Mafia, connivenze, amore: il romanzo sociale di Bonina

Un uomo di potere, un boss vecchio stampo e la donna che amano entrambi si prendono la scena in “Ammàtula”, il più recente romanzo di Gianni Bonina. Si tratta di una saga cinquantennale, dal Sessantotto ai giorni nostri, in cui l’autore supera la stereotipata contrapposizione fra “buono” e “cattivo”, lasciando che i due uomini si scambino i ruoli…

Ammàtula è un avverbio su cui ruotano leggende e proverbi siciliani. La parola letteralmente vuol dire “invano, inutilmente, a tempo perso” e dà il nome all’ultimo romanzo (281 pagine, 18,50 euro) di Gianni Bonina pubblicato dalla casa editrice Castelvecchi. Il giornalista, scrittore e autore teatrale catanese, torna a narrare di malavita, omertà e connivenza tra mafia e politica nella Sicilia del ’68 fino ai nostri giorni. Nel carcere di Parma, l’avvocato e parlamentare agrigentino Carmine Andaloro incontra Gaspare Scaturro, ergastolano al 41 bis, con il quale ha condiviso per l’intera vita l’amore per la stessa donna, la moglie Anna, ma anche un destino che si è accanito su entrambi come un carnefice imparziale. Il boss ha saputo che sta per uscire un libro in cui si rivelano sul conto dell’uomo politico verità che andrebbero taciute.

 

« Nella mia e nella sua vita – disse infine Scaturro, seduto dall’altro lato del tavolo sgombro e lungo di una stanza disadorna- ci sono stati troppo arcobaleni di marzo, che sono una maledizione [… ] L’arcobaleno porta il sole, che ammatula spunta perché poi piove di nuovo. E siccome a marzo, che è il mese più ballerino, continuamente smette e ricomincia a piovere, ecco che gli arcobaleni sono tanti e tutti tragediatori, perché sbagliano sempre: come noi due e altri che conosciamo»

 

Il mafioso, il politico, il giornalista

Scaturro risponde alle vecchie logiche, forse ormai in parte superate, della mafia ancestrale e tribale che vieta i rapporti sessuali prima del matrimonio e con donne sposate, impedisce di avere figli al di fuori del vincolo matrimoniale («Meglio non godersi un figlio che non godersi la dignità»),  secondo le ferree regole del codice d’onore. Andaloro vive il Sessantotto, durante la crisi dei prezzi degli agrumi; studia, diventa avvocato, è un attivista cattolico, prende parte alle lotte studentesche e fa strada all’interno della Democrazia Cristiana, corrente andreottiana. Anna Sciarratta è l’altra grande protagonista del romanzo: fidanzata di Gaspare, quando viene a sapere dei crimini commessi dal capomafia di Agrigento, lo lascia e incontra Gaspare che decide di sposare, non senza trascinarsi dietro un segreto troppo grande e un amore impossibile ma indissolubile. Mimmo Arcerito è il giornalista che sta scrivendo il libro, vecchia conoscenza che accusa ingiustamente il parlamentare di aver ucciso il fratello durante le lotte studentesche, motivo per cui tenterà di vendicarsi in ogni modo.

Fantasia, storia e cronaca

In un arco temporale che va dalle contestazioni studentesche degli anni Settanta fino ai giorni nostri, Bonina intreccia, in una trama fitta e densa, una saga cinquantennale ricca di personaggi di fantasia che si alternano a quelli reali, fatti e contesti veri fanno da sfondo a quelli inventati. Tantissimi i riferimenti di storia e di cronaca: l’omicidio del generale Dalla Chiesa e del Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, nonchè del giornalista Giuseppe Fava; la guerra di mafia del 1981 che vide la “vittoria” dei corleonesi dopo aver lasciato sulle strade fiumi di sangue; le stragi degli anni ’90; le inchieste di Mani Pulite, ecc…

«La mafia è come una puttana di cui dici che è solo una tua amica e basta. Prima o poi, anche se ti fa schifo, te la fai  e se non ci stai attento ci fai pure un figlio. Oppure è come un amico che tira cocaina. Prima o poi l’assaggi per provare e diventi pure tu drogato»

Un soggetto cinematografico

Chi legge Ammatula di Gianni Bonina ha la sensazione di avere tra le mani il copione di un film o di una fiction: i pensieri dei personaggi e le descrizioni sono ridotti quasi a zero, lo spazio viene tutto occupato da una  narrazione serrata e dai dialoghi, spalmati su un arco temporale di cinquant’anni che va dal 1968 al 2018, ma in poche pagine. È’ lo stesso autore a specificare in una nota di aver scritto il libro nei modi di un soggetto cinematografico. Chi non è a conoscenza di ciò, però, potrebbe cadere nell’errore di pensare che la narrazione sia sviluppata in modo approssimativo, con personaggi in parte indefiniti e un linguaggio essenziale. Si tratta, in realtà, di un romanzo complesso e composito, in una continua ed equilibrata sospensione tra realismo e racconto di fantasia, che affronta temi centrali sul potere mafioso e politico, ma anche sui conflitti familiari e sull’amore. Fra tutti, l’idea connatura nella Sicilia più profonda che la mafia possa anche “fare del bene” (« Non spariamo minchiate ora. La mafia non è peggio o meglio né del terrorismo né dello Stato. La mafia è come la semenza che si butta in campagna: si raccoglie quello che si semina. E perciò può essere buona e può essere cattiva, a seconda del terreno, se prende o no» ); la coscienza civile che, all’interno della famiglia Andaloro (un figlio intraprenderà la strada della mafia, l’altro dell’antimafia), assume la forma della rivolta  e ribellione (« Ci sono molti modi per uccidere e lo sappiamo bene in Sicilia. Si diventa correi anche girando la testa, facendo finta di non vedere, lasciando sole le vittime»). Ciò che sorprende, inoltre, è l’abilità con cui Bonina riesce a superare lo stereotipo narrativo della contrapposizione tra il protagonista buono (Andaloro) e quello cattivo (Scaturro), lasciando che nel corso della narrazione i due uomini si scambino i ruoli.

Un romanzo che definirei sociale: rappresenta i costumi della società, delineandone un quadro realistico, con uno stile che si connota per un intreccio ricco, mosso, carico di tensione, mentre il linguaggio risulta scarno, asciutto, oggettivo e realista.

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