Il western di C Pam Zhang restituisce la verità di poveri e ultimi

Sono in molti, negli Stati Uniti, a considerare “Quanto oro c’è in queste colline” di C Pam Zhang il debutto dell’anno. Affronta temi complessi e delicati, e punta il dito contro ogni forma di razzismo e di politica d’esclusione, sotto le spoglie di un romanzo d’avventura. Protagoniste due giovanissime, figlie di immigrati cinesi

Iniziamo la nostra recensione col dire che la copertina del libro in questione è bellissima: elaborata, di forte impatto, eppure, dal punto di vista grafico, semplice perché costituita da pochi elementi. Ma soprattutto è una copertina in linea con il contenuto del testo: le collinette dorate che riempiono i bordi e si avvertono al tatto; e poi le tigri e i cavalli che sormontano le lettere che simboleggiano alcuni elementi chiave del romanzo. Insomma per gli amanti dei libri da esporre in libreria, questo è un piccolo capolavoro. Talvolta le copertine belle nascondono delle belle fregature: tranquilli, non è questo il caso. Perché “Quanto oro c’è in queste colline” di C Pam Zhang (346 pagine, 18 euro), portato in Italia da 66thand2nd, tradotto da Martina Testa (qui un suo articolo), è un romanzo d’esordio potente, che trasuda mito, un racconto Western dalla prosa ipnotica, che narra una realtà poco conosciuta, attraverso la quale la giovane autrice di origini cinesi ha voluto restituire alla memoria un pizzico di verità, quella verità dei poveri e degli ultimi che spesso rimane sepolta e inevasa. Un pretesto, tutto sommato, per puntare il dito contro la politica dell’esclusione, contro il razzismo imperante (oggi più che mai) nella moderna società americana.

Due sorelline nel deserto

Le atmosfere sono quelle polverose e assolate del Selvaggio West, le miniere di carbone, i cacciatori d’oro del XIX secolo, i paesaggi aridi e incantevoli; atmosfere che nel romanzo vengono infestate da elementi onirici come le ossa di bisonti giganteschi e le misteriose impronte di tigri (un omaggio, questo, ad Haruki Murakami). Le protagoniste sono due sorelline, Lucy di 12 anni e Sam di 11, figlie di immigrati cinesi, molto diverse tra loro: la prima più docile, sogna la città e l’assimilazione; la seconda ribelle, sogna di oltrepassare il Pacifico e tornare nella terra dei suoi avi. Lucy e Sam dopo aver perso la madre, vagano per il deserto con il cadavere del padre da seppellire al momento giusto, secondo il rito che è stato insegnato loro. Finiranno per fare incontri insoliti e pericolosi, per separarsi e ritrovarsi, per scoprire le origini e il passato dei loro genitori che si rivelerà assai diverso da quello che conoscevano. 

Razzismo e differenza di genere

Un romanzo d’avventura, certo, ma estremamente attuale (ne verrà tratta presto una serie-tv prodotta da The Ink Factory), capace di affrontare e intrecciare temi delicati come il razzismo e l’immigrazione, il dolore della perdita e la differenza di genere. Un romanzo che demolisce miti consolidati per dare voce a coloro (tanti) che nel West hanno vissuto da schiavi e privati perfino della loro dignità: «Il compito degli scrittori è quello di recuperare le storie omesse e cancellate dal mito dei vincenti, muovendosi fra le crepe della memoria», ha dichiarato l’autrice in una recente intervista rilasciata a “Il Messaggero” in occasione della sua visita a Roma, per Più Libri Più Liberi, aggiungendo come «15 mila cinesi-americani che lavorarono alla prima ferrovia transcontinentale, costruita nel 1860, sono stati cancellati dalla documentazione storica».

Negli Stati Uniti, C Pam Zhang è stata incensata: per molti critici, il suo è stato il debutto dell’anno. Quanto oro c’è in queste colline ha vinto numerosi premi ed è stato nominato per il Booker Prize. Tutti riconoscimenti meritati.

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