Quel detective nero e tutto d’un pezzo, Mosley e gli Usa razzisti

Ripubblicato “Il diavolo in blu”, l’episodio iniziale della celebre serie di Walter Mosley, protagonista il detective, qui alle primissime armi, Easy Rawlins, veterano di guerra, che si muove nella Los Angeles di fine anni Quaranta, tra razzismo, jazz, locali equivoci, poliziotti corrotti e una bellissima fatale donna. Un hard boiled puro dalle atmosfere mozzafiato

Hard boiled puro, vecchia scuola, godibilissimo, dalle atmosfere mozzafiato, che non disdegna espressioni brutali e politicamente scorrette. E una serie, che ha già superato la decina di episodi, che si svolge in varie decadi del ventesimo secolo e ha come protagonista Ezechiel «Easy» Rawlins, detective e faccendiere. Il diavolo in blu (263 pagine, 18 euro) di Walter Mosley (qualcuno ricorderà il film con Denzel Washington tratto da questo volume), ad esempio, si svolge alla fine degli anni Quaranta. Dopo le edizioni Sonzogno ed Einaudi, è la casa editrice 21 lettere, con la stessa precedente traduzione, a cura di Bruno Amato, a credere fortemente, giustamente, in questo personaggio nato editorialmente nel 1991 e in questo autore di riconosciuti, unanimemente, talento e spessore, che fa pensare, senza essere blasfemi, a Dashiell Hammett e Raymond Chandler, e alla migliore tradizione black del secolo scorso. Il prolifico Mosley, classe 1952, nato a Los Angeles, madre ebrea russa e padre di colore, ha trovato la propria fortuna grazie al detective nero Easy, nato in Louisiana, veterano della seconda guerra mondiale (tra D-day e Ardenne), orfano di madre a otto anni, e con un padre che era scappato, fuggito chissà dove; un tipo pericoloso, che ha provato a rifarsi una vita a Los Angeles, non bada troppo al sottile, e conduce le proprie indagini in zone grigie e border-line con l’illegalità.

La ragazza con la valigia

Il diavolo in blu (Mosley mette sempre un colore nei titoli dei romanzi con Easy Rawlins) nei suoi brevi capitoli dà spazio al protagonista, che si prende in fretta la scena, e a una serie di personaggi comprimari piuttosto tipici per chi bazzica il crime, a cominciare dalla bella, misteriosa e fatale, Daphne Monet, e da uno spietato assassino, Raymond«Mouse» Alexander, amico d’infanzia del protagonista e in qualche modo suo angelo custode. La lettura, di un romanzo la cui declinazione è anche sociale, è avvincente, i bei dialoghi un marchio di fabbrica. Il reduce di guerra Easy non naviga in buone acque economiche e, per sbarcare il lunario dopo un licenziamento e un’ipoteca sulla propria casa, accetta di mettersi sulle tracce della scomparsa Daphne, vestita di blu, che abitualmente frequenta locali equivoci e ha un debole per gli uomini di colore. Evaporata la ragazza, anche con una valigia piena di “verdoni”. Razzismo, jazz, alcolici e cadaveri si dividono quasi equamente la scena in una Los Angeles degradata, sotto il giogo di violenti gangster (lo sembra anche il “committente” della ricerca, l’uomo d’affari ed ex avvocato DeWitt Albright) e di una politica marcia, pervasa da una discriminazione tutt’altro che sottile nei confronti della popolazione nera, i cui componenti sono sfruttati nel mondo del lavoro e spesso aggrediti dalle forze dell’ordine. Sono trascorsi più di tre decenni dall’edizione originale di questo romanzo e gli Stati Uniti, cronache alla mano, non hanno fatto tanti progressi…

Nei bassifondi con astuzia…

Mosley – lo scorso anno per lui il National Book Award alla carriera – ha iniziato a tratteggiare in questo libro un protagonista, Easy, come uomo onesto, orgoglioso e battagliero. Uno che s’improvvisa detective senza smettere di credere nella giustizia, nonostante tutto, che non giustifica omicidi, che quasi non pratica la violenza, semmai punta tutto sull’astuzia. Solo per bisogno comincia a frequentare i bassifondi della Città degli angeli, specie quelli del quartiere di Watts, a fare i conti con pericoli costanti, a scansare poliziotti corrotti. La sua strada è lastricata di qualche compromesso e di alcune fragilità (principalmente sentimentali e sessuali…). L’eroe di Mosley ha un background e una profondità psicologica che lo tengono a debita distanza da certe figurine del genere e dai protagonisti degli epigoni dell’hard boiled. Non sarà un rivoluzionario, l’autore de Il diavolo in blu, ma nemmeno uno sterile imitatore. E speriamo che la casa editrice 21 lettere non molli la presa, riproponendo gli altri episodi della serie…

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