Latronico, cercando bellezza (consapevoli dei propri limiti)

La vita invidiabile, stimolante e patinata di una coppia di italiani a Berlino. Lo spaesamento e la crisi. Un futuro da scoprire, tra possibile impossibile e limite. “Le perfezioni” di Vincenzo Latronico è un romanzo vorticoso, in cui la scrittura e la lingua sono ora soavi e lievi, ora affilate e dentellate

Una coppia di giovani innamorati, Anna e Tom, dalla vita apparentemente perfetta: una splendida casa in una città in perenne evoluzione — Berlino —; un lavoro creativo, ben retribuito, i cui tempi, luoghi e spazi possono essere facilmente gestiti, perlopiù da remoto; una cerchia di amici ricca di contatti, interazioni e scambi, la quale si rinnova periodicamente, grazie ai nuovi arrivi in città; serate brillanti e infinite, che spesso iniziano il sabato mattina e di ora in ora, dopo una birra, altro alcol e qualche droga, scivolano via e inesorabilmente tracimano nella domenica mattina; interessi comuni e stimolanti, le piante domestiche, la cucina, l’arte, i viaggi, qualche sperimentazione in campo sessuale, il gusto per il bello e i piaceri della vita, sono queste Le perfezioni di cui narra l’omonimo romanzo (144 pagine, 16 euro) di Vincenzo Latronico, Bompiani editore. Sullo sfondo e, al tempo stesso, in primo piano, perché sempre al centro della narrazione, risplende e ammalia Berlino, che pur non essendo “casa” per i due giovani protagonisti e i loro amici “berlinesi” — tutti espa(triati) come loro —, a suo modo lo diventa, cementando tra loro quelle giovani vite sospese tra ciò che loro appartiene e forse li definisce ancora — la terra natale, la famiglia, gli affetti, una lingua e cultura —, ma resta lontano, quasi rimosso, e ciò in cui sono immerse e di cui vivono, sentendolo loro — l’internazionalità e la modernità di cui si nutre e vive Berlino —, ma non gli appartiene — la terra e la città di adozione, la sua lingua e cultura, la sua gente, cui Tom e Anna e gli altri espa restano per lo più estranei.   

Le crepe e la mediazione

È una vita invidiabile, o almeno così appare, quella di Anna e Tom, filtrata attraverso le immagini che loro stessi postano sui social o di cui si nutrono, navigando in rete. Guardata più da vicino, tuttavia, quella vita presenta delle crepe, rivela tutta la sua precarietà: essere espa non sempre è facile né semplice, la cerchia degli amici pian piano si assottiglia e, se osservata, al di là dei ritmi vorticosi dei vernissage delle feste e dei locali, in cui trascinarsi per tirare tardi o traghettarsi oltre il fine settimana, si rivela instabile, volubile, filiforme, perché costituita da persone, sole o in coppia, che rientrano momentaneamente in patria, promettendo di ritornare, ma poi non tornano, e finiscono con l’essere meri nomi che compaiono e poi spariscono dagli inviti, dalle chat o dalle e-mail collettive. Quando poi passano gli anni, i nuovi arrivati in città sono diversi, hanno gusti linguaggi stili di vita e lavoro completamente differenti. Anna e Tom si sentono spaesati, entrano in crisi: si accorgono che qualcosa non va o manca, che vorrebbero altre vite o un altrove in cui ricominciare o, semplicemente, poter recuperare quella serenità svanita con i cambiamenti e il passare del tempo. Discutono, esitano, vacillano, infine decidono: lasciano temporaneamente la casa di Berlino, la subaffittano e con il ricavato e i loro risparmi girano un po’ per l’Europa, poi rientrano in Italia e si trascinano, con molta fatica, da un’illusione all’altra, da una nuova idea (e immagine) di vita soddisfacente al suo inevitabile fallimento. Si scorano, deprimono e scontrano, ma nonostante tutto restano insieme e, alla fine, dopo una lunga immersione e qualche smacco a contatto con la realtà e la vita vera, insieme crescono e scelgono di portare avanti le loro vite, mediando ogni giorno tra la perfezione delle idee e dei loro sogni e il mondo reale, in una costante tensione tra reale e ideale, leggerezza e stanchezza, spensieratezza, consapevolezza e impegno.

Una generazione   

Le perfezioni di Vincenzo Latronico è un romanzo vorticoso, in cui la scrittura e la lingua sono ora soavi e lievi, ora affilate e dentellate, cambiano colori e umori, si velano di sfumature molteplici e a un ritmo davvero incalzante (ri)costruiscono con precisione un mondo, descrivono un’epoca, disegnano una generazione, le sue illusioni e speranze, i suoi smacchi e il suo (possibile) futuro o, per lo meno, uno fra i molti verosimili e realizzabili. Anna e Tom diventano adulti e “imparano” a vivere, conciliando la ricerca spasmodica di Bellezza, con cui sono cresciuti e di cui voracemente si nutrono, con la consapevolezza del suo e del loro limite nel poterla attingere e realizzare.  

Anna e Tom potrebbero essere i figli dei vicini di casa, nostri amici d’infanzia, forse addirittura cugini, potremmo anche essere noi stessi, tanto sono figli del nostro tempo, dei suoi sogni, illusioni e cadute. Mentre Berlino, descritta come era all’inizio del nuovo millennio, è bellissima, attraente e seduttiva, sempre nuova e cangiante, sempre viva e stimolante. Una casa-non casa per chi ha sogni negli occhi e nell’anima, un luogo sicuro e confortevole proprio per la sua mutevolezza. 

Il taglio temporale

Interessante e originale è anche il taglio temporale, che definiremmo in un certo senso obliquo, costituito da quattro tempi — Presente, Imperfetto, Remoto, Futuro —, da cui si dipana la narrazione, a cominciare da un presente, fotogenico e iconico, fatto di immagini stupende di una vita altrettanto splendida e priva di sbavature, nei suoi minimi dettagli e frammenti, tanto perfetta da essere ammirata, rilanciata e visionata più e più volte da chiunque abiti una qualsiasi regione della rete o del mondo reale. L’imperfetto è, invece, il tempo evocativo, quasi epico, del passato in cui Anna e Tom hanno vagheggiato, costruito e abitato le loro perfezioni, mentre il remoto (ormai passato) è quel tempo in cui tutto quello splendore e meraviglia, quelle immagini riuscite e precise di una vita da rotocalco, o meglio, da timeline di una qualsiasi pagina social, preconfezionata e glitterata, si sono prima  incrinati, quindi increspati, infine, sgretolati. Il futuro, infine, è da creare e scoprire ogni giorno, in quel bilanciamento costante fra reale e ideale, tra possibile impossibile e limite, che è consapevole mediazione tra ciò che è spurio, imperfetto, faticoso e, spesso, sporco sudaticcio monco, e la sua immagine (e) ideale di immacolata perfezione, la cui libido è estatica vibrazione, nonché costante aspirazione verso l’infinito perfettibile e il suo contrario, quell’umano troppo mutevole e precario, spesso limitato e ibrido, decisamente poco attraente e seduttivo, diremmo quasi non bello, anzi bruttino, che è la vita di ogni donna e ogni uomo in questo nostro tempo (e non solo).

Una sorta di pellicola

Questa è la patina che si rivela attraverso la lettura, una sorta di pellicola che avvolge tutti, stringendo noi e le nostre vite in un abbraccio che è un’illusione, almeno nella nostra convinzione, quella che sia meglio mostrarci sempre all’apice, in cima alla vetta del successo, della felicità e del potere, anziché riconoscerci nella norma e dunque umani, non al top né tantomeno perfetti, semplicemente noi, diversi e quindi davvero, e letteralmente, individui distinti e unici.    

Le perfezioni e Latronico, in dozzina al Premio Strega 2023, ma non in cinquina, dove, a nostro avviso, avrebbero ben figurato, tanto da raggiungere e meritarsi persino il podio e stravincere — senza naturalmente togliere nulla alla vincitrice, al suo romanzo e agli altri quattro finalisti —, sono un romanzo sicuramente da leggere e un autore da seguire.

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