Krupitsky, la mafia italoamericana con gli occhi delle donne

Due amiche, due solitudini, al centro de “La Famiglia”, esordio della californiana Naomi Krupitsky. Una storia lunga vent’anni nella Brooklyn della mafia italoamericana, fra segreti, regole ed equilibri apparentemente immutabili, tra senso di appartenenza e soggiogamento. Senza molto spazio per la speranza…

Legami che diventano vincoli, storie che non possono essere raccontate, sogni impossibili da avverare. Quello de La Famiglia (351 pagine, 18,50 euro) – debutto letterario di Naomi Krupitsky, libraia e editor californiana, edito in Italia nel 2022 da Rizzoli con la traduzione di Annamaria Raffo – è un microcosmo fatto di detto e non detto, di dicibile e indicibile, di realizzabile e irrealizzabile. 

Definito “ammaliante” da The Washington Post, il romanzo di Krupitsky racconta l’amicizia tra Sofia Colicchio e Antonia Russo, seguendo l’evoluzione del loro rapporto dal 1928, quando hanno solo sei anni, al 1948. 

La storia è ambientata interamente a New York e più precisamente nella Brooklyn di inizio Novecento attraversata dai traffici della mafia italoamericana (e non solo). É qui che Sofia e Antonia crescono entro i confini delineati dalle proprie famiglie, legate da affetti e affari, ma soprattutto entro quelli imposti dalla Famiglia, l’organizzazione mafiosa per la quale entrambi i padri lavorano.

Lo spartiacque

Un equilibrio apparentemente immutabile, fatto di segreti da mantenere e regole da seguire – tra cui i pranzi domenicali a casa del boss Tommy Fianzo – e attraversato da continue paure e incertezza.

Tutto cambia però quando Tommy Fianzo ordina la sparizione di Carlo, padre di Antonia, colpevole di aver cercato di abbandonare la Famiglia per garantirsi un futuro libero dai vincoli che questa impone a lui e ai suoi cari. Una morte inaspettata (quasi per tutti) che segnerà per sempre le vite di Antonia e di sua madre Lina, ma anche quella di Sofia e dei suoi genitori Joey e Rosa; un vero e proprio spartiacque che obbligherà tutti, ciascuno a suo modo, a trovare un modo per sopravvivere. 

La scomparsa di Carlo determinerà l’evoluzione dei destini dei protagonisti. Cambierà di certo quelli di Antonia e Sofia, che da questo momento in poi metteranno più volte in discussione il rapporto che le lega e, con esso, quello che le lega alla Famiglia, ma anche quello di Joey che, in seguito all’accaduto, assumerà per ordine di Fianzo il controllo del territorio di Red Hook legandosi definitivamente alla Famiglia, così come quello di Lina che per resistere al dolore si isolerà da tutti, senza tuttavia riuscire a distaccarsi da chi le ha provocato così tanta sofferenza.

Una struttura a centri concentrici

Una trama dal ritmo avvincente e una scrittura capace di proiettare il lettore nel clima del primo Novecento statunitense – segnato dalle precarietà generate dai due conflitti mondiali e dalla prima grande crisi del sogno americano – fanno de La Famiglia un romanzo dalle grandi potenzialità narrative. Un racconto costruito attraverso una struttura a cerchi concentrici, che contiene al suo interno le vicende delle famiglie Colicchio e Russo, quelle della Famiglia e dei suoi antagonisti, e quelle che hanno attraversato la storia del Novecento (la guerra, le migrazioni, la Shoah), introducendo temi e punti di vista originali in una narrazione, quella sulla mafia italo americana, che può vantare una grande tradizione letteraria. 

Novità fondamentale de La Famiglia è soprattutto quella di posare uno sguardo femminile su un mondo interamente maschile e nel quale, da sempre, le donne hanno ricoperto e ricoprono un ruolo subalterno. Un punto di vista che si concretizza nel racconto di due personalità, quelle delle protagoniste, molto diverse tra loro e per tale ragione affini e complementari: da un lato Sofia (“un animale dagli occhi scuri”) dalla natura imprevedibile, istintiva e ribelle, dall’altro Antonia, pacatamente curiosa, riflessiva e ostinata. 

Due figure accomunate da un destino di solitudine, a cui sono esposte sin da bambine, e dall’impossibilità di svincolarsi dai limiti imposti da una Famiglia che è per loro madre e matrigna. 

Identità negate e maternità

Il romanzo di Krupitsky è anche un racconto sulla maternità e sui diversi modi di esercitarla. Sono molte le madri che trovano spazio all’interno del racconto: in primis Sofia e Antonia, che lo diventeranno attraversando molti tormenti e che, con loro sorpresa vivranno questa esperienza in modo del tutto inaspettato, ma anche Rosa e Lina, che ricopriranno un ruolo determinante nel momento cruciale della storia. 

Prima di ogni cosa La Famiglia è però un romanzo che parla di identità e di identità negate. Non è un caso che, a un certo punto del racconto, Sofia arriverà a chiedersi: “Chi posso essere?”. Per tutto il romanzo l’appartenenza alla Famiglia rappresenterà il principale limite alla costruzione autonoma del proprio essere. Sarà un tema che accomunerà tutti i personaggi, condannandoli a rinunciare al proprio progetto identitario, costringendoli a realizzarlo all’interno dei rigidi schemi dell’organizzazione (come a un certo punto, così come prima di lei aveva fatto Joey, proverà a fare Sofia) o obbligandoli (come accadrà a Saul, marito di Sofia) ad assistere alla distruzione e all’annullamento della propria essenza.

Spaccato storico e culturale dell’America di una volta, La Famiglia di Naomi Krupitsky evidenzia gli effetti della negazione delle libertà individuali e con essi la messa in discussione delle aspettative. Un racconto che non lascia molto spazio alla speranza, in un continuo rimbalzo tra il senso di appartenenza e il soggiogamento, tra il cambiamento e il mantenimento, in un modo in cui la violenza diventa collante principale e la morte il punto di partenza per la prosecuzione della vita.

Un buon esordio, seppur con qualche approssimazione nella trama, che si distingue per un ritmo coinvolgente e che trova il suo apice in un preambolo difficile da dimenticare.

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