Inseguire l’inafferrabile, con Maggie Shipstead si vola

Un libro per chi è affamato di libertà, per chi vuole spingersi oltre i propri limiti, è “Il grande cerchio”, romanzo di Maggie Shipstead, finalista al Booker Prize, che intreccia le storie di due eroine, in due diversi piani temporali: una donna innamorata del volo, una pioniera dell’aviazione americana e un’attrice che deve interpretarla decenni e decenni dopo. Un volume fatto di sogni e audacia, di azioni, personaggi e frasi memorabili, di dettagli credibili e incredibili…

Quell’America che ci convince ogni giorno meno sul piano politico interno e internazionale, in ambito economico e sociale, che sforna ed esporta discutibili modelli, non smette invece di lasciarci a bocca aperta dal punto di vista letterario. Non è trascorso molto tempo dalla pubblicazione del secondo romanzo di Atticus Lish (ne abbiamo scritto qui), che ne ha confermato la potenza nello stile e nei contenuti, ed è ancora la casa editrice Rizzoli a proporre ai lettori italiani un romanzo che spariglia le carte nelle acque mogie di tanta narrativa odierna. L’autrice, Maggie Shipstead, non è inedita in Italia, l’ha già pubblicata Neri Pozza. Con il suo ultimo libro – sette anni di gestazione – ha battagliato nella finale del 2021 del Booker Prize, poi finito nelle mani di Damon Galgut con La promessa (e/o). Medaglie a parte, il lettore che sposa la lettura del romanzo di Maggie Shipstead, Il grande cerchio (715 pagine, 21 euro), tradotto da Francesco Graziosi, entra felicemente in un vortice che porterà con sé a lungo: sembra di decollare e di volare.

Due combattenti

Il percorso di Maggie Shipstead è quello di un buon numero di scrittori statunitensi, la gavetta dei racconti su rivista e un master allo Iowa Writers’ Workshop sotto l’ala protettiva di una grandissima, Zadie Smith. E poi premi, traduzioni. Con Il grande cerchio è arrivato il salto di qualità, forse già definitivo, sebbene Maggie Shipstead non abbia ancora compiuto quarant’anni e si sia mossa su binari stilistici piuttosto tradizionali (non è Jennifer Egan…). Ci sono due piani temporali che fanno venire in mente Possessione di A. S. Byatt. Due le eroine, entrambe combattenti, di questo lungo, denso, entusiasmante volume: Marian Graves, aviatrice della prima metà del Novecento che sogna di circumnavigare il pianeta passando dai due poli (storia raccontata in terza persona), e Hadley Baxter (che narra in prima persona e, specie all’inizio, è esilarante), attrice di Hollywood dei nostri giorni – sola e sulla strada dell’autodistruzione in un mondo di ipocrisia e di eccessi – chiamata a interpretare, per risalire la china cinematografica, proprio Marian Graves, personaggio immaginario ma in cui si condensano alcune pioniere dell’aviazione americana all’inizio del ventesimo secolo. In un ipotetico diario di Marian Graves si leggono, in avvio di romanzo, frasi che fanno ben capire di che pasta è fatta l’ambiziosa donna volante.

… Tutto ciò che è infinito è prodigioso. Ma l’infinità è anche una tortura. Sapevo che l’orizzonte era inafferrabile, e l’ho inseguito comunque. Quel che ho fatto è stata una sciocchezza: non avevo altra scelta che commetterla.

Il cielo, un alleato

I radar dei lettori forti dovranno captare Maggie Shipstead. Siamo in presenza di una gran romanziera. Non esangue, non troppo cerebrale. Spezza un po’ i polsi, letto prima di dormire, questo volumone, ma è fatica benedetta. Sembra di stare fra le migliori pagine di John Irving o di Colum McCann – chi ha letto questi due autori sa di che cosa sto parlando – e si capisce abbastanza in fretta. È un romanzo di vita vera, poetico e prosaico come ogni giorno che Dio manda in terra. È un libro per chi è affamato di libertà, per chi vuole spingersi oltre i propri limiti, per quelli che guardano il cielo e fanno certi pensieri (ad esempio «su in aria la vita è più implacabilmente tridimensionale che a terra»). Marian si fa preferire a Hadley, che però nel finale si rivela un personaggio di spessore. Marian si fa preferire. Questione di sogni e di audacia. Forse per quell’idea «che aveva del cielo come di un alleato, non come di un’immensità indifferente, piena di forze ingovernabili».

Il contrabbandiere che realizza i sogni

La doppia narrazione è sempre travolgente, a volte mozzafiato. Nelle selvagge terre del Montana, Marian Graves è ossessionata dal volo fin dalla prima infanzia. Lei e il gemello Jamie, costretti a fare a meno dei genitori, vittime in modo diverso dopo un incidente navale, vengono allevati dallo zio Wallace, che fa i conti con la dipendenza dall’alcol, con il gioco d’azzardo e i debiti, non esattamente l’ideale per supplire alla madre e al padre. Simile è l’infanzia dell’attrice Hadley, non il solo parallelo fra le due donne. La giovinezza di Marian sarà segnata dall’amore e dal matrimonio (assente il fratello Jamie, pittore e vegetariano, che non approva), quando è ancora adolescente, con un contrabbandiere incontrato in un bordello, ufficialmente un allevatore: Barclay Macqueen, colui che, di fatto, le permette di realizzare il sogno di volare, il sogno che da sempre aveva «nelle ossa». Le nozze, celebrate sotto i migliori auspici, finiranno per rivelarsi una trappola, «una disfatta travestita da vittoria». Il volo sembra essere l’unico amore di Maria. O forse no. L’irrompere della Storia, e in particolare della seconda guerra mondiale darà una sferzata ulteriore al romanzo epico di Maggie Shipstead, che è fatto di azioni, personaggi, frasi memorabili e dettagli credibili e incredibili.

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