“La lezione del Maestro” è più che un racconto: è, appunto, una lezione. In questo gioiellino della letteratura, Henry James dedica la sua penna concisa, brillante e a tratti ironica all’importanza dello scrivere senza distrazioni, in una metafora sulle giuste priorità dell’artista che, in quanto essere umano, è facile preda della corruzione e del decadimento estetico. Un insegnamento su “come beffare un giovane e nobile scrittore indirizzandolo verso l’alta letteratura”
Leggere Henry James è sempre un viaggio nell’ignoto. È così che, dopo la lettura di noti classici come Giro di vite (ne abbiamo scritto qui) e Ritratto di signora, approcciarsi a un racconto come La lezione del Maestro (108 pagine, 11 euro) ci fa sentire come se stessimo unendo i puntini, completando il puzzle artistico ideato da uno dei più influenti autori della narrativa inglese dell’Ottocento.
Edito in Italia da Adelphi nella sua graziosa collana della Piccola Biblioteca, con una nuova traduzione di Maurizio Ascari, si tratta di un lungo racconto che l’autore dedica all’arte dello scrivere e al rapporto fra un giovane scrittore esordiente e il proprio idolo.
La vita, il denaro, gli affetti: un intralcio per l’artista
Protagonista della storia è Paul Overt, un giovane scrittore emergente. Invitato dal generale Francourt a Summersoft, la sua tenuta di campagna nei pressi di Londra, Paul è calato all’improvviso in atmosfere nobiliari e ha l’occasione di una vita: incontrare, fra i tanti esponenti dell’élite londinese che partecipano al ricevimento, niente meno che Henry St. George, celebre autore e suo mito letterario. Paul ripone più di una speranza in quell’incontro, che rappresenta per lui la possibilità di interrogare il proprio idolo sui segreti del mestiere.
A introdurre i due romanzieri sarà Marian Fancourt, la giovane figlia del padrone di casa, la quale è un’ammiratrice di entrambi e si mostra fin da subito solare, gentile e appassionata delle belle arti, in particolar modo della letteratura. Paul è affascinato da quella donna, e durante la tanto attesa conversazione con St. George si confida con lui in merito al suo amore per Miss Francourt, la quale sembra condividere lo stesso sentimento.
È qui che Henry St. George, soprannominato dal protagonista “il Maestro” per le sue esemplari qualità di scrittore, impartisce una lezione dai caratteri tanto particolari quanto universali. Il Maestro, che è sposato, ammonisce infatti Paul Overt sui pericoli del matrimonio e dei piaceri mondani, alludendo a come sposarsi, avere dei figli e guadagnare tanti soldi possa rappresentare, per un aspirante scrittore, l’inizio del declino artistico e la conseguente fine della creatività.
Direttamente dal suo scrittoio personale, Henry St. George sminuisce le proprie qualità davanti a Paul, infondendo invece in lui una forte speranza sul futuro della sua carriera e spendendo numerosi elogi per Ginistrella, la sua opera prima. Paul non può credere alle proprie orecchie: un autore del calibro di Henry St. George non solo ha letto il suo libro, ma si dice entusiasta di tale lettura.
Così Paul Overt accoglie appieno la lezione del Maestro e parte per un viaggio in Svizzera, rinunciando all’amore per Miss Francourt in favore di una vita più ritirata e umile, alla ricerca dell’ispirazione per il suo nuovo romanzo.
«“Farò qualunque cosa al mondo lei mi dica”, questo ha detto».
Portato a termine il suo compito, due anni dopo Paul torna a Londra. Lì apprendiamo, in un brusco colpo di scena, che St. George è rimasto vedovo e sta per risposarsi niente meno che con la bella Miss Fancourt. A questo punto Paul Overt si sente tradito, beffato dal suo tanto venerato Maestro; la stessa persona che l’aveva messo in guardia sulle distrazioni del matrimonio. Il confronto fra i due rivela presto tutta l’ipocrisia degli insegnamenti dell’anziano scrittore, che ancora una volta ha barattato la propria libertà artistica per una donna.
La lezione del Maestro e… il suo cattivo esempio
Ma siamo sicuri che sia tutto qui? Davvero il Maestro ha ingannato l’allievo con tanta leggerezza e, diciamolo, con tanta crudeltà? Poiché stiamo leggendo Henry James possiamo – anzi, dobbiamo – concederci il lusso di vedere al di là delle parole.
Con una prosa fine ed elegante, Henry James ci mette davanti a un messaggio non semplice da decifrare. All’apparenza la questione è controversa: come reagire a un Maestro che, pur sottolineando fermamente l’importanza del denaro e degli affetti, si mostra inflessibile nell’impartire una lezione che escluda in toto la felicità domestica in funzione di un più alto impegno letterario? Come fare, poi, quando la lezione del Maestro si discosta nei fatti dall’esempio del Maestro?
Alla fine del racconto il protagonista ha pubblicato il suo secondo romanzo, un’opera di successo che lo innalza fra i migliori nel panorama letterario. Henry St. George si mostra subito lieto dell’operato dell’allievo e, impassibile, insiste nell’arrogarsi il merito di avere salvato la sua carriera artistica impedendogli di sposare Marian Francourt.
Possiamo di certo convenire con Paul Overt quando riflette implicitamente su come sia sbagliato riporre tutte le proprie speranze nell’insegnamento di falsi idoli e predicatori corrotti: forse la lezione che Henry James vuole impartirci è proprio questa.
Quando il nuovo libro di Overt uscì in autunno, Mr. St. George e signora lo trovarono davvero magnifico. St. George non ha ancora pubblicato alcunché, ma Paul non si sente affatto al sicuro. Va detto a suo credito, tuttavia, che se tale evenienza dovesse verificarsi lui sarebbe il primo a riconoscere i meriti dell’opera: questo forse dimostra che il Maestro in sostanza aveva ragione e che la Natura non ha destinato Overt alla passione personale, ma a quella intellettuale.
Seguici su YouTube, Facebook, Instagram, Telegram, WhatsApp, Threads e X. Grazie