva una di quelle pietà medievali che si incontrano negli oratori delle chiese di montagna, ma era com se l’anonimo autore della scultura si fosse confuso e a deporre il corpo martoriato di Gesù dalla croce avesse raffigurato per errore suo padre e non più Maria, la madre legittima, come si è sempre raccontato. Del resto il suo era un paese senza madonne, senza resurrezioni.

Deflagrante potenza letteraria. 

In bilico tra realtà e fantasia

Una storia di fragilità, di tenerezza, incomprensioni e indifferenza; a tratti, le atmosfere si fanno fantastiche, ma non diventano mai surreali; Stassi si mantiene, sapientemente, in bilico tra realtà e fantasia tramite uno stile dolce ed elegante, ricco di immagini e metafore preziose e originali. 

Un libro altamente poetico sia nella tematica, che nella voce, specie quando Geppetto entra e percorre il bosco, il suo personale percorso dell’eroe che lo porterà a una trasformazione definitiva anche se, purtroppo, il passato lo travolgerà ancora, drammaticamente. Sono i passaggi forse più suggestivi, ammantati di un’aura onirica, poi sublimata nella descrizione dell’ambiente circense che ospiterà parte del finale della storia con sapori e luci di stampo quasi felliniano nel descrivere il mondo di giostrai e circhi. 

Ed è qui che si sentono gli echi de L’ultimo ballo di Charlot, quando Stassi, nella trasformazione di Geppetto, da falegname a clown, sottolinea la risibile drammaticità della vita degli ultimi della terra, che più sono ultimi e più suscitano l’ilarità dei cinici.

Malgrado il tema sia l’amore filiale e le persecuzioni sadiche e gratuite che possono essere inflitte a un uomo che le sopporta passivamente, Mastro Geppetto non pecca di retorica, né di sentimentalismo spicciolo, e conserva tutto il realismo della spietata realtà che immagina e racconta.

Rendere eroe il comune antieroe

Pochi eventi sono ripresi dell’impianto originale di Collodi, e alcuni personaggi assumono nomi e significati diversi rispetto al protagonista, la storia di Stassi è storia a sé. Ed è una storia che commuove, molto.

Basti pensare alla balena che diventa un pesce-cane, un edificio che accoglie e fagocita chi non è conforme alla società, gli incomprensibili, i troppo soli per essere inclusi, meglio toglierli dalla vista: “perché di tutti quelli che ci vengono ricoverati non se ne sa più nulla, come se si fossero dispersi in mare o li avesse inghiottiti un enorme mostro marino”. 

Nella letteratura italiana Pinocchio ha ispirato altre versioni di prestigiosi scrittori. In passato, Luigi Malerba, Pinocchio con gli stivali, o Giorgio Manganelli, Pinocchio un libro parallelo, sono tuttavia rimasti sul punto di vista di Pinocchio, mentre l’assoluta originalità di questo libro è aver spostato lo sguardo e indagato un personaggio chiave sempre rimasto nell’ombra. 

Sembra quindi che il gioco letterario di Fabio Stassi sia stato rendere eroe il comune antieroe. Colui che continua con coraggio a sognare e sperare in un mondo più giusto e umano. Un gioco letterario prezioso che insegna molto, fa riflettere e soprattuto regala profonda gioia nella lettura.

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