Martino Ciano, un grande atto d’amore per Thomas Bernhard

“Itinerario della mente verso Thomas Bernhard” è un breve, intenso e labirintico libro di Martino Ciano, con l’andamento fluviale e monologante della voce narrante, il periodare ossessivo e la reiterazione di frasi e concetti, che ricordano lo stile del geniale scrittore austriaco…

“Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Il celebre assunto contenuto in Anna Karenina di Lev Tolstoj se invece applicato a una famiglia “bernhardiana”, nel senso delle famiglie che troviamo nelle opere dello scrittore e drammaturgo austriaco Thomas Bernhard, dovrebbe essere emendato in: “Tutte le famiglie infelici sono uguali”, magari integrandolo con “le famiglie bernhardiane sono più infelici di tutte le altre”. Basti pensare a opere del suddetto Bernhard quali Perturbamento (qui l’articolo) nel quale il Principe Saurau, capostipite di quella che psicologi ed analisti di svariate discipline definirebbero sinteticamente una famiglia disfunzionale, diventa la punta dell’iceberg delle varie e tossiche triangolazioni familiari, o sempre andando a scavare in opere come Estinzione (una delle vette della produzione romanzesca di Bernhard) scoprire che la famiglia, metafora di un mondo e di una vita abissale e crudele, sia la fucina dell’incomprensione e del risentimento. Questa lunga premessa “bernhardiana” si rende necessaria a un’opera come quella di Martino Ciano che ha come titolo Itinerario della mente verso Thomas Bernhard (72 pagine, 10 euro), pubblicato da A & B editrice.

Luce cupa

Lo stesso pessimismo, la stessa luce cupa, la mancanza di qualsiasi barbaglio di speranza, talvolta così estremi da sconfinare nell’ironia tipica dell’autore di Il nipote di Wittgenstein, sono i dati caratteristici del romanzo (?) – viaggio dell’autore verso Thomas Bernard. Il breve ma intenso e labirintico testo di Martino Ciano, giornalista e collaboratore di varie webzine per le quali si occupa di letteratura e filosofia, nonché già autore di due romanzi nei quali la distopia si contamina alla riflessione talvolta ironica sulla tragedia della condizione umana, inaugura la collana QED (Quod erat demostrandum, locuzione latina per “come volevasi dimostrare”) di A & B editrice, dedicata al romanzo postmoderno-ipertestuale e alla filosofia.

Il romanzo di Ciano inizia con un lutto, anzi tre lutti, proprio come in Estinzione del padre putativo, mentore o comunque si voglia definire il Thomas Bernhard verso il quale l’autore cosentino mostra se non un debito una sconfinata ammirazione. I contorni delle tre morti, padre, madre e sorella costituiscono il nucleo ambiguo e inquietante del romanzo: morte naturale o cruenta? L’interrogativo si protrae fino al termine del romanzo, in un finale che non vale la pena svelare, con un senso di inquietudine e ambiguità che lascia interdetti e terrorizzati.

L’irruzione del metaletterario

Tipicamente “bernhardiana” è la struttura e lo stile del volume, senza suddivisone in capitoli e paragrafi, con l’andamento fluviale e monologante della voce narrante, lo stesso periodare ossessivo e la reiterazione di frasi e concetti dello scrittore austriaco. Il protagonista del romanzo si trova nella stanza del camino che era già stata la camera ardente di padre, madre e sorella, la stessa stanza nella quale nutre propositi suicidi. La rievocazione dei trascorsi familiari nel piccolo paese dove è cresciuto circondato da quelli gli “stupidi oziosi” del paese, che ricordano così da vicino quelli degli abitanti dei paesi della bassa Austria tante volte narrati da Bernhard e verso i quali lo stesso protagonista sembra nutrire lo stesso desiderio di annientamento (una critica implicita alla società piccolo borghese e al suo conformismo), va di pari passo con il tentativo della stesura di una narrazione in forma di romanzo sulle morti dei genitori e della sorella, i cui ambigui contorni sembrano collocarle in una grande allucinazione. Il metaletterario fa quindi irruzione nel romanzo. Il tentativo di scrittura di un romanzo da parte del protagonista si avvale della costante presenza medianica di Thomas Bernhard, del resto il titolo lo dice chiaramente e uno stesso passo lo esplicita: “vengo immobilizzato dal rumore dei tasti premuti con forza dalle dita veloci dello scrittore che si è messo in collegamento telepatico con il flusso dei miei pensieri, e inizio un’immagine di questo ladro di idee che vuole produrre con i miei pensieri un romanzo, e l’unico che potrebbe fare una cosa del genere è Thomas Bernhard, l’unico scrittore di cui ho letto tutto…”. La presenza costante e quasi ingombrante di Bernhard lo porta alla convinzione che questo si sia messo in collegamento telepatico con lui al fine di scrivere il suo capolavoro, cosa quanto mai improbabile e allucinatoria per un autore morto il 12 febbraio del 1989, ma è altresì vero che la lettura e la scrittura, che spesso ne è il naturale proseguimento, è un entrare in comunicazione con l’altro e con l’altrove. Più di un sospetto circa questa medianica presenza può nascere. Del resto cosa di più “bernhardiano” di passaggi come i seguenti: “Sì, sono convinto che mia madre volesse farci fuori” oppure “La speranza non è che un sintomo dell’autodistruzione, il sintomo più schifoso perché ti dà la possibilità di credere che ogni fallimento sarà l’ultimo e che, dopo non ce ne saranno più” o ancora “è proprio questo il peggior difetto dell’umanità, pensare che sia possibile amare un proprio simile e che questo amore debba dare avvio alla riproduzione”, insomma il tipico pessimismo “bernhardiano”, così estremo da apparire quasi ironico se non leopardiano, ribadito in più occasioni dal protagonista di questo che sembra diventare quasi un raggelante pamphlet del protagonista sulla condizione umana: “L’amore non è altro che il tentativo di plagiare un altro essere umano, di farlo sentire succube di un buon sentimento che la natura non contempla”. In questo desolante e cupo labirinto esistenziale e allucinatorio lo stesso protagonista arriverà persino ad avere un “vero incontro” con Thomas Bernhard, verso il quale il romanzo di Martino Ciano deve essere considerato un grande atto di amore, confezionato dal suo autore con una nitida scrittura e uno stile avvolgente, perché forse non è del tutto vero che l’amore o gli amori non esistano, quantomeno quelli letterari, come dimostra il romanzo di Martino Ciano, amori e affinità che vanno oltre il tempo, lo spazio e le contingenze.

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