Domande implacabili e rabbia sorda, Insolia scava nel buio

Libro duro, crudele, feroce, “Cieli in fiamme” di Mattia Insolia. Un padre, un figlio, un viaggio, in cui imparano a intuirsi, più che a conoscersi. Insolia spinge i suoi personaggi al limite, tutti verso il basso, negli abissi dell’anima, dove pesca la loro inettitudine, la perfidia, la malvagità gratuita e le porta a galla

Cieli in fiamme, di Mattia Insolia, è un libro acre, ostico perché parla della parte peggiore di noi. All’inizio è difficile trovare empatia con la storia, vuoi per il linguaggio molto duro, non strettamente letterario ripiegato su uno slang funzionale a creare l’atmosfera e a mettere in risalto l’ambientazione, vuoi per il poco appeal di una storia che parla di persone scialbe, al limite del fallimento umano ed esistenziale, dove tutto è violenza, grigiore, pochezza, sciatteria, piattume, degrado umano, odio, arroganza, disperazione che spuntano in ogni descrizione del sistema di immagini usato da Matteo Insolia che è così estremizzato da rischiare di allontanarsi dalla sospensione di incredulità.

Poi, da metà libro, le cose cambiano, l’atmosfera si dipana e prende un po’ di respiro. Il tono si mitiga e così anche la storia; tutto diventa meno monodimensionale ed è come se la pagina si allargasse e la scrittura si rappacificasse, trovasse un equilibrio con autore e storia. I personaggi cominciano a stratificarsi, a caratterizzarsi, il linguaggio diventa pieno, corposo, si entra in una letteratura vera e con un calibro personale unico.

Due binari spazio-temporali

È così che conosciamo meglio Teresa, una dei due protagonisti, assieme a Niccolò, suo figlio, e la scopriamo come un personaggio fantastico, compiutamente riuscito, di una umanità strabordante. Teresa è un personaggio straordinario, compare in entrambe le linee narrative seguite da Insolia. Il romanzo, infatti, si svolge su due stralci temporali paralleli. 

In uno, l’estate del 2000, Teresa è adolescente alle prese con una famiglia disfunzionale, dove il padre è un debole e la madre una violenta despota, che rende succube sia lui che la figlia tramite violenza fisica e psicologica; nell’altro, inverno del 2019, è adulta, madre, donna parzialmente risolta grazie a una rimozione del passato che l’ha salvata, permettendole di ricostruirsi una vita per sé e suo figlio Niccolò, anche se con quest’ultimo non c’è dialogo.

Uno dei due binari spazio-temporali è abitato anche da Riccardo, passione adolescenziale di Teresa e padre di Niccolò. Ragazzo, e poi uomo, violento e irrisolto che cerca, alle soglie dei quarant’anni, una soluzione alla propria esistenza, una rappacificazione dell’anima e, per questo, torna da suo figlio Niccolò in cerca di una comunicazione, un contatto intimo mai avuto per via della persistente assenza durante la crescita del ragazzo. 

Ne verrà fuori un brevissimo viaggio on the road verso il luogo in cui, nell’estate di venti anni prima, conobbe Teresa. 

In questo viaggio, padre e figlio impareranno a intuirsi, più che a conoscersi, e si assiste alla sorprendente trasformazione del personaggio di Niccolò, che comincerà a desiderare la propria autenticità, mentre Riccardo, perseguirà l’intento di redenzione per sé stesso e salvezza per il figlio. 

Il male e far male

Cieli in fiamme (276 pagine, 18,50 euro), pubblicato da Mondadoriè un libro duro, crudele, feroce, con pagine imbevute di violenza e cattiveria, è un libro che parla del male e che fa male. 

Le persone possono essere bombe a orologeria per gli altri, a volte senza neppure esserne consapevoli, ma possono fare molto male, come fa male il gap esistenziale tra generazioni che non riescono a comunicare. Gli unici personaggi che non si riscattano infatti sono quelli che hanno procurato dolore agli altri: la madre di Teresa e Riccardo, non hanno alcuna clemenza dello scrittore. Per Insolia, non c’è perdono per chi fa del male al prossimo. È questo contro cui Insolia sfoga la sua rabbia sulla pagina? La cattiveria non si perdona? Qual è il senso di giustizia dell’autore? Domande che rimangono da questa lettura fatta di una scrittura incisiva che non usa mezze misure, anzi cerca volutamente lo sconquasso interiore del lettore. E lo trova.

Il giovane autore scava nel buio pesto, spinge i suoi personaggi al limite, tutti verso il basso, negli abissi dell’anima, dove pesca la loro inettitudine, la perfidia, la malvagità gratuita e le porta a galla. 

Un interstizio di luce

Ma c’è un interstizio da cui passa un po’ di luce, attraverso il quale passa il cambiamento e, dal punto in cui il lettore comincia a intuirlo il ritmo e la voglia di proseguire la lettura si fanno frenetici, senza sosta. 

Insolia costruisce la tensione in modo impercettibile, ma implacabile, gestendo tempi e ritmo narrativi con perfetta abilità. La lettura di Cieli in fiamme, è più che mai attraente, benché tesa, sia sotto il profilo del tema trattato, che della scrittura del valido autore, ma occorre superare l’ostilità della prima parte del libro, l’antipatia per i personaggi, che lo scrittore non mitiga affatto, il senso di squallore che ogni pagina trasuda.

Dialogo con sé stessi, chi tenta di averlo da giovane, chi da adulto, chi lo rifiuta, come Riccardo, e in parte Niccolò, chi invece lo vive costantemente come Teresa, che non smette mai di chiedersi chi è o chi vuole essere. 

Domande su come affrontare la vita: “lasciarsi accadere, come usa dire Riccardo, o prenderne le redini? 

Cercare il cambiamento o subire gli altri così come le proprie debolezze? Essere vittime degli altri e di sé stessi? Come si reagisce al male, alla cattiveria, alla violenza altrui, per evitare che sedimenti e ci trasformi? Come si converte la rabbia in energia che può salvarci? 

Sono domande profonde quelle che Insolia inserisce nel suo libro ed esprime con un racconto vorace, che non si placa e incede dritto verso il lettore, imprimendo emozioni forti e contrastanti per questi esseri umani così imperfetti, inghiottiti a tal punto dalla paura di vivere che si rifugiano tutti nelle cavità più buie del proprio essere. Chi sopravvive con violenza, disprezzando il prossimo, come fa Niccolò e chi invece con mediocrità, come sceglie di fare Teresa, rendendosi invisibile, insignificante. Finché tutto cambia. 

Nulla s’ottiene senza sofferenza

Come si accennava prima, Insolia apre uno spiraglio e lascia trapelare aria e luce, malgrado, anche in quel frangente, vi sia violenza e dolore. Niente, nella vita, sembra potersi ottenere senza sofferenza, e i Cieli in fiamme, ma comunque stellati, di Matteo Insolia (nella foto di Claudio Sforza) lo sottolineano bene, a fondo. 

Sicuramente, la rabbia acuta e sorda che traspare dal libro e sconquassa è un interrogativo che appartiene all’autore, e che, forse, corrisponde anche a una rabbia epocale, di un momento storico in cui è difficile tradurla o metterla a frutto per superare criticità che mettono in discussione la stessa sopravvivenza. Domande cariche di peso che rimangono alla fine della lettura per una meditazione personale accurata. Un libro che apre un sipario su una scena in ombra che via, via si rischiara, senza però illuminare la porta che conduce alla salvezza. Lascia intravedere la strada, il percorso che ciascuno di noi può sempre intraprendere, purché non si perda mai di vista l’altro. 

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