L’inclassificabile S. J. Naudè e il mal di Sudafrica

Un romanzo imprevedibile e sbalorditivo, “Padri e fuggitivi” di S. J. Naudè. Un giro del mondo in cui il protagonista, scrittore e giornalista omosessuale diviso fra la Gran Bretagna e il natio Sudafrica, fa i conti con la morte e con la paternità, con il proprio Paese d’origine. Una fuga eterna raccontata in un romanzo che non somiglia a nessun altro

E se il Sudafrica fosse la nuovissima terra promessa della letteratura? Di sicuro lo è per le edizioni e/o. Ben dopo i mostri sacri Gordimer e Coetzee, dietro i rampanti André Brink (scomparso qualche anno fa, pubblicato in Italia da Feltrinelli e Frassinelli) e Richard Mason (lanciato da Einaudi, poi ripescato da Codice), negli ultimi anni sono finiti sotto le luci dei riflettori Damon Galgut, vincitore del Booker Prize, e S. J. Naudè, nato nel 1970: su entrambi ha scommesso la casa editrice romana. E, leggendo Padri e fuggitivi (213 pagine, 18,50 euro), tradotto da Silvia Montis, vien da pensare che è una scommessa vincente, specie sul lungo periodo.

Ménage à trois sessuale

Il protagonista di Padri e fuggitivi è uno scrittore e giornalista che si divide fra Londra e la sua terra d’origine, Cape Town.

«Scrivo» dice Daniel. «Narrativa, a volte. Qualche articolo per la stampa. Per lo più su questioni del Sudafrica. Sai, lo spione delle colonie per conto dei grandi giornali inglesi».

Nella capitale britannica – nella prima delle cinque parti, abbastanza discontinue fra loro, in cui si divide il romanzo – Daniel si imbatte in due uomini serbi che, sorprendentemente, nel giro di poco tempo cominciano a monopolizzargli la vita, facendosi sostanzialmente mantenere da lui. S’incontrano a una mostra, lui li invita a casa, e il ménage à trois sessuale è il preludio di una convivenza e di un viaggio che li porta a Belgrado. Un viaggio insensato, a pensarci bene, e dall’esito sconvolgente.

In maniera inaspettata sente nostalgia di Cape Town. Del Sudafrica. Di quel paese che ha sempre percepito sulla pelle come un vento sconosciuto. E che ospita un padre la cui presenza riesce a penetrare persino gli angoli più assurdi del mondo.

Il padre dispotico e il cugino ritrovato

Quel padre molto ricco e dispotico, che nulla sa del figlio, ha ottantadue anni e problemi neurologici, è pallido e assente, e il figlio prova a prendersi cura di lui, di cui non ha mai condiviso «valori e comportamenti», pur scaraventandogli addosso la sua omosessualità, le sue storie, le sue relazioni durate poco, anche la recente, oscura e inspiegabile, liaison con i due serbi. S. J. Naudè conferisce grazia e ritmo a un libro che sembra non assomigliare a nessun altro, almeno pubblicato in tempi recenti, un romanzo sbalorditivo, con una prosa accurata ed esatta, senza essere un mattone di chissà quali dimensioni. Una riflessione sull’essere spatriati e discriminati, sulla morte, sulle pieghe del dolore e sulle cicatrici familiari, sugli scherzi del destino e, soprattutto, sulla paternità, sull’essere figlio di Daniel, che poi proverà a essere padre, assieme a un cugino, Theon; non lo vede dall’infanzia, lo rintraccia nella sua malmessa fattoria dove ha deciso di ospitare tanti contadini neri, è pronto a sostenerlo nella convalescenza dopo una grave malattia, come da volontà testamentaria del padre, e lo invita a recarsi con lui in Giappone per provare a salvare la vita con una cura sperimentale a Motlale, un ragazzo che Theon considera come un figlio e ha un grave tumore del sangue.

Cupo ed enigmatico

Di più, sulla storia, è meglio non aggiungere. Sta di fatto che S. J. Naudè sa essere davvero inclassificabile e imprevedibile, lontanissimo da qualsiasi stereotipo della narrativa sudafricana, dal taglio prettamente politico-sociale a proposito delle contraddizioni del Paese; S. J. Naudè le affronta, ma con un approccio totalmente diverso: cupo ed enigmatico, ripiegato nell’interiorità, raccontando la vicenda dell’esistenza smarrita di un fuggiasco, del protagonista di un “pellegrinaggio” in giro per il mondo. Scoprire quest’autore è un dono che è auspicabile si possa ripetere con altri suoi titoli.

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