Naufragi e prigioni: l’universo poetico di Francesco Campagna

Un ripiegamento interiore spassionato e autentico caratterizza i versi di “Naufragare”, raccolta del siciliano Francesco Campagna, poeta alle prese con la malinconia e la sofferenza della vita. Un io sempre in primo piano, con cui è possibile immedesimarsi…

Il titolo è un manifesto programmatico e richiama a cotanta tradizione. Si parla di Naufragare (110 pagine, 15 euro), silloge del siciliano Francesco Campagna, docente e agitatore culturale sui social, che pubblica un libro piuttosto significativo per la casa editrice Bertoni. Dalla chiosa leopardiana de L’infinito al metafisico e ossimorico titolo (Allegria di naufragi) del primo vero libro di Giuseppe Ungaretti, per citare solo alcuni dei maggiori poeti italiani, il vocabolo in questione, variamente declinato, è centrale negli ultimi secoli della poesia italiana. E ha a che fare più con illusioni e disastri, che con altro. Naufragi più che altro interiori, s’intende. Francesco Campagna – che aveva già un paio di titoli alle spalle, lontani nel tempo, prove giovanili, immaginiamo – più che con i verbi o con la punteggiatura, si mette in scena e si mette in gioco, da buon poeta, con le figure retoriche e con un ripiegamento interiore spassionato, onesto, autentico, eterno ritorno al dolore e alla vita.

Vivo dunque scrivo
Scrivo dunque grido
Grido dunque soffro
Soffro dunque vivo

C’è anche un amore concluso

«Nelle mie vene scorre l’Inverno di Vivaldi» è il congedo di una delle liriche più intense e coinvolgenti della raccolta, Mi arresi. Incombe un amore consunto, finito, dopo una lunga agonia, un senso d’appartenenza smarrito. L’io è in primo piano, indubitabilmente, ma più ci si inoltra nei versi di Francesco Campagna, più si fa i conti con la sofferenza e la malinconia, connaturate nell’esistenza umana ed evocate in modo semplice, eppure perentorio.

Il mestiere di scrivere
dipingendo la pioggia
negli occhi ciechi
raccontando
il fango sui ciliegi

Ogni giorno è un cimitero vivente
La ronda dei carcerati

Se il lockdown incombe

La lirica Marzo 2020 rimanda a uno dei periodi più tragici della storia recente, al lockdown per la pandemia da Covid19, che ha stravolto la vita di molti. È uno degli snodi della raccolta di Francesco Campagna, con il mistero e lo stupore di vite costrette a disfarsi, con una sensibilità capace di fotografare da un punto di vista obliquo ma, al tempo stesso, in cui è possibile immedesimarsi.

Brucia questa mia prigione ansiogena
Ogni giorno sempre più stretta
ogni giorno sempre più vuota
Brucia come un falò di mezza estate
Brucia perché là fuori è una landa desolata

La lingua è ricca di suggestioni e riferimenti, tutt’altro che standard, talvolta contaminata da termini stranieri, in modo felice. Ad aprire e concludere il volume ci sono due scritti, il primo di Gisella Blanco e il secondo di Antonio Fiori, che sono faro e bussola per entrare pienamente nell’universo poetico di Francesco Campagna, un luogo da cui si fa fatica ad allontanarsi senza che qualche suo verso rimbombi in mente.

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