Se Bussi indaga su Saint-Exupéry e il piccolo principe…

Due protagonisti che si danno del lei e, malgrado tutto si piacciono. Una coppia che indaga su un enigma leggendario scoprire cosa davvero ha ucciso sia Antoine de Saint-Exupéry nel 1944 che il suo personaggio per antonomasia. Un autore, il francese Michel Bussi che, in “Codice 612. Chi ha ucciso il Piccolo Principe?”, imbastisce intrighi e colpi di scena, oltre che continui cortocircuiti con la biografia dello scrittore aviatore

Dalla Francia meridionale a isole sparse nei bacini oceanici. 2015. Neven Le Faou, goffo e gigantesco, ex aviatore (o aviatore mancato) e meccanico all’Aeroclub du Soleil XIII, sposato con la bionda Véronique senza figli, viene contattato al telefono dal miliardario camerunense quasi settantenne Oko Dòlo e convocato sul suo enorme yacht Diamante delle isole, al Calanque de Sormiou, vicinissimo a Marsiglia. Gli mostra una stilografica Parker 51 e i rottami di vecchie lamiere di un Lockheed P-38 Linghtning, pare risalgano a quando Antoine de Saint-Exupéry s’inabissò da quelle parti il 31 luglio 1944, trovati incidentalmente pochi anni prima. Gli propone una missione strabiliante e pericolosa: Neven dovrà pilotare un magnifico jet privato e fare squadra con la giovanissima Andie (o Ondine), detective stagista alla Fox Company, carina minuta lentigginosa, faccia tonda e capelli rossi, che va pazza per Il Piccolo Principe fin da quando era piccola, cura un blog a lui dedicato, è in contatto con i fan dell’intero pianeta e sa tutto in argomento. Devono incontrare persone molto distanti l’una dall’altra, gli altri cinque componenti del Club 612.

Non pianeti ma isole

A differenza del mitico personaggio letterario non ci sono pianeti ma isole da raggiungere. Dall’isola dell’uomo d’affari (Riou, Mediterraneo) partono per l’isola della vanitosa, sorvolano il triangolo delle Bermude e giungono a Manhattan (Atlantico), dove incontrano appunto la tale ottantenne Marie-Swan. Dopo di lei, Moïsès sull’isola di Conchaita (Pacifico) a El Salvador, Izar nell’arcipelago delle Orcadi (Atlantico e Mare del Nord) presso il Regno autonomo di Herminia, Hoshi sull’isola del faro di Gedda in Arabia Saudita (Mar Rosso e Indiano), un geografo altrove (sperso forse proprio là per le Bermude). Sono sapiens molto particolari, serpenti e morte sono dietro l’angolo. Il tutto per scoprire cosa davvero ha ucciso sia lo scrittore (incidente, sabotaggio, suicidio, falsa scomparsa) che il suo personaggio (esistendo pure più versioni).

Scritture da scienziato geografo

Lo scrittore già professore di geografia all’università (in aspettativa dal 2016) Michel Bussi (Louviers, 1965) vive sempre a Rouen in Normandia e pubblica ottimi gialli di successo da oltre una quindicina d’anni (avendoli cominciati a scrivere ben prima). L’autore francese è stato un discreto studioso della sua disciplina (di cui continua a essere innamorato), divenuto specialista di geografia elettorale. Gli oltre quindici romanzi pubblicati hanno una precisa ricostruzione dei “luoghi”, veri o immaginati, in cui sono ambientati e una notevole completezza di riferimenti alle specie vegetali o animali oltre che ai confini istituzionali o amministrativi. La sua professione gli ha imposto una maggiore attenzione nel trattare anche le altre discipline scientifiche, comunque quelle biologiche. Bussi entrò nelle alte classifiche letterarie d’oltralpe già nel 2014, all’8° posto (quasi 480.000 libri venduti nel 2013); poi 5° nel 2015 (quasi 840.000 libri venduti nel 2014), poi 3° nel 2016 (più di un milione di libri venduti), 2° nel 2017 (1,1 milioni libri venduti), 3° nel 2018 e ancora 2° nel 2019. Dalla metà del secondo decennio del millennio il successo si è esteso all’estero, con traduzioni in decine di lingue (35, sembra), ben conosciuto in Cina, Brasile, Russia e in tutt’Europa, molto apprezzato in Italia. Ognuno dei “pezzi unici” ha trame estremamente arzigogolate, usando vari marchingegni letterari di difficile trasposizione e replicazione, sono scritture da scienziato geografo, non da sceneggiatore sincopato.

Fatti e aneddoti reali, citazioni fedeli

Da noi si scontra un poco con il giustificato prevalente amore per il noir, i suoi sono gialli. Anche in questo Codice 612. Chi ha ucciso il Piccolo Principe? (191 pagine, 17 euro) – tradotto da Alberto Bracci Testasecca per le edizioni e/o – vi sono intrighi e colpi di scena, possibili colpevoli e richiami ad Agatha Christie, oltre che continui cortocircuiti con la biografia di Saint-Exupéry e i testi del Piccolo Principe. L’ottimo traduttore deve chiarire fin da subito che “nonostante l’esistenza di diverse edizioni italiane” del famoso testo ha dovuto ritradurre gli innumerevoli brani citati, “per questioni di coerenza interna al romanzo”, frutto di una ventina d’anni di ricerche dell’appassionato Bussi. Tutti i fatti esposti sono veri, tutti gli aneddoti reali, tutte le citazioni (anche del manoscritto originale) fedeli, tutti i riferimenti alle esitazioni dell’autore, alle cancellature, ai disegni, alla mappa di Piri Reis del 1513 (con il pezzo tronco sulle Bermude) esatti, investigatori, componenti del club e conclusione romanzati ma plausibili. L’enigma permane ancor oggi. Non mi strapperete una parola in più sulla trama e sulla coppia di protagonisti che si danno del lei e, malgrado tutto, si piacciono. Si parla di un grande scrittore studiatissimo, da centosettanta milioni di copie vendute nel mondo, con un volumino universale che ha avuto quattrocentotrentaquattro traduzioni in lingue diverse, il più venduto e tradotto dopo la Bibbia, e si scoprono cose nuove, un’ulteriore ipotesi anche sulla sua scomparsa e sull’interpretazione del suo stesso capolavoro (visto che forse contiene codici segreti, da cui il titolo della nuova meticolosa documentata divertente fiction). Segnalo i silenzi, a pag. 133 (Saint-Exupéry come Pennac). Birra scura e mescal. La vie en rose al juke-box.

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