Sciascia, perché il “giallo” è una cosa seria…

Raccolti ne “Il metodo di Maigret” articoli e saggi sparsi dello scrittore di Racalmuto su alcuni autori amati, a cominciare da Simenon, contrapposto ad Hammet. Oltre a stendere un piccolo canone, Sciascia immaginava la rinascita della formula “gialla”, da affidarsi non a mestieranti del genere… 

Cosa penserebbe Leonardo Sciascia degli incalliti “professionisti del giallo” del presente? Come giudicherebbe i produttori seriali di noir, polizieschi, thriller di ogni latitudine (Scandinavia, Stati Uniti), alcuni dei quali spacciati per campioni di stile a cui è impossibile rinunciare? Che opinione avrebbe di penne, anche italiane, specializzate solo nel ripetere una stanca formula, tirarla per le lunghe con personaggi improponibili e magari capaci di tirare in ballo lui, Sciascia, dichiarandosene discepoli, ammiratori ed emuli? Non li terrebbe in gran considerazione, probabilmente. Oggi il giallo – ci sono le eccezioni, naturalmente – si sta appiattendo su storie più d’effetto che di contenuti, raccontando, semplicemente, un mistero e la sua soluzione. Troppo poco.

Autori di genere dal fiato corto

Già nel 1989, anno della sua morte, Sciascia sentiva puzza di bruciato; avvertiva che il giallo classico cominciava ad avere il fiato corto, specie se affidato alle mani di scrittori di genere. Scriveva, il maestro di Racalmuto, in un articolo dedicato al misterioso Geoffrey Holiday Hall (probabilmente uno pseudonimo, solo due titoli all’attivo, attualmente nel catalogo Sellerio): «Il giallo è sempre stato il mio viatico ferroviario. Un po’ meno, per la verità, in questi ultimi anni: non dismessa l’abitudine di acquistarne uno o due prima di salire sul treno, ma abbandonata la lettura dopo le prime dieci o massimo venti pagine: ché sarà una decadenza di questo genere di racconto, il suo estenuarsi e ripetersi, ma il fatto è che raramente, molto raramente ormai, riesco a trovarne uno che più o meno straccamente mi invogli a leggerlo sino allo scioglimento, alla soluzione». Invocava, lo stesso Sciascia, una rinascita della formula del giallo, applicabile con un passaggio di mano, da autori di genere a scrittori tout court.

Tassello dell’opera omnia

L’articolo dedicato a Geoffrey Holiday Hill è uno dei ventitré che costituiscono Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo (191 pagine, 13 euro), novità in libreria. Questo volume che Adelphi pubblica nella Piccola Biblioteca – a cura di Paolo Squillacioti, ennesimo tassello dell’opera omnia di Sciascia che la casa editrice di Roberto Calasso sta costruendo dal 1986 – raccoglie scritti sparsi dell’autore di «A ciascuno il suo» e «Todo modo», e nasce da un’idea di Laura Sciascia, figlia di Leonardo, e Vincenzo Campo, bibliofilo siciliano trapiantato a Milano, dove ha fondato le raffinatissime edizioni Henry Beyle (che hanno pubblicato, in copie limitate e numerate, alcuni brevi testi di Sciascia, l’ultimo è Mezza paga).

Le predilezioni di una vita

Che cosa emerge da questa collezione di testi brevi di Sciascia è presto detto. Di certo – oltre a riflettere «sull’ambigua ragione per cui si scrivono gialli» e a stendere un piccolo canone – le predilezioni di una vita: Augusto de Angelis, Gilbert Keith Chesterton, William Riley Burnett, che non a caso puntellano felicemente il catalogo Sellerio, specie nei primi anni frutto di tante sue intuizioni. E poi Simenon, su tutti, e su cui periodicamente, negli anni, tornava come lettore e nelle vesti di saggista, scrivendone su quotidiani e riviste. Certamente in Italia, quel che adesso è assodato, ovvero che Simenon è un grandissimo scrittore, Sciascia lo sostenne a più riprese in tempi non sospetti, contrapponendolo alla scuola hard-boiled americana e, in particolare, a  Dashiell Hammett: «…in Hammett – scrive Sciascia – la tecnica non riesce a riscattare la materia narrativa; mentre in Simenon è connaturata ad essa, è stile, è umanità». Una frase – con la consueta asciuttezza – che dice molto più di tanti saggi. (Questo articolo è stato pubblicato sul Giornale di Sicilia)

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