Sergio Baratto, setacciare la bellezza tra le ferite del tempo

Al capezzale di una nipotina morente, il nonno, Franco, ripercorre le tappe della propria esistenza che si intrecciano a eventi epocali e sono condizionate da un trauma del passato. “My favorite things” di Sergio Baratto, romanzo che ha come nume tutelare John Coltrane, racconta una storia toccante, con poesia e autenticità

Dammi tre parole? Poesia, malinconia, autenticità. Sono le prime tre parole che vengono in mente quando si chiude un libro con John Coltrane come nume tutelare, jazzista che a un certo punto compare anche, assieme al protagonista che si imbuca a un suo concerto. Musica, amore e morte sono altre tre parole che si stagliano e sono alimentate, capitolo dopo capitolo, inarrestabili, ineluttabili. Il romanzo in questione, pubblicato da Minimum Fax, è stato scritto da Sergio Baratto e ha un titolo che è una citazione dello stesso Coltrane, ovvero My favorite things (249 pagine, 18 euro). Terzo libro dell’autore, cinquantenne, è un volume non allineato a quelli che vanno per la maggiore, una storia toccante, con un magnifico epilogo che non lascia indifferenti, con atmosfere che restano addosso.

Suoni preziosi e parole giuste

Una scrittura tutt’altro che standard, quella di Sergio Baratto, che va a caccia di suoni preziosi, di parole giuste, esatte, sghembe, felici, malinconiche, non convenzionali. Franco Eugenio Mozzati si prende la scena, un anziano nonno, legatissimo alla nipote Amina, figlia di sua figlia Simona, nipote gravemente malata, alle ultime ore di vita. È il 2016, lui si guarda indietro, torna al passato, all’infanzia milanese negli anni Cinquanta. Il binocolo di chi legge si fissa ora sull’Unione Sovietica, fino a Černobyl’, ora sulla metamorfosi di un quartiere meneghino, quello di porta Romana, e di un’Italia che imbocca una discesa a partire dal G8 di Genova («Il ragazzo che hanno ammazzato in piazza Alimonda»), altro tassello del puzzle narrativo di Sergio Baratto, che affida un ruolo importante a Simona, la figlia di Franco, nei giorni insanguinati del capoluogo ligure.

Un tragico incidente

A pagina 190, in un capitoletto ambientato in un mercoledì del 1952, il lettore viene a conoscenza di un tragico incidente, di uno choc che ha traumatizzato Franco per il resto dei suoi giorni, condizionandone pensieri, parole e azioni. Una ferita individuale fra le ferite collettive di decenni, il protagonista si muove fra sensi di colpa ed eventi epocali. Eppure nelle sue scorribande spazio-temporali Sergio Baratto cerca di setacciare bellezza, provando ad allontanare la morte, a trattenere le persone e le cose che si amano: la musica di un genio come Coltrane, i sentimenti, gli affetti familiari eterni, la lotta, la verità. I buoni libri non insegnano la vita, ma quelli come My favorite things possono, in qualche modo, aiutare inconsapevolmente a impararla, ad amarla.

 

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