De Silva struggente. Com’è difficile amare, amarsi…

Amare, dopo aver imparato ad amarsi. Trovarsi, senza cercarsi. Soltanto lambirsi. Ecco cosa c’è nelle pagine di “Mancarsi” di Diego De Silva. Un libro che coinvolge, travolge e sconquassa l’emotività. Un incastro impeccabile per tempi, tematiche, e analessi: un gioiello di scrittura

Mancarsi di Diego De Silva è un libro introspettivo, intimo. È un salto dentro se stessi, un viaggio attraverso tutte le volte in cui avremmo voluto dire, o abbiamo pensato, qualcosa che riguardasse le nostre storie d’amore e non l’abbiamo fatto, per paura di ammettere fragilità, per falsi pudori. Diego de Silva ci osserva, ci conosce, lo intuisce e mette tutto sulla pagina. 

Con una straordinaria capacità di scandagliare l’animo umano nel profondo, soprattutto quello femminile, De Silva penetra, accorto, nell’universo amoroso, e si mette al fianco delle donne alle prese con l’approccio maschile. Sono a dir poco esilaranti, oltre che un’ineccepibile quadro realista, le pagine dedicate alla conoscenza tra Irene e Valerio. Impossibile non riconoscersi nel flusso di coscienza di lei che si intrecciano alle considerazioni dello scrittore. Ne esce una descrizione fedele e realistica sotto il profilo emotivo in cui ci si riconosce.

I protagonisti in soggettiva

In Mancarsi (96 pagine, 10 euro), Nicola e Irene, i due protagonisti, mancano prima di tutto a sé stessi e poi, forse, si scoprirà che si sono sempre mancati, pur non sapendo, reciprocamente, di esistere. 

De Silva (qui un articolo che ha scritto per noi) guarda i protagonisti in soggettiva, parte da lontano e via, via si avvicina loro per farli conoscere al lettore con sapienza narrativa ineccepibile: una gioia per chi legge. Li osserva e descrive come in vitro. Sembra di sentire la voce di Irene e Nicola che parlano con i propri fantasmi interiori, che rimuginano frasi, si fanno domande che rimarranno senza risposta, sospese. Si ha l’impressione di osservarli dall’interno tale è la vicinanza e assonanza che De Silva è in grado di creare con le sue creature di carta.

Di loro conosciamo il passato, cosa li ha forgiati, cosa li ha portati fino a noi; il presente è per lo più evocato, il futuro De Silva non ce lo concede o forse si, ma non da vicino, non espressamente. Perché una storia così intima non è detto che debba essere spiegata al lettore e, come dice il titolo, è giusto che anche a lui manchi qualcosa.

Una carrellata di aforismi

De Silva, ancora una volta in questo libro, narra il vivere (amando) in tutta la sua difficoltà, usando pochi cambi di tempo verbale e allentamenti della voce narrante dal presente per non allontanare mai troppo il lettore dai personaggi e dalla storia.

Ne nasce un libro sospeso, delicato eppure dalla forza struggente che è una carrellata di aforismi estrapolabili per tenerli a portata di mano, da ricordare e in cui ci riconosciamo quando abbiamo amato e, di sicuro, quando ameremo ancora.

Amarsi e amare. Amare, dopo aver imparato ad amarsi. Trovarsi, senza cercarsi. Soltanto lambirsi. Al momento giusto. Un percorso. Esistenze che si sovrappongono e poi si allontanano. Per destino, come nel caso di Nicola, rimasto vedovo, o per scelta, come Irene, che trova il coraggio di lasciare andare una storia ormai finita. Una meravigliosa scala che si inerpica su per il destino fino a compiersi. Mancarsi, mancare e vedere mancare. Un flusso di coscienza che accompagna riflessioni, sensi di colpa, perturbazioni emotive. Una ridda di emozioni che accalappiano con la veemenza delle cose ricacciate dentro troppo a lungo che poi emergono. Ma solo quando devono.

Un’atmosfera piena di vuoti

Un libro che coinvolge, contorce, avvicina, travolge e sconquassa l’emotività. Un incastro impeccabile per tempi, tematiche, e analessi: un gioiello di scrittura, trama e struttura complessiva condensato in pochissime pagine. Una costruzione cinematografica che piazza immagini e scene vivide davanti agli occhi del lettore.

Bellissimo. Pervaso in modo costante da un’atmosfera piena di vuoti, di qualcosa che non c’è, che manca, appunto, come richiama il titolo. C’è sempre un senso di perdita, tra le righe. Un’ombra di sospensione che aleggia anche quando non vorremmo che ci fosse evocazione, ma storia narrata. De Silva però, se ne infischia del lettore, non gli da quello che vuole. Lui scrive, che il lettore legga e lavori da sé.

Disarmante nella sua onestà lucida e tagliente lo scrittore non fa sconti agli alibi, consci o inconsci, che ci diamo in amore. 

Come amanti siamo dei bugiardi, prima con noi stessi, forse meno con chi abbiamo davanti. De Silva (qui una sua videointervista) ci toglie la maschera e parte da lì per ricostruire tutto e tutti: personaggi e lettori.

Non spiegazioni, ma domande

Una lettura che, nel farci riconoscere tra le pagine, non ci fornisce spiegazioni bensì accresce le domande, quasi rimproveri, verso una vita, anche amorosa, che sappiamo vivere solo a metà.

È per via di questa reticenza che quando ritroviamo i nostri pensieri nei libri, sembra che ce li tolgano di bocca con tutte le parole. Allora li rivalutiamo.

È tutta qui la mission di Diego De Silva e del suo Mancarsi, pubblicato da Einaudi. Presentarci a noi stessi in qualità di amanti senza alibi, senza lo scudo del buonsenso che “è volgare. Abbassa il livello delle aspirazioni, valuta le possibilità di successo e soprattutto quelle di fallimento, calcola. Il coraggio, la sincerità e l’istinto non hanno nessuna possibilità di resistergli, se gli dai il tempo di organizzarsi e preparare la controffensiva”. 

Mancarsi, è dunque un confidenziale invito a cedere sempre “all’impulso che ci spinge a cambiare”. Perché “il vento che rovina, non ha quelli argomenti, anzi spesso non ne ha affatto. Non si lascia corrompere da ragioni di convenienza e non pretende di aver ragione. Propone scelte estreme e irresponsabili e non promette risultati.” A noi, sembra implorare De Silva, la cui immagine dell’amore è tutt’altro che rosea quanto piuttosto impregnata della convinzione che amare sia l’attività più difficile e sofferta dell’esistenza, nonché spesso vocazione all’infelicità, non resta che “assecondarlo o sopprimerlo, prenderlo o lasciarlo, dire si o no. È questo il bello”. 

In questo percorso di autoavvicinamento a se stessi e di autopercezione emotiva dei personaggi che De Silva eleva a percorso universale riflettiamo anche noi su ciò che ci manca e ciò che, forse, non dovremmo farci mancare mai più: noi stessi. Innanzitutto.

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