Acqua e libri, la magia di Mont-Saint-Michel per Fortier

Un viaggio su più dimensioni a Mont-Saint-Michel, l’abbazia che fu Città dei libri, e ogni giorno si trasforma da isola a terraferma. Ecco il nuovo libro di Dominique Fortier, “E tutt’intorno il mare”, in libreria da oggi. Un luogo, Mont-Saint-Michel, intorno al quale Fortier ricama storie di esseri viventi che si interrogano e ricercano… Ad esempio cosa lega il dolore di un pittore ritrattista del Quattrocento alla difficoltà di conciliare maternità e scrittura per una donna contemporanea?

Dominique Fortier torna in libreria con un’onda salmastra che porta insieme voci, storie, libri e scritture, tutte intrecciate con raffinatezza dentro E tutt’intorno il mare (180 pagine, 16 euro), il nuovo libro tradotto da Camilla Diez, in libreria da oggi per AlterEgo edizioni.

Dopo Le città di carta, una storia di Emily Dickinson narrata con straordinaria delicatezza e un congegno narrativo che mescolava biografia letteraria, narrazione e racconto in prima persona, l’autrice canadese costruisce un viaggio su più dimensioni a Mont-Saint-Michel, l’abbazia francese che fu la Città dei libri, e che ogni giorno si trasforma da isola a terraferma, in balìa della marea che lambisce la cosa bretone. 

Parole e maree

C’è l’acqua all’origine di tutto: la pioggia che inzuppa il taccuino dove l’inchiostro degli appunti si scioglie fino a confondere narrazioni e osservazioni, la marea che lambisce l’abbazia, acque che si fanno specchio, inghiottono libri e li restituiscono come tesori. Così Dominque Fortier, con la grazia dell’onda e la misteriosa màlia della marea, ci porta alla scoperta di un monumento medievale all’arcangelo Michele, un’abbazia che si arrampica sulla montagna confondendosi con la roccia che scala il cielo. È un edificio che parla di tanto altro, in un libro che va per paragrafi e capitoli rimandando a vicende del passato e di oggi, al romanzo e agli appunti presi su un taccuino cullando il desiderio di scrivere. Siamo a Mont-Saint-Michel, un luogo iconico, oggi, ma dove nel Quattrocento cerca rifugio un pittore ritrattista che ha da poco perso la donna amata. L’inchiostro restituisce lacerti di storie, altre ne annacqua. Cosa lega infatti il dolore del pittore alla difficoltà di conciliare maternità e scrittura per una donna contemporanea? La scusante che dà avvio alla storia è un taccuino inzuppato dove gli appunti si mescolano per dare il la a un racconto ibrido, dove le parole si confondono così come le storie della voce narrante e dell’abbazia, l’inchiostro dei miniaturisti medievali e quello di chi oggi tenta di descrivere Mont-Saint-Michel. È infatti proprio questo luogo il perno intorno al quale Fortier ricama storie di esseri viventi che si interrogano e a loro modo ricercano, e che abitano le pagine. I loro dubbi sono spesso sollevati dai libri, ai quali E tutt’intorno il mare dedica il suo omaggio metaletterario fatto di storie che si mescolano come acqua e terra dove batte la marea.

La Città dei libri

«Una meraviglia talmente profonda da rasentare lo stupore: ero arrivata in un posto che avevo cercato senza conoscerlo, senza neppure sapere che esistesse», racconta la giovane donna contemporanea a proposito di Mont-Saint-Michel. La storia dell’abbazia, ripercorsa nei secoli, è affascinante e stratificata nel tempo: l’autrice conduce discreta dentro le pareti di quella che era nota come la Città dei libri, un’abbazia fatta di silenzi marini, di giardini di piante medicamentose e misteri, di sale deserte  e imponenti, di preziose biblioteche conservate in torri poi crollate, con la conseguente perdita di parole e inchiostro. Un’abbazia monumentale ma fragile, quella dedicata all’arcangelo Michele: “in fondo il Mont-Saint-Michel non ospita un’abbazia, ma una decina di abbazie o perfino di più”, scrive l’autrice. Tra pezzi crollati, altri incendiati, e i fantasmi del passato, l’edificio è “simile a un manoscritto grattato dieci volte e che conterrebbe frammenti di storie, tracce di tratteggi e caratteri illeggibili, il Mont-Saint-Michel è un immenso palinsesto di pietra”. 

Al centro di questo volume tornano costanti, al ritmo delle maree, le parole e i libri. È da lì che nascono le storie che si intrecciano intorno al testo, un luogo della mente dove i monaci rispecchiano bozzetti umani, le pagine prendono vita da lettere che appaiono come pesci venuti su a galla dagli abissi, in inchiostri imbevuti di colore oppure nel vuoto di parole non scritte, essenziali, a volte, per capire i libri stessi. “Non sono i libri ad aver bisogno della protezione dei monaci,  ma l’uomo ad aver bisogno dei libri: noi moriremo, i libri sopravviveranno” ci avvisa una frase mentre siamo condotti alla scoperta della storia del libro, dalle miniature amanuensi fino ai primi esemplari di copie riprodotte a stampa. Ecco perché l’abbazia, da roccia, diventa libro: un palinsesto di vicende che la rende “un gigantesco libro”, specchio tutto umano del rapporto tra parole, lettura e scrittura, le tre ricorrenze che appaiono e riappaiono tra le pagine. 

Al ritmo della marea

Se c’è una magia in cui la Fortier è abile, è quella che tiene insieme libri e vite come fossero le due facce dello stesso foglio, due profili di una stessa voce narrante. C’è infatti un confronto costante tra la vita e le lettere, tenuti insieme da una sorta di moto ritmico, come le onde del mare – non a caso -, che l’autrice riesce a riprodurre da un capitolo all’altro di E tutt’intorno il mare, tra paragrafi che legano riflessioni, atteggiamenti, scoperte dei diversi personaggi di epoche e geografie differenti. 

«Ci sono libri che sono lampade o fari, e la loro luce permette di guidare gli uomini nelle tenebre di questo mondo»: ci avvisa un frate saggio dentro al testo. Ecco allora che il dolore del pittore e i nuovi equilibri di una madre trovano un orizzonte comune sulla pagina e i loro mondi, distanti e diversi, si incontrano in un incanto che avviene là dove il mare si mescola alla terra, dove la marea unisce punti di vista sul mondo.

Impossibile non parlare di metaletteratura in un libro che è un omaggio ai libri stessi: Fortier riesce a elevare la riflessione senza artifici tecnici, alternando le voci tra i capitoli a un’attenzione profonda alle parole. Tra un’onda e l’altra ecco apparire etimologie rivelatrici e viaggi tra parole che, insieme alle diverse voci, danno conto di prospettive inedite, fanno affiorare il potere della letteratura di dare accesso a occhi e pensieri altri. E così un chiostro diventa da luogo chiuso donna incinta: una donna che contiene. L’atto della scrittura ricompare, esibito o suggerito: passa dai monaci amanuensi alla fatica di trovare lo spazio e il tempo da dedicare a un’attività secondaria, forse, a confronto con l’accudimento di un neonato. 

Libri per inventare

«Scrivevo per perdermi – ed è vero -, ma questo libro (che forse non sarà mai un libro) lo scrivo soprattutto per ritrovarmi. Per ritrovare colei che sa scrivere dietro colei che è capace di consolare, cullare, allattare, coccolare, cantare rassicurare, nutrire e accudire. È la mia stanza tutta per me» rivela la voce narrante contemporanea. I libri testimoniano, costruiscono, conservano e insegnano, ma tutto questo a volte non basta all’uomo: “non ci basta imparare, sapere e credere. Dobbiamo anche inventare” suggerirà un frate in una delle tante storie. Ed ecco dunque l’importanza primaria dei libri, a cui l’isola-non-isola di Mont-Saint-Michel si è consacrata, da cui i diversi personaggi sono attratti. I frati maurini, arrivando nel XVII secolo, fecero apporre come ex libris sui volumi della biblioteca del Monte la frase “Ex monasterio sancti Michaelis in periculo maris”, cioè in balìa del mare. Libri aperti all’orizzonte, in un luogo di frontiera dove non si sa bene dove inizino mare, terra e cielo. Un Monte-libro, da liber, la stessa radice di libero, uno sperone di roccia maestoso che, per due volte al giorno, si concede il lusso di farsi isola, “come se la sua missione fosse quella di ricordarci che tutti i legami sono fragili ed effimeri. Non si è mai così soli né così circondati come crediamo”. 

“Ma perché mai, nella mia testa, la scoperta che ne feci era legata al bisogno, o più esattamente alla possibilità di scrivere?” si domanda la voce narrante a confronto con il fascino antico e un po’ misterioso di Mont-Saint-Michel: si risponde ammettendo che per la prima volta era arrivata nel paese dei libri, un posto che esisteva, dove si poteva vivere. Un luogo che, nel sovrapporsi di storie, voci e prospettive, conserva la capacità impalpabile di comunicare con chi lo raggiunge di persona, ma anche attraverso le pagine impregnate di sale e meraviglia di Dominique Fortier.

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