McGrath: “Né l’amore né la memoria, ci salverà il lavoro”

Lo scrittore inglese presenta il suo ultimo romanzo, “La guardarobiera”, si racconta e spiega di essere annoiato dai personaggi maschili e di preferire l’universo femminile:«Donne forti che affrontano sfide nella vita sono ottimo materiale per raccontare storie…».

Cos’hanno in comune Luigi Pirandello, Joan, una guardarobiera ebrea nella Londra del secondo dopoguerra, e atmosfere da thriller psicologico? La risposta è Patrick McGrath, 67 anni, celeberrimo autore di Follia, longseller che ha fatto le fortune dell’editore Adelphi. Inglese, vive da quarant’anni a New York, ma progetta di tornare in Europa. «Non dove sono nato, ma in Spagna. E potrò venire più spesso in Italia», racconta lo scrittore, in tour per presentare il suo ultimo romanzo «La guardarobiera» (438 pagine, 19 euro), pubblicato da La Nave di Teseo.

McGrath, nel suo nuovo romanzo quasi ogni personaggio sembra interpretare una parte e il teatro ha un peso formidabile. Ha letto anche Pirandello prima di scriverlo?

«Tutti noi, ritualmente, recitiamo ruoli nella nostra vita sociale. E certamente ho pensato a Pirandello, letto anni fa, mentre scrivevo “La guardarobiera”».

La protagonista è una bellissima vedova con le sue emozioni e la sua vita interiore. Dal punto di vista narrativo preferisce l’universo femminile?

«Pone una questione interessante. Nei primi anni della carriera mi concentravo sui personaggi maschili, che però hanno finito per annoiarmi. Le donne sono più interessanti, hanno sempre dovuto combattere per ciò che gli uomini, in quanto tali, hanno. Donne forti che affrontano sfide nella vita sono ottimo materiale per raccontare storie».

Passione amorosa e memoria sono suoi temi centrali. L’amore però assume i contorni pericolosi di un disturbo mentale. E il passato torna sempre foriero di guai. Non l’amore, non la memoria, cosa può salvarci, allora?

«Il lavoro. Chi prova passione vera facendo il proprio mestiere può compensare in gran parte la mancanza di amore. È chiaro che la vita ideale comprende sia i sentimenti che la realizzazione professionale».

Il successo di “Follia” risale al 1996. L’ha segnata? La condiziona?

«Non ha modificato il mio modo di scrivere, mi ha aiutato a creare la mia identità di scrittore; il riscontro presso i lettori dà fiducia. E poi ha avuto effetto sulla mia vita, dandomi una certa sicurezza economica».

Si susseguono delitti efferati e inspiegabili – degni dei suoi romanzi –  spesso in ambito familiare, “figli” di labirinti mentali illogici e imperscrutabili. Come ne spiega il fascino morboso?

«Probabilmente perché nella nostra fantasia tutti vorremmo commettere questi crimini». (Questa intervista è stata pubblicata, in forma leggermente diversa, sul Giornale di Sicilia)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *