Attenberg: “Io, brutalmente onesta con le mie donne”

La scrittrice statunitense Jami Attenberg racconta i suoi personaggi, e in particolare Andrea di “Da grande”, non escludendo per il futuro un protagonista maschile. E dice la sua sulle tante colleghe che periodicamente sono lanciate come “the next big thing”…

È una delle voci più originali della letteratura statunitense e sta percorrendo l’Italia da nord a sud per incontrare i lettori e dialogare con loro sull’ultimo romanzo pubblicato da Giuntina, Da grande (160 pagine, 15 euro), tradotto dalla scrittrice siciliana Viola Di Grado. Jami Attenberg, classe 1971, resta fedele alla casa editrice fiorentina, con cui ha pubblicato in precedenza altri due suoi romanzi, I Middlestein e Santa Mazie. Si racconta e racconta la sua ultima eroina, Andrea, quarantenne single e cinica, per nulla interessata a matrimonio e figli…

Attenberg, donne fuori dagli schemi rendono indimenticabili i suoi romanzi. In futuro punterà su un protagonista maschile?

«Ho scritto da una prospettiva maschile ne “I Middlestein” e in “Santa Mazie”, ma in generale le mie protagoniste sono e saranno sempre donne. Mi colpiscono più degli uomini. I miei personaggi femminili sono intelligenti e complicati, cercano di trovare la loro strada verso la libertà. Penso sia anche un atto femminista centrare i miei libri sulle donne. Scrivere di un protagonista maschile sarebbe la cosa più radicale che potrei fare, mi piacerebbe provare. Ma non a breve. C’è ancora molto da dire sulle donne».

Nelle sue protagoniste quanto conta davvero la componente ebraica?

«Cambia da libro a libro. Ovviamente ne I Middlestein la cultura e la fede ebraica sono estremamente importanti per il personaggio principale, Edie. Per Andrea in Da grande é meno importante. Fa parte di quello che é, della sua voce e identità, ma non é qualcosa a cui pensa attivamente. Nel libro a cui sto lavorando ora, ci sono pochi personaggi principali che non sono ebrei e mi ha divertito molto scrivere di loro. Ciò che spero di più é che i miei personaggi possano essere sentiti come universali, poco importa la tua cultura, fede o ambiente».

In Da grande racconta inadeguatezza e solitudine di certi quarantenni. Crede d’essere stata più crudele o tenera?

«Sono brutalmente onesta coi miei personaggi. Andrea è particolare, imperfetta in tanti modi. Solitaria, a volte, ma anche fieramente indipendente. Non la descriverei come inadeguata. È estremamente competente, molto brava nel suo lavoro, intelligente e divertente. Fa anche molti errori. Ma chi non ne fa? Non conosco persone perfette. Volevo ritrarre una persona che sta cercando di capire cosa la rende felice e che riconosce di meritare d’esserlo».

Andrea crede che la famiglia coincida con i sacrifici e dove ci sono sacrifici l’amore si concluda o si affievolisca?

«Non so se pensa esattamente questo. Credo senta che possa funzionare così per lei, è quello che ha visto intorno. Ma nel profondo so che crede che il sacrifico sia possibile, anche se fa paura. Fa parte dell’essere adulto fare certe scelte e difenderle. Alla fine Andrea ne capisce il potere».

Alcol, droga, sesso. Andrea colma vuoti o li vive come “passaggi” verso l’età adulta?

«Penso che in qualche modo l’alcol serva ad Andrea per avere conforto, anche se é a volte la sua rovina. Il sesso é solo divertimento, anche quando non é un granché. Volevo scrivere di un personaggio con un’attitudine positiva verso il sesso. Non credo che tutte queste cose abbiano a che fare necessariamente col diventare adulti. È il modo in cui le gestisci».

Come ha collaborato con Viola Di Grado per la traduzione?

«Lavoravo con lei per la prima volta. Eravamo amiche prima, ammiro molto la sua scrittura, due dei suoi libri sono tradotti in inglese. Sono stata felice di collaborare. Parlandone insieme, mi ha permesso di vedere il libro in un nuovo modo».

Negli ultimi anni dal mondo letterario angloamericano periodicamente c’è tanto entusiasmo per qualche scrittrice, the next big thing, da Emma Cline a Sally Rooney, da Rachel Cusk a Elif Batuman, a Lisa Halliday? Entusiasmo sempre giustificato? Lei su chi punta per il futuro?

«Credo che tutti questi nomi siano più celebri del mio! Per esempio Rachel Cusk ha scritto molto più libri di me e sono tutti fantastici. Inoltre il libro di Emma è stato un vero successo in USA e nel resto del mondo. Sally ed Elif sono state nominate per premi importanti e ho visto il libro di Lisa Halliday in ogni libreria italiana. Credo che il modo per diventare una scrittrice di successo, tuttavia, sia di non pensare di essere the next big thing. È qualcosa di molto labile. È molto più importante avere una carriera solida, essere capaci di proporre la propria arte anno dopo anno. Potessi guardare alla mia vita e vedere una lunga fila di ottimi libri di cui essere orgogliosa, sarebbe quello il più grande successo. (Questa intervista è stata pubblicata in versione ridotta sul Giornale di Sicilia)

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