L’ex agente segreto di Winslow tra complotti e Grande Mela

In “Ultima notte a Manhattan” di Don Winslow omicidi, indagini su un ignaro ambizioso uomo d’affari sposato, corrotte guerre fredde e calde, politiche e istituzionali, che alludono ai Kennedy. Sempre intrecciando mystery, spy-story, hard-boiled, noir e classici

Manhattan. 23-31 dicembre 1958. Walter Withers è nato nel 1925 in una famiglia benestante del Connecticut (padre agente di borsa), liceale a Loomis, universitario a Yale (laurea in Storia), naso piccolo e capelli biondo cenere, discreto giocatore di tennis e bravo giocatore di poker, fumatore di Gauloise, onesto e affabile, elegante e forbito. Ha raggiunto i 33, nel marzo precedente si trovava a Stoccolma per la CIA e gli mancava molto New York. Da vari anni risultava, di fatto, soltanto un Puttaniere, Grande Pappone Scandinavo e Reclutatore Letale: aveva tutta una scuderia di sincere svedesi, fantasiose danesi e ardenti norvegesi che facevano fare ai loro amanti del patto di Varsavia le Olimpiadi del sesso, per piacere, per denaro e per i microfoni della Compagnia. Si parlava però di una talpa in azione, lui si sentiva stufo e distratto perché innamorato della bella sensuale Anne Blanchard, alta solo uno e cinquantacinque, occhi grigi, corti capelli biondi, donna di sinistra e magnifica cantante di jazz, conosciuta al party del 4 luglio 1956 e spesso accompagnata dove si esibiva: Parigi, Amburgo, Copenaghen, Costa Azzurra, poi con un breve contratto nella capitale svedese, in procinto di tornare a New York per registrare il secondo disco e cantare nelle sale. Avevano deciso di ripartire insieme, Walter si era dimesso per andare a lavorare come investigatore privato alla Forbes & Forbes in Rockefeller Plaza. Da aprile 1958 mantengono due appartamenti distinti, lei al Village in Washington Square, lui nel pittoresco Murray Hill sull’East River, ma dormono quasi sempre insieme. Per la vigilia di Natale gli assegnano un paio di incarichi che travolgeranno le loro esistenze: deve verificare il fascicolo di Michel Howard, in lista per il posto di vicepresidente della American Electronics e, soprattutto, gestire le marachelle del probabile futuro Presidente, il senatore democratico Joseph Keneally.

La sua metropoli

Don Winslow è nato il 31 ottobre del 1953 a New York, è cresciuto nei pressi, sulla costa orientale (a Rhode Island), madre libraia, padre sottufficiale della Marina, precoce vocazione letteraria, laurea in storia africana. Nel 1958 aveva cinque anni e non era ancora divenuto il migliore scrittore americano dell’ultimo trentennio. Nel 1996 uscì questo suo ottimo sesto romanzo, Ultima notte a Manhattan (351 pagine, 18,50 euro), tradotto da Alfredo Colitto per Einaudi, e dal mitico settimo (Bobby Z., 1997) si dedicò poi a tempo pieno alla scrittura. Fino ad allora, fin quasi a 43 anni, pur sempre scrivendo molto a vario titolo, aveva svolto molteplici fantasiosi mestieri in patria (fra l’altro, manager teatrale) e all’estero (fra l’altro, guida di safari in Kenya ed escursioni in Cina), in particolare l’investigatore privato e il consulente di studi legali o assicurativi, attività di cui vi è ampia traccia (di continuo si citano le dettagliate istruzioni e informazioni per spia e detective, apprese dal gioviale Walter in seno alla Compagnia statale e all’agenzia privata), così come nella pentalogia d’esordio con l’investigatore letterato Neal Carey (1991-96) avevamo goduto pure delle esperienze internazionali. Nelle opere successive l’autore e l’ambientazione prevalente migreranno in California, pur se il legame con New York non verrà mai reciso. Qui la metropoli imperiale emerge come la “sua” città, nei migliori giorni e notti di un anno magnificamente ricostruito, da cui il titolo italiano (esplicitamente) e quello originale (Isle of joy, implicitamente), tratto dall’ultima strofa del celebre pezzo intitolato appunto alla gioiosa isola Manhattan, eseguito anche da Sinatra. La narrazione è in terza esclusiva su Walter lungo una settimana di avventurose storiche peripezie.

Tre fili del racconto

Sono tre i fili del racconto: il complotto e i tradimenti di cui il protagonista è vittima e di cui si rende conto quando gli omicidi lo toccano da vicino; le sue ricerche professionali ed etiche su un ignaro ambizioso uomo d’affari sposato, forse omosessuale; le corrotte guerre fredde e calde, politiche e istituzionali, che alludono ai Kennedy e fanno confliggere tanto Fbi e Cia, quanto Usa e Urss; sempre intrecciando mystery, spy-story, hard-boiled, noir e classici (Shakespeare) con amorevoli sentimenti rosa. Segnalo le oltre venti deliziose pagine sul football americano e poi la discreta competenza sulle specie umane a pag. 307. Fra ossimori e metafore coerenti con varie simmetrie biologiche e matematiche, in mezzo a veritieri grandi scrittori e musicisti, innumerevoli puntuali divertenti citazioni di libri, film e canzoni d’epoca (queste ultime nella nota conclusiva). Tanti alcolici misti, sempre e ovunque; non mancano i cioccolatini Godiva. Jazz suonato, ascoltato, interpretato, addirittura cantato, alla grande!

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