Acuto e divertito Bacà, l’animale che mi porto dentro…

Il lettore esce pungolato, appagato, interrogato e deliziato da “Nova”, secondo romanzo di Fabio Bacà che mette in scena un corpo a corpo tra fisicità e pensiero critico, tra istinto e ragione. Tutto nasce dalla frizioni fra temperamenti diversi, protagonisti uno stimato neochirurgo e un vicino di casa dai toni e dai modi assai poco cordiali. In un trionfo lessicale quasi barocco, che mescola erudizione, figure retoriche, ironia…

Fabio Bacà è tornato in libreria. Si intitola Nova il nuovo romanzo dello scrittore che, nel 2019, aveva esordito per Adelphi con l’inusuale romanzo Benevolenza cosmica. Per la medesima casa editrice, Bacà propone questa volta una storia ambientata in Italia, come sempre caratterizzata da una sgargiante padronanza linguistica e punteggiata di ironico e grottesco, per esplorare un tema ambiguo e socialmente osteggiato come quello della violenza, con le sue implicazioni morali.

Davanti alla parte peggiore di sé

Siamo a Lucca: Davide, stimato neurochirurgo, e la moglie Barbara, logopedista, conducono una vita da famiglia borghese agiata, basata su solidi valori e convenzioni sociali diffuse. Hanno un figlio adolescente, Tommaso, una tribù di animali domestici dai nomi molto buffi, una casa rispettabile e uno stile di vita che asseconda il rispetto per il prossimo e la non violenza, come si deduce dal veganesimo di Barbara. 

Tuttavia, vuoi le suggestioni del lavoro di Davide, che ha letteralmente a che fare con la testa delle persone, vuoi la tendenza alla meditazione psicologica, da cui rifuggire in quanto medico e scienziato, portano il protagonista a una svolta sul proprio percorso di vita. A innescare la spirale, che coinvolgerà naturalmente anche i suoi familiari, è lo scontro con un vicino di casa dai toni e dai modi assai poco cordiali. Nel disegnare l’ostilità e i suoi poli, l’autore fa scivolare con elegante attenzione dentro la personalità dei personaggi, che tuttavia mantengono sempre un lato sfuggente. Dalle frizioni tra temperamenti scatterà l’esigenza della storia, quella cioè di affrontare vis à vis la parte peggiore di sé, quella ferina e animale. È così che, in un crescendo di situazioni impensate alla prima pagina, Davide si metterà a confronto – e in contatto – con una brulicante ed essenziale parte della sua umanissima natura. 

E tu come reagiresti?

La novità – Nova, per l’appunto – arriva, nella vita di Davide e Barbara, dopo una serie di coincidenze che fanno incrociare al marito la strada di Diego, personaggio dai contorni sfumati e dalla storia sporca e densa di odio e violenza. Un nero da cui l’uomo, sorta di vendicatore notturno o monaco zen, a seconda dei punti di vista, si è riscattato attraverso un viaggio nella propria coscienza, imparando a riconoscere, accettare, dominare quello che chiama il Potere. È questa la violenza umana secondo Diego: le sue parole affascinano Davide, per il quale la soluzione violenta era sempre stata estranea, aliena. 

E così, tra la necessità di reagire alle provocazioni del vicino, l’impulso a difendere i propri affetti e la vibrazione secondo cui dare sfogo a una pulsione quasi animale, la crogiolante rassicurazione di non far parte del mondo dei violenti si squarcia. Nella fessura creata dall’incontro con Diego, il neurochirurgo si trova a cercare la risposta alla domanda cardine del romanzo “e tu, come reagiresti?”. Inizia da qui il percorso di cambiamento di Davide, un rinnovamento che ha come scopo quello di condensare la via razionale alla reazione violenta e i suoi risvolti emotivi impattanti. Una presa di coscienza a tratti surreale, a tratti zen, un corpo a corpo tra fisicità e pensiero critico, tra istinto e ragione, ricercando il controllo, e dunque l’equilibrio. 

Il controllo del dettaglio

Ma a essere equilibrato, in un controllo di grande maestria, è soprattutto il linguaggio di Bacà, che della scrittura aveva già mostrato di servirsi in una modalità ricercata e finemente lavorata nel suo primo romanzo. Ci si lascia felicemente sorprendere, dunque, da visi che sono «un trionfo ecumenico di trigonometria», tetti che appaiono come una gorgiera, in un trionfo lessicale quasi barocco, che mescola in dosi perfette l’erudizione – anche medica, nel caso specifico del mestiere di Davide –, le figure retoriche, l’ironia. Nulla è scontato tra le pagine di Nova: sorprendenti, appaganti, profonde nelle riflessioni dei personaggi, nell’esplorazione del loro affannarsi mentale per darsi risposte o, al contrario, cercare di stare a galla quando colpiti da raffiche di dubbi che minano certezze stabilite per quieto vivere. Una lettura ricca, punteggiata di ombre scure, quasi grottesche, di pura razionalità scientifica e di autocoscienza zen. Il tutto in mezzo alla provincia italiana, sapientemente orchestrato da un narratore divertito e acuto. Sorprendente, in chiusura di libro, il finale sospeso sull’interrogativo. Il lettore esce pungolato, appagato, interrogato e deliziato.

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