Singer, siamo tutti inadeguati di fronte a vita, amore e famiglia

Nei racconti di “Un amico di Kafka” Singer dimostra che nessuno è più umano e ipnotico di lui, con i suoi personaggi di stracci e stelle che mostrano la loro condizione terrestre. Un mostrare a cui non si può e non si deve resistere…

È qui, dove tutto è caos e pazzia – se i demoni sono integralmente folli è pur vero che anche gli angeli non sono campioni di equilibrio –, su questa terra battuta da disgrazie e speranze, che nascono l’uomo e i suoi fantasmi. 

L’uomo e i suoi fantasmi

Ed è di questo che in Un amico di Kafka (338 pagine, 22 euro), tradotto da Katia Bagnoli per Adelphi, Singer racconta, superando il concetto assoluto di confine e sfondando la barriera dello spazio – le sue storie si sviluppano tra Polonia, Israele e New York – e del tempo, scivolando continuamente nel territorio della leggenda, così apertamente fuso con la notte e le tradizioni.

In questo magma ribollente di strepiti, caricature, mediocrità e grandi speranze, Singer piazza i suoi personaggi: cialtroni che, pur di scroccare una cena o una bevuta rievocano passati gloriosi – e alquanto improbabili – in compagnia di Kafka, spazzacamini baciati dalla disgrazia e dal miracolo improvviso della chiaroveggenza, gloriose anime femminili, creature dagli occhi incandescenti, catalizzatrici di sventure, donne minute che vagano nel cuore della notte alla ricerca della salvezza, tormentate dalle loro stesse ossessioni. Sempre in bilico tra realtà e superstizione, Singer riconosce l’uomo come artefice e attore del suo stesso destino, di quei rituali che sconfessa e a cui obbedisce.

Il mistero insolubile che ci sfugge

Il centro nevralgico dell’opera di Singer è il mistero insolubile che ci compone e che talvolta ci sfugge; siamo tutti, come i protagonisti di questi racconti, inadeguati di fronte alla vita, all’amore, alla famiglia.

Certo, l’esperienza che maturiamo è da considerare, eppure nulla ci ripara dalla catastrofe ma, dalle vette pericolanti che raggiungiamo, ci è ancora permesso di guardare con fascinazione alle possibilità e perfino agli dei, scoprendoli – questi ultimi – indegni, in crisi, caracollanti, sicuramente più attratti dai nostri cuori infranti che dai nostri successi.

Per quel che ci riguarda la posta in gioco è sempre la più alta, i maneggi, le perdite e le vittorie fanno parte dell’ordine naturale delle cose, le svolte sono continue e innumerevoli, il gioco dell’apparenza e il suo svelamento sostengono la trama della nostra vita.

Dal sorriso di una donna possono nascere sogni oppure mostri e la verità è che non esiste nessun modo di guardare realmente nel futuro. 

Proseguire il viaggio

Eppure, nonostante i fallimenti, le rovinose cadute e tutti i trucchi di prestigio e le acrobazie che, prima o poi, ciascuno di noi tenta, ci tocca di proseguire il viaggio, continuare a vivere, ognuno coi propri castelli di carta, sia che il nostro cammino trascenda in una corsa notturna attraverso gli spazi stellati di Israele, sia che stazioni nel buio di un’angusto appartamento della City, disseminato di presenze e suggestioni.

Perché è di questo che si tratta: la suggestione di vivere, il mistero inscindibile che unisce l’uomo a ciò che lo circonda e l’emozione, il palpito estremo di un momento di lucidità amara, il dibattimento e lo scalpiccio dei nostri corpi che si arrangiano come possono e che, per brevi istanti, sfiorano la verità.

Nessuno è più umano e ipnotico di Singer, con i suoi personaggi fatti di stracci e di stelle che non dicono, bensì mostrano la loro condizione terrestre.

E noi a tutto questo mostrare non possiamo e non dobbiamo resistere.

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