Alessio Torino, padri e figli (senza istruzioni per l’uso)

Tornano Corsi il Giovane e l’immaginario borgo marchigiano di Pieve Lanterna, alla fine degli anni Ottanta. “Cuori in piena”, romanzo di Alessio Torino, si riallaccia a “Tetano” e alla tradizione altissima di certo Novecento. L’affresco di quell’Italia è sincero e incantato, ma non ingannevole: non è un eden, il microcosmo evocato, fra dinamiche patriarcali, sovranismi ante-litteram, sospetti e giudizi su chi è “diverso”

Di vite traboccanti e dirompenti, di gioventù straripanti, di estati indimenticabili che inghiottono l’infanzia, alla fine degli anni Ottanta. Se sapete di cosa stiamo parlando e avete bisogno di rinfrescare le idee, di riaccendere certi ricordi, o solo di leggere a proposito di questi angoli di universo e di tempo, potreste apprezzare molto il più recente lavoro di Alessio Torino, marchigiano, quasi cinquantenne, che ha alle spalle un percorso di romanzi riusciti nella loro semplicità e complessità, storie minime ma in qualche modo epiche, accompagnate da una scrittura avvolgente e di grande precisione, linguistica ed emotiva. Chi, più di dieci anni fa, amòTetano, romanzo pubblicato da Minimum Fax e di recente riproposto da Mondadori negli Oscar, sappia che Alessio Torino ripesca Corsi il Giovane, protagonista di quel romanzo. È figlio di quel Sebastiano Corsi che s’è rifatto una vita e ha fatto fortuna a Roma, lontano da giudizi e pregiudizi del piccolo centro, lontano dalla «sedia del bar che diventava l’unico punto di osservazione del mondo». D’estate il figlio torna nei luoghi natali del padre, tra i boschi di Pieve Lanterna, ovvero un piccolo centro dell’Appennino umbro-marchigiano.

A capofitto nella prima adolescenza

Contraddizioni, audacia, amore, sesso, dubbi, sfrontatezze, rituali, violenza. Il menu di Cuori in piena (336 pagine, 20 euro), questo il titolo del romanzo di Alessio Torino, per Mondadori, che si riallaccia a Tetano, è variegato e dai sapori fortissimi. A differenza di molti colleghi che patiscono il passaggio dalle sigle indipendenti alle major editoriali, Alessio Torino da Minimum Fax a Mondadori non ha subito particolari, contraccolpi, anzi, ha proseguito gagliardamente sulla strada avviata agli esordi: congegni narrativi notevoli, dialoghi credibili, non artefatti. Sono pagine, queste sue ultime, che si tuffano nella prima adolescenza a capofitto, riemergendo appena da «fondali» che non si toccano, per respirare e prendere ossigeno per pochi istanti.

… anche se non eravamo più bambini, ci eravamo appena casualmente tenuti la mano in questo mondo dove la paura è così grande che a scendere, scendere e scendere, non si tocca mai il fondale.

Un mondo senza virtuale e digitale

Senza disquisire e moraleggiare sulla distanza dei giovani d’oggi e quelli di un terzo di secolo fa (che s’accontentavano di biciclette e zucchero filato), è chiaro che leggendo Cuori in piena ci si trova catapultati in un mondo che non esiste più, pressoché privo di virtuale e digitale. I genitori di Corsi, Giorgio Angradi e Achille Spada erano amici inseparabili, prima che il corso delle cose frapponesse fra loro distanze incolmabili. C’è un altro padre legato a quelli di questo gruppetto di amici: è Arcangelo Gori, Arcacciolo, anima a pezzi, bersaglio della gente che mormora, capro espiatorio in cui convogliare colpe non necessariamente sue. Non c’è più suo figlio Andrea, morto annegato, trascinato dalle correnti. Uno choc che lascia il segno sul padre e su tutta la comunità, tanto che Corsi il Giovane dovrà giurare al padre di non avvicinarsi nemmeno alle Caldare, questo il nome del corso d’acqua, per andare regolarmente in vacanza nelle Marche.

I primi turbamenti amorosi

I passi iniziatici di un’età con vista su quella adulta, gli scossoni dei legami irrisolti fra figli e padri (talvolta sembrano fantasmi, rispetto a loro sono più presenti le nonne…), i turbamenti – amorosi, ma non solo – dei giovanissimi protagonisti (Corsi “sbanda” per la belga e bella Céline, nipote di minatori, figlia di un emigrato tornato a casa per le ferie), portano dritto Alessio Torino nel cuore di una tradizione che guarda, almeno nei temi, al Novecento. E non è un male. L’affresco di un’Italia così lontana, così vicina, è sincero e incantato, ma non ingannevole: non è un eden, il microcosmo evocato, fra dinamiche patriarcali, sovranismi ante-litteram, sospetti e giudizi su chi è “diverso”, gli zingari giostrai, o anche solo Arcangelo Gori, in generale chi non è allineato alle regole sociali. C’è la vita, che può sembrare insensata, in Cuori in piena, ma senza istruzioni per l’uso, la vita con le insidie e con i contraccolpi, la vita con i segreti che scompaginano tutto; c’è un ritrovo dei giovanissimi protagonisti, che è un’incompiuta, un’opera interrotta per il fallimento di un’impresa edile, il Grand Hotel Tetano, dove nascondere… vodka e giornaletti porno. C’è anche un crimine, e c’è una spietata caccia all’assassino del cane Asha, setter di Giorgio. Ma non è di un noir che stiamo scrivendo.

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