La Sicilia di Lagerlöf e la religione del socialismo

Un tour in Sicilia ispirò a Selma Lagerlöf, futuro Nobel, un romanzo d’ambientazione isolana, “I miracoli dell’Anticristo”, adesso riscoperto in Italia a sessant’anni dalla prima pubblicazione. Il risultato è un gioiellino ricco di spiritualismo e simbolismo, sullo sfondo dei Fasci Siciliani, a partire da una statuetta di Gesù Bambino venerata alle falde dell’Etna

I tipi de Il Palindromo hanno ripescato un gioiellino. Da 60 anni questo romanzo del premio Nobel svedese Selma Lagerlöf non veniva stampato in Italia. La casa editrice palermitana ha pensato bene di riproporre I miracoli dell’Anticristo nel proprio catalogo, con una nuova traduzione, affidata a Mitsuharu Hirose, e il sottotitolo “L’alba del Novecento in Sicilia”. La Lagerlöf ne scrisse al termine di un viaggio della durata di quasi un anno che la portò in giro per l’Italia, un tour frequente ai tempi tra gli intellettuali del Nord Europa, sulla scia di Goethe e non solo. La scrittrice rimase profondamente colpita dalla Sicilia e dalla sue contraddizioni. Restò per circa un mese, in compagnia di Sophie Elkan, che le ispirò il personaggio di Micaela (una delle protagoniste del romanzo), e al ritorno in patria volle omaggiare l’isola con questo romanzo pubblicato per la prima volta nel 1897.

Realismo magico

Dai critici, I miracoli dell’Anticristo viene considerata un’opera minore, forse anche perché redatta una decina d’anni prima della sua consacrazione come autrice di livello continentale. Non abbiamo motivo di dubitare che la scrittrice scandinava abbia prodotto opere più importanti e impegnative, in età più matura. Chi scrive, d’altronde, della Lagerlöf prima d’ora aveva ha letto soltanto L’imperatore di Portugallia, altra fiaba dai toni tanto delicati quanto amari. Ma questo è un romanzo intriso di realismo magico che, al di là delle etichette, merita di stare sugli scaffali delle librerie nostrane e soprattutto merita di essere letto. Per l’ambientazione siciliana, certo. Perché esalta la storia e le abbaglianti bellezze artistiche e naturali dell’isola, ovvio. Ma non solo.

Quando Micaela riuscì a farsi strada tra la folla, chiamò una carrozza, lasciò Palermo e si diresse, attraverso la pianura detta Conca d’Oro verso la grande cattedrale degli antichi re normanni, a Monreale. Quando entrò, si mise a contemplare lo sguardo della più bella immagine di Gesù mai realizzata da mano umana.

Tra Verga e Silone

La Lagerlöf, con la sua inconfondibile forma che sa di fiabesco, ha intessuto una storia di fantasia ricca di spiritualismo e simbolismo, sullo sfondo di un periodo storico turbolento (quello dei Fasci Siciliani) che emerge pagina dopo pagina in tutta la sua forza, senza mai però prendere il sopravvento. Il suo è uno sguardo distaccato sulla Sicilia e allo stesso tempo ammaliato, innamorato della bellezza selvaggia dell’isola, soprattutto la parte orientale, dominata dall’Etna. La scrittrice svedese è contemporanea di Verga e si avverte nel modo in cui si approccia agli ultimi. Ma è principalmente a Ignazio Silone che fa pensare. Nello stile umile e pacato che si adatta ai personaggi e agli argomenti trattati. E nei temi che approfondisce man mano che si dipana la storia: il popolo ignorante, i soprusi dei potenti, l’arretratezza culturale, la fede che sfocia nel misticismo, il brigantaggio, la politica. La politica soprattutto. La storia narra di una statuetta in legno di Gesù Bambino (una copia dell’originale) che gli abitanti di un piccolo centro alle falde dell’Etna (Diamante) venerano e credono miracolosa. Ma al centro di tutto c’è lo sfuggente e controverso Gaetano Alagona, ultimo rampollo di una nobile famiglia che rinuncia a tutto – pure all’amore di Micaela – in nome di un’altra religione, quella atea per eccellenza: il socialismo.

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