Nella Tunisia di Ghenim i diritti delle donne non sono immutabili

Più voci e punti di vista raccontano una doppia saga familiare e i danni del patriarcato, in Tunisia a partire dagli anni Trenta. Si tratta del pluripremiato romanzo di Amira Ghenim, “La casa dei notabili”. Il sospetto di un tradimento si insinua nel matrimonio fra gli eredi di due diverse famiglie dell’alta borghesia; l’amante della moglie? Taher al- Haddad, intellettuale di umili origini impegnato nel riconoscimento dei diritti delle donne

«Il progresso sociale si può misurare dalla posizione sociale del gentil sesso», ha scritto Karl Marx in Lettere a Kugelmann. È la frase che mi è venuta in mente approfondendo la storia della condizioni femminile in Tunisia, cogliendo lo spunto dalla lettura dell’ultimo romanzo di Amira Ghenim, scrittrice e professoressa di Linguistica e Traduzione presso l’Università di Tunisi, dal titolo La casa dei notabili (412 pagine, 19 euro), nella traduzione dall’arabo di Barbara Tersi, pubblicato da Edizioni E/O.

Il libro è stato finalista all’International Prize for Arabic Fiction ed ha ricevuto il premio speciale della giuria del Comar d’Or, il più prestigioso premio tunisino. Non è difficile comprenderne i motivi. 

La questione femminile

Siamo nella Tunisia degli anni Trenta. Il paese è attraversato da grandi tensioni politiche ed ideologiche e da un forte vento di cambiamento: all’interno della lotta per l’indipendenza dal colonialismo francese, si fa spazio il dibattito pubblico sulla questione femminile e sul ruolo della donna nella società, «un conflitto mai sopito tra modernità e tradizione».

In tale contesto di estremo fermento, il romanzo di Amira Ghenim racconta la vita e il destino di due diverse famiglie dell’alta borghesia: la famiglia en- Neifer, dalla rigida mentalità conservatrice e patriarcale, e la famiglia ar – Rassa’, liberare e progressista. In mezzo a tale turbinio di idee e ideologia, si trovano coinvolti Zubaida ar – Rassa’, la giovane moglie di Mohsen en- Neifer, sospetta di avere avuto una storia d’amore clandestina con Taher al- Haddad, intellettuale di umili origini fortemente impegnato nel riconoscimento dei diritti delle donne.

Come ha avuto modo di dichiarare l’autrice, Taher è un uomo realmente vissuto in Tunisia che ha segnato fortemente la strada verso il progresso con il suo saggio La nostra donna nella sharia e nella società e le cui idee hanno trovato terreno fertile nel 1957, quando, all’indomani dell’indipendenza, nella neonata Repubblica tunisina entra in vigore il Codice dello statuto della persona, una legge che ha garantito alle donne tunisine una serie di diritti fondamentali 

Volevo raccontare la Tunisia degli anni Trenta, un periodo effervescente e cruciale della nostra storia nazionale, estremamente ricca di conflitti politici e culturali. Il militante e attivista Taher al-Haddad è una delle figure emblematiche di quell’epoca. Come donna tunisina, gli sono affezionata. Tutta la società tunisina deve a lui la sua evoluzione verso una maggiore modernità ed equità.

Una tragica notte

Amira Ghenim sa perfettamente che ogni diritto conquistato dalla donna non sempre è immutabile (basti pensare quanto è accaduto e ancora sta accadendo in Iran): la guardia va tenuta alta, il pericolo è costantemente dietro la porta; da qui, la pregnante necessità di rendere omaggio che probabilmente, più di tutti, ha segnato la svolta della condizione femminile come precursore dei tempi. 

Il romanzo ruota attorno ad una tragica notte del dicembre del 1935. Ciò che più appassiona e coinvolge il lettore è lo stile narrativo scelto dall’autrice: la stessa storia, la stessa vicenda è raccontata da diversi componenti delle due famiglie, ciascuno con il proprio punto di vista, le proprie sensazione ed emozioni, i propri sentimenti, abbracciando un arco temporale che va dal 1943 ai giorni nostri. Si va dallo stile diretto, a volte anche indiretto, fino ai monologhi interiori con un narratore che segue fedelmente i pensieri di chi sta raccontando.

I punti di vista e la Storia

La scrittura è assolutamente piacevole e scorrevole, mai ridondante. I vocaboli scelti sono ricercati, accurati ed eleganti, ma senza particolari virtuosismi; gradevole anche la scelta nella traduzione di mantenerne alcuni in arabo, per rafforzarne il senso e la forza.

«Non è colpa delle famiglie dell’alta borghesia tunisina se i loro membri, i notabili della capitale, si danno tante arie e sono altezzosi, tracotanti e superbi. Questa superbia, infatti, non è un vizio, un atto deliberato, né tantomeno un peccato che peserà sul piatto della bilancia nel giorno del Giudizio.

L’alterigia è una loro caratteristica innata, ce l’hanno nel sangue. È come il labbro leporino o la mano palmata: una malformazione genetica che si ha fin dalla nascita, e non per scelta.»

Il risultato è un romanzo corale in cui i fatti vengono narrati dalla viva voce dei componenti delle “famiglie di notabili” di cui impersonano la mentalità e in cui le storie dei protagonisti si intrecciano alla Storia del paese, affonda i piedi nel passato «per aiutarci a comprendere le sfide del tempo presente, mentre guarda con speranza al futuro».

«A tutte le donne e tutti gli uomini vittime delle società patriarcali in qualunque parte del mondo», ecco compendiato tutto il senso del romanzo di Amira Ghenim.

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