Politica in mano ai mediocri, Davide Grittani grottesco e civile

La campagna elettorale di un candidato sindaco, affidata ad alcuni ex compagni di classe, come metafora della politica di oggi, fra opportunismo, populismo e intolleranza. Si legge ne “Il gregge” di Davide Grittani, romanzo amaro e grottesco, di grande impeto civile, dallo sguardo impietoso

Wanda Marasco, che non è una scrittrice qualunque, l’aveva candidato nel listone iniziale del premio Strega 2024. Il suo libro è fuori dalla dozzina. Ok, allora potrebbe proprio essere un gran libro. Nel senso che anche qualche ben altro volume – pensiamo in ordine sparso a Pietro Trellini, Giuseppe Genna, Carmen Pellegrino, Paolo Zardi ed Ezio Sinigaglia, di questi ultimi due abbiamo scritto qui e qui – avrebbe meritato la vetrina delle fasi finali del premio più discusso d’Italia. Ma tant’è. Davide Grittani, questo il nome avanzato da Wanda Marasco, ha scritto un libro profondo, grottesco, compatto, di grande impeto civile, che è una satira amara, da ascrivere con forza alla letteratura civile: Il gregge (217 pagine, 18 euro), pubblicato dalla casa editrice Alter Ego.

L’improvvisazione, l’assenza di scrupoli

In una metropoli specchio dell’Italia, che somiglia molto a Milano, Davide Grittani – pugliese, classe 1970, scrittore appartato, lontano da cricche – orchestra vicende in cui politici, giornalisti e scrittori sono abbastanza riconoscibili, sebbene l’autore li ribattezzi altrimenti, mentre immagina una contesa elettorale per la carica di sindaco, raccontata da un narratore senza nome che, con uno sguardo impietoso, inquadra la mediocrità dei contendenti, Matteo Migliore, il favorito, e Michele Amitrano.

Chi vale davvero, chi meriterebbe per il talento che ha, non si espone, se ne sta alla larga. Così, per sottrazione, emerge questa gente qui, questi mediocri personaggi dei quali, altrove, non si accorgerebbe nessuno, mentre qui da noi diventano icone, riferimenti, classe dirigente, di un popolo che non li ha scelti ma subìti.

L’attualità può aiutare la lettura, con amministrative ed europee sullo sfondo, certe dinamiche possono venire a galla ancora più smaccatamente. L’opportunismo, l’improvvisazione, l’assenza di scrupoli che ormai sembrano avvolgere irrimediabilmente la classe politica sono evocati da Davide Grittani con sapienza. Già ragazzo «impacciato e remissivo», Matteo Migliore (in gioventù detto Croce Rossa) è ossessionato dalla ricerca del consenso, a cominciare da una persistente presenza sui social, e cavalca propaganda sovranista, populista, anti-migranti e anti-rom. Con annesso tradimento sul fronte privato di certe pubbliche virtù sbandierate, a cominciare dalla centralità della famiglia cosiddetta tradizionale.

Fare cose per cui ci si odia

La campagna elettorale di Migliore è affidata a un gruppo di suoi ex compagni di classe – il gregge, ingranaggi corresponsabili, spettatori assuefatti al crollo degli ideali e alla politica più torbida – la voce narrante, che pur non convinto accetta, e poi Dell’Atti, Cantalupi, Lamartora e Zavaglia. Manca Carella, che era soprannominato Bulldog, un funzionario della guardia di finanza morto in un incidente tutt’altro che chiaro, mentre stava indagando su un clamoroso caso di evasione fiscale. È sulla sua tomba che si reca il narratore quando comincia a intuire la situazione in cui si è cacciato e a servizio di chi si è messo; e all’amico che non c’è più confessa, confida:

… come tutti sono finito a fare cose per cui ci si odia.

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