Amate! Amatevi! Nothomb e la sorellanza…

Nel nuovo e puntuale romanzo di Amélie Nothomb, “Il libro delle sorelle”, spicca l’amore disinteressato e gratuito fra due sorelle, una, più forte e decisa, l’altra, più insicura e sensibile. Un libro che sembra suggerire a chi lo legge di salvarsi da sé, ricordandosi della propria unicità e forza, del proprio diritto a essere liberi…

Anche quest’anno, a febbraio, Amélie Nothomb è tornata in libreria, in Italia, per i tipi di Voland. Il nuovo romanzo, Il libro delle sorelle (128 pagine, 16 euro), nella traduzione di Federica di Lella, ci presenta la storia di Tristane e Laetitia, per l’appunto sorelle, le quali, grazie al legame speciale, che si instaura fra loro fin dal primo abbraccio — quando Laetitia, la minore, è ancora in fasce —, riescono a sostenersi e nutrirsi l’una con l’altra, a saziare reciprocamente la fame d’amore e di fiducia, che accompagna qualsiasi processo identitario e di crescita, ma che i loro genitori, Nora e Florent, non riescono né intendono offrire loro, perché completamente immersi nel proprio rapporto, un amore esclusivo e assoluto, che non lascia spazio agli altri, tantomeno alle figlie.

Il segreto del successo

Ebbene sì, Amélie Nothomb torna a parlarci di infanzia, di famiglia, di dualità e rapporti antagonisti. Alla sua maniera, indubbiamente, perché le storie che ci narra, sempre con estrema “naturalezza” — la stessa che caratterizza le narrazioni delle origini e archetipiche, quali l’epica e la fiaba —, hanno sempre le caratteristiche dell’unicità, dell’eccezionalità, che sembrano contraddistinguere esseri straordinari, ma che, in realtà, sono proprie di ogni individuo che, proprio come noi, al tempo stesso è, a suo modo, altrettanto non ordinario e, dunque, unico. In questo, infatti, risiede parte del successo di Amélie Nothomb: attraverso i suoi personaggi, decisamente fuori del comune, riesce a parlare a ciascuno dei suoi lettori e lettrici,  toccandone le corde più profonde. 

Due amori

Che cosa viene, allora, ad aggiungere Il libro delle sorelle al romanzo corale in più episodi — un capitolo-romanzo all’anno, dal 1992 —, che l’autrice belga ha iniziato a scrivere poco più di trent’anni fa? Una nuova sfumatura all’amore, forse il più sacro, “l’amore in senso assoluto, l’amore al di fuori delle categorie, un fenomeno più potente in quanto non etichettabile”, ci suggerisce lei stessa in un passo del romanzo, in cui il vero protagonista è l’amore disinteressato e gratuito fra due sorelle, una, più forte e decisa, Laetitia, che, grazie alla sorella che la accudisce con amore dai primi mesi di vita, non saprà “mai che il cuore può morire di fame,” mentre l’altra, più insicura e sensibile, Tristane, la maggiore, crescerà con “l’angoscia di non essere amata”.

All’amore-passione, che unisce e avvince i genitori e che “non si vuole certo sminuire”, precisa l’autrice nel romanzo, è contrapposto l’amore salvifico e assoluto fra le due sorelle, fatto di rispetto, stima, passioni condivise e libertà nella diversità, anche quella di separarsi l’una dall’altra, per poter essere sé stesse e divenire ciò che si sente come la propria natura più vera e profonda. 

Due aspetti

Con un’intensità, forse, maggiore che nei suoi precedenti romanzi, Amélie Nothomb sembra suggerire alle lettrici e ai lettori di salvarsi da sé, ricordandosi della propria unicità e forza, del proprio diritto a essere liberi, individuati e distinti, desiderabili e amabili, innanzitutto da sé stessi; perché, in fondo, Tristane e Laetitia altro non sono che il femminile e il maschile, inscritti in ciascuno di noi: il nostro lato cupo e tumultuoso, come suggerisce l’etimo del nome Tristane (e nella scrittura di Amélie i nomi non sono mai casuali), che si alterna al nostro lato volitivo e gioioso, cui rimanda, invece, il nome Laetitia. Sono proprio questi due aspetti che, di volta in volta, ci consentono di affrontare i casi della vita, ora formidabili e galvanizzanti, ora terribili e luttuosi, al solo scopo di consentirci, alla fine di ogni esperienza, di gioire della bellezza del mondo, quella che sta attorno a noi, in una città splendida come Parigi, ad esempio, come pure quella che rivive nelle pagine delle scrittrici e degli scrittori che, da quando esiste la letteratura, indefessamente continuano a mostrarci altri “possibili”, siano essi vite o vie d’uscita dalle costrizioni dei legami, non solo familiari, o dai labirinti della nostra psiche. 

Pieni e vuoti

Anche in questo romanzo, Amélie Nothomb rende così omaggio alla letteratura francese e alla sua città di adozione, Parigi, “la Gerusalemme delle lettere francesi”, in cui la bellezza ammanta chi la percorre e abita, come succede a Tristane, che vi si trasferisce e qui, attraverso le pagine dei romanzi e delle storie che legge e che spesso “si svolgono altrove”, scopre che la città ne è sempre il “centro nevralgico”.

Siamo tutti al tempo stesso pieni e vuoti, le nostre vite spesso albergano su voragini, sembra ricordarci Amélie Nothomb, che in questo romanzo torna a parlare — in modo mai così esplicito — anche di anoressia. Solo l’Amore può salvarci, in primo luogo quello per noi stessi. 

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