Maternità, lutto, dipendenza: il racconto liquido di Yuknavitch

Romanzo di formazione, autobiografia, spaccato socioculturale della famiglia e delle istituzioni americane, “La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch, in un susseguirsi di “bugie e verità interscambiabili”, stupisce per una struttura narrativa evocativa, amplificata da una scrittura libera da schemi e regole

Potente, a tratti inclassificabile, straziante ma al contempo custode di frammenti di speranza, La cronologia dell’acqua (334 pagine, 17 euro) di Lidia Yuknavitch  è molto più che un memoir. Pubblicato negli Stati Uniti nel 2010, arriva in Italia nel 2022 edito da Nottetempo nella traduzione di Alessandra Castellazzi.
Senza un ordine cronologico preciso, ma seguendo un flusso narrativo che scorre attraverso cinque capitoli, il libro ripercorre la vita della sua autrice utilizzando l’acqua, elemento a lei estremamente affine, come trait d’union degli eventi che vengono rievocati.

Immersa nel dolore

Un racconto liquido, capace di assumere forme imprevedibili – tanto nel linguaggio, lirico e originalissimo, quanto nella narrazione dei fatti – che mescola temi come la maternità, il lutto, la dipendenza e il corpo. La cronologia dell’acqua è costruito attraverso un insieme di frammenti che, uniti tra loro, compongono la vicenda personale di Lidia Yuknavitch; pezzi di un puzzle mediante i quali il lettore ricostruisce la vita dell’autrice. Cresciuta con un padre abusante e violento, con una madre disabile e alcolizzata e con una sorella che ben presto abbandona il nucleo familiare, fin da bambina Lidia si rifugia nel nuoto, tanto da diventare un’atleta professionista e aggiudicarsi una borsa di studio che la porterà in Texas. All’università, finalmente libera dalle sofferenze domestiche, Lidia si scoprirà però definitivamente immersa nel dolore, finirà così per essere espulsa dal college e per abbandonarsi alla dipendenza da droghe, alcool e sesso, esponendosi a dolori indicibili tra cui la morte della prima figlia che verrà al mondo priva di vita.
In un susseguirsi di “bugie e verità interscambiabili”, come quelle che da piccola era solita appuntare in un improvvisato diario segreto, Yuknavitch accompagna il lettore in un viaggio randomico, attraversando le pagine più buie della sua giovinezza fino ad arrivare all’incontro che le cambierà la vita: quello con la scrittura. È a questo punto del racconto che nella costellazione di personaggi citati e rievocati – che comprende amanti, ex mariti, compagne di squadra e compagni di sbronze – compaiono Ken Kesey e Kathy Acker, autori che di Yuknavitch sono stati maestri e mentori e che con lei hanno condiviso un vivere disperato e un amore estremo per le parole. Sarà anche grazie alla loro lezione che Lidia tornerà a studiare alla San Diego University, dove in seguito insegnerà letteratura inglese e conoscerà il suo terzo marito Andy Mingo dal quale avrà il figlio Miles.

Il corpo (e le forme che può assumere)

Romanzo di formazione, autobiografia, spaccato socioculturale della famiglia e delle istituzioni americane, La cronologia dell’acqua è un libro difficilmente etichettabile. È, e certamente sa essere, un racconto sulla sofferenza. Una narrazione capace di restituire al dolore – così come hanno successivamente fatto romanzi quali Una vita come tante di Hanya Yanagihara edito da Sellerio (2015) o I grandi sognatori di Rebecca Makkai pubblicato da Einaudi (2018) – una dimensione esplicita, a tratti spudorata, e di supportarla con un linguaggio penetrante che non lascia spazio a equivoci. Il tutto attraverso un punto di vista femminile che, insieme al dolore, sa indagare, e si prefigge di indagare, le varie sfaccettature della corporalità. La cronologia dell’acqua, infatti, è anche un libro che parla del corpo e di tutte le forme che questo può assumere: un corpo atletico, un corpo malato, un corpo gravido, un corpo abusato, un corpo erotico, un corpo che prova dolore o piacere o che può provarli congiuntamente entrambi. Anche quando indaga questa dimensione Yuknavitch non fa sconti, dedicando molte pagine a una descrizione dettagliata di aspetti corporali che la riguardano o che riguardano altri.

Detto e non detto

Nel suo essere inclassificabile, La cronologia dell’acqua è di certo anche un libro che parla di scrittura: del suo potere salvifico ma anche degli usi a cui può prestarsi. Non a caso nel corso del racconto ad essa viene più volte affidato il compito di rielaborare fatti che, in un esercizio di autenticità, vengono scritti e successivamente riscritti. Ecco, dunque, che Yuknavitch non fatica ad ammettere che alcune vicende da lei narrate non sono state descritte così come avrebbe voluto e dovuto; ed ecco allora che non esita a riscriverle mettendo in campo tutto il suo sapere narrativo e esibendo una capacità di linguaggio fuori dal comune. In questo gioco di scrittura e riscrittura, di detto e non detto, di detto prima e ridetto dopo, sarà lei stessa a un certo punto a scrivere: “inventate storie finché non ne troverete una con cui convivere”.
Osservabile da molteplici prospettive, La cronologia dell’acqua stupisce per una struttura narrativa evocativa che viene amplificata da una scrittura libera da schemi e regole. Un libro che sa assumere svariate forme anche grazie a un incipit di straziante potenza e a una conclusione lucida e autentica che costituisce un vero e proprio manifesto della poetica dell’autrice; un libro che potrebbe essere letto partendo dall’ultima pagina per arrivare alla prima, nuotando via da esso o verso di esso.

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