Calaciura: “Ecco il mio presepe tra speranza e disperazione…”

«Sono tornato a quello che mi è più congeniale, il racconto puro, con dieci personaggi significativi del presepe, non solo della Palestina di allora, ma del mondo che viviamo adesso. Poco è cambiato in termini di giustizia e ingiustizia, di marginalità…». Videointervista a Giosué Calaciura, autore di “Una notte”, in cui torna sui temi della Natività e racconta un’epopea degli sconfitti e dei dimenticati…

Giosuè Calaciura torna sui temi della Natività, con la sua prosa poetica, ammaliante e ricca di intuizioni che rendono ogni storia estremamente attuale. Stessa location di Io sono Gesù (ne abbiamo scritto qui), suo romanzo del 2021. «Sì stessa location – puntualizza Giosuè Calaciura – ma ambigua, la Palestina di duemila anni fa, ma anche la Sicilia…». Stessa location anche per Una notte, più recente romanzo del palermitano Calaciura, pubblicato come il precedente da Sellerio. «Sono tornato – aggiunge – a quello che mi è più congeniale, il racconto puro, con dieci personaggi significativi del presepe, non solo della Palestina di allora, ma del mondo che viviamo adesso. Poco è cambiato in termini di giustizia e ingiustizia, di marginalità». Calaciura racconta le figure del presepe, quelle che di solito si stagliano sullo sfondo, quasi immobili: dà loro vita, le riempie, ci commuove, ci intrattiene e ci diverte, legando con un filo trasparente d’ironia (si pensi ai tre magi che sbagliano stella cometa…) vicende apparentemente collaterali che in Una notte, però, diventano centrali perché la sua è un’epopea, l’epopea dei secondi, degli sconfitti, dei dimenticati. Calaciura racconta un presepe che è «lo spazio che esiste tra illusione e disillusione, tra speranza e disperazione». Per il futuro, però, annuncia un cambio di direzione rispetto agli ultimi libri, a cui si potrebbe aggiungere anche Il tram di Natale (ne abbiamo scritto qui e qui): «Sto passando a un altro canone che fugge il pretesto del sacro e della religione, penso di aver esaurito l’argomento, che non era affatto religioso. Sebbene ogni libro sia comunque un esercizio di spiritualità, abbia una sua religiosità».

Qui la videointervista completa, buona visione.

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