Antonio Manzini senza Schiavone, giallo nel diario del cronista

I protagonisti di “Tutti i particolari in cronaca” di Antonio Manzini sono un giornalista e un archivista del tribunale. Di mezzo ci sono delitti che risalgono a parecchi decenni prima, crimini impuniti per giochi di potere (o ingiustamente soluti): un noir sorprendente

Bologna. 2018. Al rientro dalla spesa, il 25 ottobre mattina il portiere Amerigo le consegna un voluminoso plico arrivato per posta, sono un centinaio di fogli, contiene il diario (in prima persona dal febbraio precedente) del giornalista 38enne Walter Andretti, il mittente della busta, che lei non conosce. Il testo parla di un ennesimo errore di valutazione, Andretti lo ha iniziato a scrivere il giorno che lo hanno passato alla cronaca nera. Ora ha deciso di trasmetterlo a lei (insieme a un manoscritto), inizia a leggere. Quel 5 febbraio lo mandarono sulla scena dell’omicidio del 44enne Flavio Zigon, due colpi di pistola, uno alla tempia e l’altro sul viso, mentre era in auto appartato con la prostituta Lubabah (subito fuggita), a tarda notte sulla radura accanto al laghetto di pesca sportiva. In parallelo seguiamo la vita quotidiana del probabile assassino, l’abitudinario solitario 58enne Carlo Cappai, fertile mente fredda e analitica, archivista del tribunale penale, residente nella vecchia casa dei genitori ormai morti, figlio di Bruno, giudice massone e fascista. Carlo aveva ripudiato il padre (non andando nemmeno al funerale) quando quello aveva approvato la sentenza di assoluzione in primo grado e favorito la conferma in appello per Luigi Sesti, figlio del potente avvocato marito di un’imprenditrice ricchissima da generazioni. Da ragazzo quarant’anni prima, il 12 maggio 1977 Sesti aveva ucciso con sprangate sulla testa (capofila dei fascisti contro la manifestazione del movimento studentesco) l’amica del cuore e compagna di classe coetanea 17enne Giada Cannavò, sotto gli occhi proprio di Carlo. Da decenni lui medita vendetta e Giustizia. Del resto, anche Zigon era colpevole ed era stato dichiarato innocente. I carabinieri indagano un po’ a vuoto, Andretti non ci capisce niente ma s’incuriosisce (e scrive un diario), forse vi sono altri strani delitti impuniti per giochi di potere (o ingiustamente soluti), comincia a frequentare l’archivio e le varie indagini, i suoi articoli migliorano.

Persa la fiducia nella giustizia

Un ottimo Giallo e un sorprendente Noir. Dal 2013 l’attore e regista Antonio Manzini (Roma, 1964) è divenuto uno degli scrittori italiani più seguiti e apprezzati, famoso per i tredici godibilissimi volumi (oltre a vari racconti) dell’eccelsa sospesa serie Schiavone e per le relative trasposizioni televisive. Ha realizzato belle storie anche prima e dopo, iniziando come regista e sceneggiatore, poi con una pièce per il teatro e altri romanzi duri di vario genere. Ora, con la pubblicazione per Mondadori di Tutti i particolari in cronaca (301 pagine, 17,50 euro) si e ci diletta con il giallo, mettendo Auerbach in esergo: “Il segreto deve essere cercato non esclusivamente nell’intreccio, ma nel narratore”. Il titolo fa riferimento allo scambio di battute fra il tentennante giornalista e la rude capocronista, si confessano di aver voluto vicendevolmente strozzarsi in varie occasioni, sarebbe stato un clamoroso scoop il delitto in redazione, con “tutti i particolari in cronaca”. Qui i particolari stanno nei faldoni dei casi archiviati. Laureato in Giurisprudenza, dopo due anni in polizia a Pesaro finiti nel 1995 con un ferimento in servizio al braccio destro, Cappai fa lavoro d’ufficio sentendo bisbigliare alcuni fascicoli quando spinge il carrellino fra gli scaffali: pur senza chiare parole protestano e sollecitano di fare qualcosa; lui ha perso la fiducia nella giustizia degli uomini e non è stato mai insensibile alle ingiustizie; anche a casa si chiude nello studio antico fra scatole, schede, cartelle di fotocopie dei casi, con foto e profumo di Giada, restando in attesa di vendicarsi contro l’assassino che gli aveva tragicamente stravolto l’esistenza.

Il Whodunit in extremis

Il volume di Antonio Manzini alterna la terza persona (su Cappai nella prima e nella terza parte, sul giorno dell’omicidio del 9 marzo 2018 e sul processo Sesti di luglio nella seconda parte) alla voce narrante del solitario giornalista del Gazzettino, che rimpiange lo Sport e ragiona in termini di scontri agonistici a due, incontrando parenti delle vittime e mostrando via via perspicacia investigativa. L’autore gioca con il senso del finale nei romanzi (diverso da quello per gli articoli di giornale), soprattutto nei gialli. Il Whodunit ci è noto solo nelle ultimissime pagine e ci fa compagnia nell’ultima, sapiente: una fine lieta? Noir? Parzialmente aperta o ignota o indicibile? Oppure solo un pezzo di una matrioska russa, come la vita? L’intreccio è nel lettore del narratore. Per non ascoltare i bisbigli dell’archivio Cappai porta gli auricolari, qualsiasi musica può andare bene per cancellare il fruscio continuo e ansiogeno soffiato dalle pratiche, una volta Brahms Mozart Berlioz, un’altra i Led Zeppelin. Vino rosso o cognac alla bisogna.

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