Ferrazzi, delitti, ritorni e un’ombra femminile

“Modus in rebus” di Riccardo Ferrazzi è l’intreccio di tre vicende torbide e inquietanti. Tra illusioni e avventure – distanti nel tempo e nel luogo – il protagonista, Vittorio Fabbri, cerca la verità, un colpevole, ma soprattutto la donna che da ragazzo lo ha stregato

Che cos’è Modus in rebus (304 pagine, 19 euro) il nuovo romanzo di Riccardo Ferrazzi da poco pubblicato per Morellini? La storia di Vittorio Fabbri è una sorta di viaggio onirico in tre tempi, alla ricerca del modus in rebus, della legge della natura, e dei suoi limiti. Protagonista assoluta la Spagna, la città di Salamanca, cui fanno da contraltari Madrid e Milano. Una vicenda – o meglio tre vicende, legate da una serie di richiami e vissute dal protagonista – che si fa torbida, inquietante. Una storia di tormenti, di dubbi e di forse, a tratti onirica, a tratti dai richiami noir.

Un dramma in tre atti

Primo atto: Spagna. La vicenda di Vittorio Fabbri si apre con i colori e i paesaggi dell’ovest. Siamo a Salamanca, città di occhi, orecchie, ambiguità e penombre, reticenze e silenzi. Un luogo di maschere, quelle dietro le quali si nasconde Maite, la donna di cui Vittorio si innamora. Il protagonista frequenta una compagnia di amici, o almeno crede siano tali, finché un oscuro omicidio non scombussola i rapporti e scolla la realtà dei fatti da un sottile gioco di finzioni e nascondimenti che mandano in crisi Vittorio. Salamanca diventa così “una città di gente austera, che avrebbe volu­to camuffare un omicidio da incidente solo perché non tollerava l’idea della trasgressione; gente che si creava complicazioni pazzesche quando la vita li obbligava a fermarsi, indietreggiare, avventurarsi per sentieri con­torti”. È tempo di fuggire: Vittorio torna in Italia. È un uomo d’affari e non si ferma un istante, cercando di dimenticare i sogni del passato e le sue illusioni mai risolte. Trascorrono vent’anni, ed è in questo spazio temporale che si agita il pendolarismo del primo atto, tra ieri e oggi, tra quelle notti brave e il rovello che porta il protagonista a indagare, tornando sui propri passi, sulle proprie scelte, sui propri forse.

Il pensiero della donna amata e avvolta da un’aura misteriosa diventa ossessione, e ossessionante è il legame sotterraneo che sembra accompagnare la vita di Vittorio, un’ombra che lo insegue: reale o solo sognata? Secondo atto, solo apparentemente slegato dal primo: siamo a Milano, nell’ambiente dei salotti letterari dove, ancora una volta, il protagonista si trova suo malgrado – o forse no? – in una vicenda di apparenti delitti, con strani viavai di personaggi e molte, ancora troppe domande legate a una donna incredibilmente somigliante a Maite. Una nuova crisi accompagna dunque al terzo atto, un soffocante esito affollato di domande e ombre sempre più lunghe e inquietanti, che intreccia fuga e rassegnazione alla teoria di un inesistente “modus in rebus”: nessuna legge governa la totale causalità dei fatti e Vittorio, forse testimone di un delitto, forse suo malgrado coinvolto e manipolato, si deve rassegnare.

Dentro al copione

Il copione del dramma allestito da Ferrazzi è quello di una ricerca fallita: Vittorio cerca la verità, cerca un colpevole, ma soprattutto cerca la donna che da ragazzo lo ha stregato, l’unica, forse, che abbia mai davvero amato. Cerca di capirla, e di capire sé e la realtà sfuggente e trasognata. Maite è una creatura di questa realtà, sfuggente come i fatti: non si vedono i suoi occhi, non si conosce la sua identità, il concetto di verità vacilla tra le sue parole. E mentre Vittorio vorrebbe sapere, e progressivamente si avvicina, si scontra e poi si riallontana, Maite ricompare. È davvero lei? E chi è la voce che, nella premessa alla storia, ci annuncia di avere davanti agli occhi e stare per leggere il resoconto dei fatti scritto dallo stesso Vittorio?

Gli omicidi che costellano le vicende di Vittorio danno un sapore noir al dramma: efferati, ambigui, irrisolti. Sono fatti di sangue pieni di complotti, voltafaccia, insabbiamenti. Su tutto domina un grigio irrisolto contro il quale, in tutti gli atti di questo copione, il protagonista si scontra, ferendosi e imparando. “L’amore è una sfida, ogni sfida è un pericolo e ogni pericolo fa paura” avvisa la voce femminile che introduce il lettore alla storia: si tratta di rischiare. Sfuggente come la trama dei tre atti e la sua ombra femminile, Maite è al centro di questa storia di avventure,  illusioni, ricerche e riscatti irrisolti.

I fantasmi amari del ritorno

Sul rischio, infatti, si innesta il filo del ritorno, un motivo costante che accompagna il protagonista: un tormento, un rovello, a ogni atto sempre più stringente, più perfido, più ambiguo e sfuggente. Non ci saranno risposte, solo un imbuto sempre più stretto avviluppato ai dubbi. Inseguito dai fantasmi della sua giovinezza spagnola, e caduto nell’oscuro lago di una trama delittuosa la cui verità fatica a definirsi, Vittorio non fa che scontrarsi per tutta la vita con l’illusione di conoscere la realtà. Tutto è ambiguo, cangiante, le città e le persone, anche quelle conosciute e amate, cambiano improvvisamente faccia e abbracciano in una rete soffocante: non ci sono regole.

I ritorni corrispondono dunque a fughe: da una realtà inaspettata e imprendibile Vittorio scappa ed è insieme attratto, vittima del mistero alla ricerca inesauribile di un “modus in rebus”. I tre atti di questa storia non sono che l’infittirsi nelle tenebre: scrivendo la propria vicenda – ricordiamo che, manzonianamente, il romanzo ci viene presentato come la cronaca dei fatti scritta da Vittorio – il protagonista cerca la luce per uscirne, e in fondo non fa che cercare se stesso. Ecco dunque il ritorno e la fuga farsi viaggio onirico, senza perdere la venatura noir che dà coesione all’intero romanzo, la misteriosa Maite e le sue trame equivoche, i travestimenti e le bugie.

Atto dopo atto, seguendo i fili angoscianti di ciò che gli accade intorno, Vittorio e le sue ossessioni verranno a patti con l’amara constatazione che non c’è soluzione, non c’è chiarezza, è impossibile. “Il vero modus in rebus è la percezione di quanto è incomprensibile la realtà che ti circonda. Quando ti piove addosso questa consapevo­lezza fai un viaggio, cambi impiego, ti sposi o divorzi” scriverà, lui che è stato fuggiasco tutta la vita, “A questo mondo non si chiarisce mai niente e si tira avanti cercando di non pensarci”.

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