L’amore vasto catalogo di esperienze. Peppe Fiore e le vertigini

Un temporale investe Roma, allaga le strade e affonda le certezze di Flaminia, donna di successo e moglie di Carmine, accusato di riciclaggio. Ne “Gli innamorati” Peppe Fiore si immerge in certe relazioni contemporanee, quando tutto crolla, nella mondana borghesia della capitale, nella prima repubblica…

L’implacabile rottura della geometria amorosa, una dinamica che non appartiene solo alle coppie, ma in qualche modo può estendersi alle società. Flaminia e Carmine, i crepacci e le trappole dell’esistenza, i loro sentimenti («il contrario della realtà») avviluppati dal loro caos presente e magari da nuovi equilibri, e una Roma di una quindicina d’anni fa che non è affatto sfondo, ma presenza vivissima, in primo piano. E poi domande eterne, che non tutti sono capaci di esprimere con tanta esattezza. Per esempio:

Legarsi così tanto a uno che non sei tu, arrenderti e consegnargli pezzi interi di te stessa senza nessuna garanzia di restituzione.
Che cosa resta di noi quando ci siamo dati fino a questo punto all’altro? Era un pensiero che dava le vertigini.

Il salto di qualità

Non ho contezza del lavoro come sceneggiatore di Peppe Fiore, a cominciare dall’acclamato prodotto televisivo Marefuori, ma ho letto i suoi precedenti romanzi e sento di poter dire che quest’ultimo conduce l’autore napoletano in sentieri che prima o poi toccano agli autori capaci di restare nell’immaginario, arriva un volume che fa fare il salto di qualità, che li riposiziona in un certo modo e difficilmente li fa tornare indietro. Se, come scrive Peppe Fiore, «l’amore è un vasto catalogo di esperienze», il suo più recente libro, edito da Einaudi, Gli innamorati (232 pagine, 19,50 euro) è il catalogo perfetto delle relazioni contemporanee, specie quelle patinate e invidiate, quelle nate dal nulla, che poi si sono trasformate, nel bene ma soprattutto nel male.

Una lama che fruga in una coppia

Peppe Fiore sa parlare contemporaneamente dei guai di certa borghesia romana, e delle pecche della classe dirigente della prima repubblica. E sa insinuarsi in una coppia, frugare dentro una relazione ora con un fioretto, ora con una sciabola. Flaminia Aloisi e Carmine Rebora sono, rispettivamente, un’esperta d’arte, responsabile di un museo capitolino, e un architetto di successo, una coppia molto invidiata, con una figlia, Diana, più pronta e meno confusa dei genitori. Li circonda il cinismo, la sfrontatezza, certo esibizionismo scintillante di benessere, di mondanità si nutre il loro amore che, dopo diciotto anni, è solo un pallido gemello della sfrenata passione della prima ora e dei primi tempi, di un loro pazzo viaggio in California: hanno molto, forse tutto, eppure sembra che abbiano smarrito qualcosa, quello su cui sin reggevano. Un’accusa di riciclaggio ai danni di Carmine sembra incrinare quel mondo in cui si muovono con disinvoltura ed eleganza.

Si frantumano certezze e illusioni

Dietro il potere, il lusso, il perbenismo (soprattutto quello della famiglia d’origine di Flaminia, padre democristiano e dirigente televisivo), dietro quello che si spezza c’è la crisi di una coppia e il tentativo di ricomporre anime, emozioni, situazioni, complicità e silenzi, di tenere assieme quello che invece si sta frantumando. Naturalmente non sono tutte pagine che si reggono sull’amore che vacilla, quelle de Gli innamorati. Dal lavoro alla relazioni con i padri dei protagonisti, all’arte fra fallimenti e successi, all’arte della menzogna, Peppe Fiore, non perde di vista, la disgregazione delle certezze e delle illusioni, anche in chiave simbolica e straniante. Si pensi a una sorta di premonizione, il temporale che investe Roma, paralizzandola per giorni e giorni, allagando strade e affogando le certezze di una vita, quelle di Flaminia…

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