Piccioni e Sapegno, la vita e la sua imprevedibilità

“Io ricordo tutto” di Piccioni e Sapegno racconta di Ernesto Ferrari, ipermnesico diventato un famoso neuroscienziato, che si occupa di persone colpite dal morbo di Alzheimer. Una riflessione su dolore e amore, perdita e ritrovamento

Memoria e amnesia sono i punti focali intorno ai quali nasce, con ogni probabilità, l’idea che ha ispirato Io ricordo tutto di Pierdante Piccioni e Pierangelo Sapegno, volume pubblicato da Marietti 1820. Si tratta di un romanzo dai risvolti crime e investigativi ma anche di un libro che indaga la mente umana. Gli autori affrontano vari temi che spaziano dall’identità alla memoria, dalla malattia al potere di sentimenti e ricordi. Un’indagine che riguarda la vita delle persone, i piccoli gesti, gli accadimenti quotidiani, gli incidenti, le malattie, la morte e l’elaborazione di un lutto, di una perdita che, a volte, coincide con la difficoltà di ritrovare se stessi, il proprio equilibrio, la ragione della propria esistenza.

Il protagonista è Ernesto Ferrari. Una mente brillante messa a dura prova dagli ostacoli della vita. Disagio e malattia sono ampiamente trattati nel testo ma da un punto di vista non strettamente clinico. È l’aspetto umano a prevalere nella narrazione. Il racconto di ansia, depressione, Alzheimer passa sempre attraverso il vissuto e la mente dei protagonisti in modo tale che il disturbo o la malattia non siano solo contestualizzati bensì proprio personificati, umanizzati.

Un percorso di conoscenza

Il libro di Piccioni e Sapegno è uno scritto sulla ricerca, intesa come ricerca scientifica spirituale umana. Ma è anche un libro sulla scoperta, di se stessi prima di ogni altra cosa. Il percorso compiuto da Ernesto Ferrari è un cammino simbolico dell’uomo attraverso la propria esistenza, una riflessione sul dolore e sull’amore, sulla perdita e sul ritrovamento, sull’ambizione professionale e la semplicità del viver quotidiano. Ma non è un libro sui contrasti, sugli opposti. No, è un libro sulla vita e sul suo essere imprevedibile.

La scrittura a quattro mani del libro sembra una necessità nel momento in cui il libro si rivela essere un percorso di conoscenza che ha aiutato, prima ancora del lettore, gli stessi autori. A conoscersi vicendevolmente, a conoscere la storia e poi raccontarla. L’alternarsi di parti narrative che descrivono il presente e flashback di un passato che, attraverso la mente del protagonista, irrompe nella narrazione rendono per certo la storia più avvincente e contribuiscono a mantenere alto l’interesse del lettore. Durante la lettura dei numerosi dialoghi presenti nel testo il tutto sembra rallentare senza però mai fermarsi. I discorsi aiutano il lettore a entrare meglio nella vicenda narrata ma, soprattutto, a figurarsi i personaggi e i luoghi in cui essi vivono, parlano, chiacchierano, si raccontano. Un qualcosa che, in genere, è prerogativa delle parti descrittive e che gli autori sono riusciti a trasporre nei dialoghi.

La medicina ritrovi l’umanità

Ricorre spesso nel dibattito pubblico la preoccupazione per terapie invasive, esperimenti al limite, disumanizzazione delle cure. Tutte tematiche che si ritrovano in Io ricordo tutto. Nella parte crime del libro certo, ma anche in quella che indaga l’aspetto umano della professione medica. La necessità e la volontà di ritrovare il contatto con i pazienti, la personalizzazione delle cure mediche. In sintesi, il bisogno della medicina di ritrovare l’umanità. Ciò naturalmente non vuol dire che la ricerca debba fermarsi o che le sperimentazioni cessino, ma che non venga mai distolto lo sguardo dalle persone a cui queste cure sono destinate. Esseri umani la cui vita è unica, diversa dalle altre, la cui persona necessita di un’attenzione che deve essere anch’essa unica, personalizzata. Questo sembra essere l’obiettivo di Ernesto Ferrari. E questo sembra essere lo scopo del racconto di Piccioni e Sapegno.

Mai dimenticarlo. E ciò è davvero simbolico perché l’intera storia sembra ruotare intorno al concetto di memoria, intesa come la capacità umana di ricordare. Il protagonista, un ipermnesico diventato un famoso neuroscienziato che sceglie di lavorare per le persone colpite dal morbo di Alzheimer. Un cerchio. Come la stessa vita.

La realtà che supera la fantasia

Piccioni, a seguito di un incidente, ha perso parte della memoria. Riduttivo e semplicistico affermare che questo lo abbia fatto sentire più vicino a chi, anche se per ragioni differenti, affronta il suo stesso disagio. Piccioni è un medico ma è anche e soprattutto un uomo, una persona. Leggendo il libro non solo uno o alcuni aspetti emergono bensì tutta la complessità dell’esistenza umana con i suoi sentimenti, le emozioni, le delusioni, le sfide, il coraggio e la determinazione. La fragilità e la forza. L’egoismo e l’altruismo. Il tutto fuso in quel vortice inscindibile che avvolge l’esistenza, la scuote e la trascina come un treno delle montagne russe.

Il realismo della vicenda narrata è di sicuro uno dei punti di maggiore forza del libro e appare chiaro fin da subito quanto questo sia il risultato di esperienze, testimonianze dirette, informazioni e nozioni ben note. Come anche di sogni, desideri e speranze. La realtà che aiuta la fantasia.

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