Ironia e autoironia, i racconti modernissimi di Annie Vivanti

Rilanciato ancora, con la riproposta dei racconti “Il fascino delle solitudini”, il nome di Annie Vivanti, scrittrice di successo planetario nel primo Novecento. Autrice popolare, cosmopolita e impegnata, interpreta in modo esemplare la forma breve, attingendo anche al proprio vissuto…

Riemerge periodicamente la figura di Annie Vivanti che, in vita, ebbe notorietà e una vita piena, allergica agli schemi sociali. Ironica, disinvolta, anche dura e tormentata, protagonista di battaglie politiche e sociali. Da giornalista di costume, drammaturga, romanziera di bestseller tradotti in varie lingue, autrice di novelle e reportage. A cavallo tra Ottocento e Novecento piuttosto popolare, scrivendo per alcune riviste di costume come di guerra, di colonialismo come di maternità. Figlia di un esule mazziniano e di una scrittrice tedesca, di lingua madre inglese, cosmopolita per vocazione e storia familiare, lodata in vita da Benedetto Croce e Matilde Serao, Annie Vivanti è stata “accantonata” nel dopoguerra, probabilmente anche per i rapporti amichevoli con Mussolini, tramandata giusto come musa di Carducci, che fu importante per la sua affermazione nel mercato editoriale italiano. Sostegno che, però, non può limitarne e oscurarne il valore.

Tumultuose parabole femminili

Annie Vivanti – nel 1890 a 24 anni il suo esordio, con dei versi, ebbe proprio la prefazione di Carducci e fu pubblicato da Treves, il top dell’epoca – si affermò in modo globale, sostenuta da critico e pubblico, nel quindicennio fra il 1912 e il 1927, quando si stabilì definitivamente in Italia (dopo aver vissuto fra Usa e Gran Bretagna), senza rinunciare ai viaggi all’estero. Il mondo femminile e le donne come protagoniste, in ambito familiare e sociale, emergono prepotentemente nelle sue pagine: passionali, audaci, vittime, madri. Insegue e disegna varie parabole femminili, non sempre ma talvolta servendosi di suoi alter ego, dalla vita tumultuosa. Come quella di Annie Vivanti, che si concluse in miseria negli anni Quaranta, poco dopo la conversione dall’ebraismo al cattolicesimo, e qualche mese dopo la tragica morte della figlia, violinista di fama internazionale.

Disinvolta padronanza

La piccola, combattiva, meritoria casa editrice Readerforblind, nella sua più fortunata collana, Le Polveri, propone la raccolta di racconti Il fascino delle solitudini (211 pagine, 17 euro) di Annie Vivanti, con acuta prefazione di Nadia Terranova – un libro di grande successo il cui titolo originario era Zingaresca – dopo la pubblicazione, che merita nuova vita. Scrive con coraggio, ironia e autoironia (basti pensare ala novella che dà il titolo alla raccolta), Annie Vivanti, nei cui racconti non c’è traccia di provincialismo, e che dimostra di padroneggiare con disinvoltura la forma breve, di interpretarla – tra passato, futuro e quotidianità – in modo modernissimo: si pensi all’ottavo racconto, La scelta dell’argomento, costituito da bozze di articoli mai conclusi, o al breve La storia di Vivien, autobiografico, protagonista la figlia della scrittrice, precoce virtuosa del violino, o ancora a Giosuè Carducci, dove torna anche la figlia, e il somma poeta è il protagonista, definito come «amico adorato» e «secondo padre».

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