Peppe Millanta, quei destini stralunati e struggenti…

Peppe Millanta intreccia storie stralunate e bizzarre in “Cronache da Dinterbild”, con vicende cronologicamente anteriori e posteriori al libro precedente “Vinpeel degli Orizzonti”: sono racconti che i due protagonisti raccolgono dalle conchiglie,  tra profonde riflessioni filosofiche e più prosaici lampi di comicità

Semplice e complesso, molteplice e unitario come può essere ogni percorso di vita è Cronache da Dinterbild (Neo edizioni 2023, 304 pagine, 17 euro), il secondo romanzo di Peppe Millanta, nome d’arte dell’autore per la cui variegata biografia artistica si rimanda alla bandella, e che segue il precedente Vinpeel degli Orizzonti del 2018, sempre per la casa editrice abruzzese. Un po’ romanzo un po’ raccolta di racconti, il volume dell’autore, anch’egli abruzzese, secondo quanto dichiarato dallo stesso costituisce lo “sprequel” (neologismo dello stesso Millanta) al suo precedente, nel senso che contiene un prima e un dopo mantenendo in parte lo stesso approccio  che ha fatto amare la sua prima prova narrativa che aveva come ambientazione la stessa città immaginaria di Dinterbild  con i suoi stralunati abitanti e le loro comiche e struggenti vicende, luogo dal quale un bambino cercava di fuggire, ma questa volta con delle autentiche immersioni in situazioni tragiche.

Avanti e indietro nel tempo

Le cronache di Dinterblid ci vengono veicolate tramite la voce, anzi tramite i racconti che i due protagonisti, Ned e Biton, raccolgono dalle conchiglie che il mare restituisce alla terraferma sulla deserta spiaggia di quel luogo che tutti hanno abbandonato. Tramite queste, nella sequenza di un viaggio avanti e indietro nel tempo, conosciamo il passato di quel posto e di chi lo ha abitato, e che ora se ne è andato con i Palloni Volanti verso l’Altrove, luogo altresì immaginario che può essere esemplificato in base alle diverse sensibilità del lettore (e in base alle diverse vicende dei soggetti interessati) come simbolo della trascendenza,  del sogno, del rapporto e incontro con il nostro prossimo, della morte o semplicemente del ricordo, come quello dei capelli rossi di una donna.

Un duo comico

I racconti che provengono dalle singole conchiglie rigorosamente catalogate dai due protagonisti sono teneri, drammatici, stralunati e bizzarri, piccoli tableau vivant che vengono dal mare che tutto contiene e che approdando nelle conchiglie sulla spiaggia di Dinterbild suggeriscono ai due il progetto di costruire una barca che permetta a loro stessi di salpare verso quell’Altrove. Le diverse storie sono alternate dai dialoghi stranianti dei due e dalle schermaglie tra di loro che li fanno accostare a un duo comico degno di Stanlio e Ollio o alle macchiette scarnificate di alcuni personaggi beckettiani con gli stessi tic e discrasie linguistiche e quella stessa candida disperazione e quasi metafisico isolamento. Le loro conversazioni troncate, i messaggi interrotti, le frasi smozzicate in molti casi enfatizzate dall’originale resa tipografica e impaginazione, suggeriscono un destino e rivelazioni, tra profonde riflessioni filosofiche e più prosaici lampi di comicità, incarnando in questo modo i due protagonisti e superstiti di Dinterbild l’essenza  stessa della letteratura: uno, Biton, il raccoglitore di conchiglie (di storie) l’altro, Ned, il narratore che ascolta le conchiglie e come uno sciamano le mette per iscritto.

Tra commedia romantica e teatro dell’assurdo

L’alternanza tra il registro comico e quello drammatico è uno dei dati più interessanti del romanzo di Millanta nel quale alla distopia di fondo si sovrappone la commedia romantica e tratti da teatro dell’assurdo.

I materiali, come le conchiglie e le storie che racchiudono sono i più eterogenei: vi si può trovare il drammatico racconto di Lady Sawen o la storia di Krisheb, il matto del villaggio, inventore non riconosciuto di prodigiosi strumenti quali il D.S.T. (Dispositivo Scaccia Tristezza) con il quale tra l’altro cerca di entrare in contatto con la ragazza della quale è innamorato, o ancora l’esilarante racconto del Dottor Fros, il falso medico e aspirante falsario d’arte, fino a poesie dalla sintassi strampalata  scritte sui muri, senza dimenticare la storia di Mune, in un racconto stilisticamente saramaghiano con l’espunzione della punteggiatura tipica del premio Nobel portoghese nel quale un bambino è afflitto dalla Cosa, una strana malattia che si manifesta sotto forma di vertigini alla vista del cielo, e quello più strettamente funzionale all’economia del romanzo di Coty, responsabile involontario della morte del fratello infermo. Sarà proprio questo bambino l’ulteriore superstite a Dinterbild della cui presenza Ned e Biton sospettavano e insieme al quale programmeranno la fuga.

Una barca fatta di conchiglie

La metafora di una barca fatta di conchiglie che contenga tutte le storie, la possibilità stessa della barca di poter salpare una volta che tutte le conchiglie siano state raccolte, quindi l’eterogeneità nella forma e nello stile di racconti e materiali apparentemente slegati ma che ci accorgeremo essere tenuti assieme come le vite di ognuno di noi su questa terra è forse uno dei messaggi più belli di questo libro e di queste cronache, storie messe insieme anche se disgiunte l’una dall’altra ma che vanno a formare una trama, mai unitaria e che in ogni caso fa parte di un unico disegno, come la vita di ognuno che è sempre personale ma fa parte allo stesso tempo di una storia collettiva. Uno dei dialoghi tra Ned e Biton è in tal senso esemplare:

«A volte mi domando se con i sogni è come per la vita…»

«In che senso?»

Ned abbassò lo sguardo e lo rivolse verso Biton, frugandosi dentro per trovare le parole.

«Ecco, tutte le vite sono collegate tra loro: la mia vita, nel suo svolgersi, cambia la vita di centinaia di altre vite, così come centinaia di altre vite, nel loro svolgersi cambiano la mia»

Un tocco di metaletterario

La poetica scrittura di Peppe Millanta, i surreali, teneri e comici personaggi di Dinterbild sono riusciti a mettere in essere una fantastica storia di speranze e illusioni che molte ne contiene, come il mare dal quale arrivano le conchiglie; lo ha fatto riuscendo a mantenere un non scontato equilibrio tra drammaticità e ironia, malinconia e gioia di vivere, stile fiabesco e ritmo serrato di comici e grotteschi dialoghi, fino a un sorprendente finale con un tocco di metaletterario che non guasta e che racchiude tutte queste caratteristiche. Per delle cronache da un luogo immaginario può bastare.

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