Scomoda e audace, Valentina Durante perlustra gorghi familiari

Eleganza della forma, sostanza dei contenuti, profondità di pensiero: è un romanzo che non può passare inosservato “L’abbandono” di Valentina Durante. Con una scrittura nitida e algida si illuminano segreti e orrori inconfessabili di una famiglia segnata dai silenzi e dalle violenze psicologiche di un padre dispotico, e un legame forte, assoluto, morboso tra un fratello e una sorella

Non è semplice farsi largo, in generale, in libreria, ma talvolta nemmeno fra le novità della propria casa editrice. Eppure tra grandi classici (Oates, Zavattini, Fosco Maraini) e novità di rilievo (Dentello, Covacich, Durastanti, Pellegrino e Voltolini, di cui abbiamo scritto qui) che la Nave di Teseo ha portato in libreria nelle ultime settimane, si fa notare per eleganza della forma e sostanza dei contenuti la più recente opera di Valentina Durante, che ha all’attivo un altro paio di romanzi, con Laurana e Voland. Scorci psicologici, dialoghi serrati e non artificiali, consapevole immersione nel brodo primordiale della vita vera, non patinata, non campata in aria. L’abbandono (300 pagine, 20 euro), terza prova narrativa di Valentina Durante, edita da La Nave di Teseo, colpisce perché abbina a un’estrema leggibilità – la prosa cristallina autorizza a pensare a un certosino lavoro sulla singola frase e su ogni parola – una profondità di pensiero e una varietà di motivi da classico, più che da esemplare della narrativa d’oggi.

Una forzata coabitazione

Una prosaica e difficile convivenza tra un padre e una figlia, Anna – che hanno in comune l’esperienza d’essere stati “abbandonati” dai rispettivi partner; il padre è vedovo, la moglie è morta di cancro, la figlia è separata dal marito, tornata a casa per necessità – occupa le prime decine di pagine del volume, quando i due tornano ad abitare assieme. L’anziano padre, malmesso e diabetico, a malapena autosufficiente, che fa capolino nei primi capitoli, nelle prime ore vien da dire (la vicenda, al netto di flash-back e ricordi si sviluppa nel giro di poco più di otto ore, dal pomeriggio alla notte), ha un trascorso da genitore dispotico, che ha pesantemente condizionato la vita dei due figli, la copywriter Anna (che indossa sempre, non casualmente, un paio di guanti bianchi) e il cardiologo di fama internazionale Stefano. L’inaudita violenza psicologica che il padre, tra silenzi crudeli e umiliazioni, ha riservato alla moglie e ai figli lascia il segno anche a distanza di tempo, quando orrori e segreti riemergono, vengono a galla.

Due scalatori nella bufera

Anna vive di nostalgie, struggimenti, incubi, buchi neri della memoria; il padre si dedica inspiegabilmente a misteriosi dossier; il fratello, inizialmente assente, allontanatosi dalla sorella e dal resto dei familiari, torna alla base per una cena di riconciliazione con la sorella, in cui dar conto di un legame assoluto con la sorella, morboso, in qualche modo un rapporto di solidarietà («due scalatori sorpresi dalla bufera che, trovato riparo sotto un costone di roccia, si stringono come meglio possono per non morire assiderati») per resistere alle oscure dinamiche del nucleo familiare, scatenate dal padre. Sono tanti gli interrogativi che non trovano risposta, molteplici le incomprensibili ambiguità. È bellissimo il contrasto tra una scrittura algida e nitida e le emozioni caldissime che affiorano. Più profondi sono i gorghi familiari, più bui gli anfratti, più Valentina Durante è abile a illuminare con la forza della letteratura il compito del lettore: non semplicemente emozionarsi, farsi coinvolgere, identificarsi, ma vivere una storia così violentemente da sentirla addosso. Un romanzo consigliatissimo, che è un grande dono.

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